Il Parlamento europeo si prepara ad adottare la propria posizione negoziale sul nuovo regolamento per la circolarità dei veicoli. Fa discutere la proposta di ridurre i target di contenuto minimo di plastica riciclata, mentre gli operatori del fine vita avvertono: “l’industria non faccia profitto dall’applicazione della responsabilità estesa”
La responsabilità estesa del produttore non diventi strumento di profitto per le case auto. Questo l’appello della filiera europea del fine vita dei veicoli, mentre in Consiglio e Parlamento Ue procedono i lavori sulla proposta di regolamento presentata a luglio 2023 dalla Commissione per fissare nuovi standard di progettazione e gestione circolare. Dopo la lunga pausa post elettorale, nella seconda metà di gennaio le commissioni riunite ambiente e mercato interno del Parlamento Ue hanno ripreso l’esame del testo, lo scorso 19 febbraio è scaduto il termine per la presentazione degli emendamenti mentre a marzo gli europarlamentari adotteranno la propria posizione negoziale. Poi partirà il trilogo con gli Stati membri, che dal canto loro non sono ancora giunti a un’intesa sul testo. “Credo sia stata presentata buona parte degli emendamenti che sostenevamo – spiega a Ricicla.tv Anselmo Calò, presidente di ADA, associazione nazionale degli autodemolitori – ora però si apre una seconda fase, quella del convincimento delle forze politiche rispetto alla bontà delle nostre proposte”. Non sarà facile.
I lavori sul nuovo regolamento ripartono infatti in una congiuntura segnata, sia sul piano politico che su quello economico, dalla crisi dell’industria europea dell’auto, tema al centro del tavolo strategico convocato nelle scorse settimane dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen con l’obiettivo di trovare un punto di caduta tra decarbonizzazione e recupero della competitività perduta. Le case auto spingono per un passo indietro sulle politiche ambientali, a partire dagli obiettivi di taglio delle emissioni al 2035, e il timore degli operatori del fine vita – demolitori, rottamatori e frantumatori – è che il pressing possa condizionare anche i lavori sul regolamento. In particolare, secondo le imprese del riuso e riciclo il rischio è che il previsto rafforzamento del regime di responsabilità estesa del produttore (o EPR) si trasformi da strumento per migliorare la progettazione dei veicoli e facilitarne smantellamento e frantumazione a occasione per spostare nelle mani delle case auto il controllo giuridico ed economico del fine vita. A danno delle centinