Secondo l’ultimo WAS report di Althesys nel 2023 le 120 principali imprese italiane del waste management hanno generato 11,8 miliardi di euro di valore e messo in campo 1,1 miliardi di euro di investimenti. A fare da traino è soprattutto l’innovazione tecnologica, ma il settore resta caratterizzato da piccole e medie aziende
L’innovazione tecnologica traina l’evoluzione delle aziende del waste management italiano. Lo conferma l’ultimo WAS report curato da Althesys, “fotografia di un settore cambiato molto nell’arco dell’ultimo decennio”, spiega il ceo Alessandro Marangoni, e che pure a fronte del prevalere di piccole e medie realtà, cresce nel numero di operatori e nella loro capacità di generare valore. Se nel triennio 2011-2013, riporta infatti il think tank, la prima edizione del rapporto considerava 70 player dei rifiuti urbani per 6 miliardi di euro di ricavi, e 95 della selezione per 1,4 miliardi, nel 2023, anno di riferimento dell’ultimo dossier, le aziende salgono a 120 per gli urbani, con 11,8 miliardi di euro di valore della produzione, 102 operatori per la selezione, con 3,2 miliardi di euro, e 59 imprese focalizzate sui rifiuti speciali, con 4,7 miliardi. “Un settore molto diverso da quello che abbiamo conosciuto all’avvio del WAS – aggiunge Marangoni – dove ormai la raccolta è solo una delle attività e i profili di innovazione tecnologica sono la vera frontiera per i prossimi anni”.
Una trasformazione, quella del waste management nazionale, che ha il suo segno più evidente nella progressiva convergenza tra urbani e speciali, spiega Althesys, ma anche nella evoluzione dei sistemi di responsabilità estesa del produttore, sempre più numerosi e diversificati. Tra i principali fattori di spinta l’estensione delle competenze dell’autorità di regolazione ARERA al settore dei rifiuti urbani, ma soprattutto l’innovazione tecnologica. “Le aziende sono sempre più orientate alle alleanze strategiche basate sulla ricerca e all’innovazione – chiarisce Marangoni – per lo sviluppo di filiere strategiche che rispondano a nuove esigenze di recupero e gestione dei materiali”.
Sui fronti della raccolta, selezione e riciclo dei rifiuti, spiega infatti Althesys, la digitalizzazione e l’avanzamento tecnologico stanno ottimizzando i processi e facilitando il recupero delle frazioni di materiali più complessi come i metalli critici e strategici e la produzione di fonti di energia come il biometano. Una progressione che crea condizioni di mercato favorevoli all’ingresso di nuovi operatori, anche da settori diversi. Cosa che spiega perché, se tra 2011 e 2013 il report contava esclusivamente aziende della gestione rifiuti, nel 2023, pur rimanendo queste prevalenti, tra i protagonisti del comparto erano presenti anche operatori tecnologici, finanziari, aziende energetiche e utility di altri settori.
Anche nel 2023 il settore dei rifiuti urbani resta caratterizzato da numerose piccole-medie aziende e pochi grandi gruppi, attivi soprattutto a nord, rileva Althesys. In aumento sia il valore della produzione, cresciuto del 3,8% per un totale di 11,8 miliardi di euro, sia gli investimenti, aumentati dell’8,6% per i primi 120 operatori pari a 1,1 miliardi di euro. In entrambi i casi il contributo principale arriva dalle grandi multiutility, che pesano per il 37% del valore e per il 52,6% degli investimenti, anche se in quest’ultimo caso in calo rispetto al 2022. Nel comparto della selezione e valorizzazione il valore della produzione si attesta invece a 3,2 miliardi di euro, in calo dell’1,3% a causa, tra l’altro, della riduzione dei prezzi di vendita delle materie prime seconde (MPS) plastiche, di quelli per il conferimento della frazione organica e del prezzo di vendita del biometano. A dispetto della diminuzione del valore della produzione e dell’EBITDA, chiarisce però Althesys, i principali gruppi hanno continuato il loro processo di espansione e consolidamento mediante l’acquisizione di altre imprese e l’estensione del proprio perimetro di attività.
Se il mondo dei rifiuti urbani è parcellizzato, anche per i rifiuti speciali lo scenario resta caratterizzato da notevole frammentazione, spiega Althesys. Le 59 aziende esaminate hanno generato un valore della produzione aggregato di 4,7 miliardi di euro, in aumento del 12%, ma sebbene i maggiori 15 operatori pesino per il 72% del giro d’affari complessivo, in tutte le fasi – raccolta, trattamento, recupero e smaltimento – prevalgono piccoli e medi operatori diversificati e piccole imprese specializzate, che incidono insieme per l’83% del totale. Nonostante la frammentazione crescono però gli investimenti, superando i 218 miliardi di euro con un +24% sull’anno precedente a testimoniare, anche in questo caso, un comparto in evoluzione. In particolare, spiccano i piccoli e medi operatori diversificati, che segnano un +58%, ma il 53% degli investimenti resta riconducibile ai tre grandi gruppi multibusiness.
A fronte di investimenti in crescita sia per gli urbani che per gli speciali, calano invece le operazioni straordinarie condotte dagli operatori per migliorare il proprio posizionamento e i risultati economici. Con 33 iniziative, il 55% delle quali di compravendita, nel 2023 si registra una riduzione del 27% rispetto all’anno precedente ma con un focus che resta centrato sui temi dell’innovazione delle tecnologie di riciclo e dell’ingresso in nuovi mercati. Fondamentali in questo senso, rileva inoltre Althesys, gli accordi strategici (9 nel 2023), che nei primi mesi del 2024 sono tornati a crescere al pari dei finanziamenti per la realizzazione e l’ammodernamento di impianti di trattamento. Nel caso del biometano, spiega il rapporto, effettuati anche da player provenienti da settori diversi dal waste management.
Alla eterogeneità degli assetti economici e gestionali fa da complemento l’eterna disomogeneità del quadro impiantistico, sia per settore che per area geografica. I termovalorizzatori, fondamentali per chiudere il ciclo, continuano a far segnare una netta prevalenza nelle regioni settentrionali, al pari degli impianti per i rifiuti organici. Per questi ultimi Althesys ha stimato il fabbisogno di trattamento al 2035, rilevando come le aree del nord presentino surplus elevati sia in uno scenario di alta che di bassa produzione di rifiuti, il centro passi da una capacità residua di 193.457 tonnellate in quello a bassa produzione a un deficit di 231.989 e il meridione veda la mancanza di circa 80.000 tonnellate di capacità nel primo caso e 154.000 nel secondo.
Ai nodi mai sciolti del passato, spiega Althesys, si aggiungeranno le sfide del prossimo futuro, come il trattamento dei rifiuti tessili, il riciclo chimico delle plastiche e il recupero dei pannelli fotovoltaici a fine vita. In quest’ultimo caso, chiarisce il report, tra il 2028 e il 2035 occorrerà dotarsi di capacità di trattamento in grado di assorbire circa 80 milioni di moduli a fine vita da dismettere e smaltire. Interventi che rileveranno anche nel percorso verso gli obiettivi europei di recupero delle materie prime critiche, che entro il 2030 dovranno provenire per il 25% dal riciclo. “Le materie prime critiche sono un tema strategico non solo per il nostro paese ma anche per l’Europa – dice Marangoni – in un quadro che a livello nazionale vede affiancarsi casi d’eccellenza ad aree che non sono ancora completamente a regime”. Al momento, chiarisce Althesys, non mancano le difficoltà, tra cui la lunghezza degli iter autorizzativi per gli impianti di recupero e la mancanza di una capacità di trattamento nazionale adeguata a far fronte alle sfide.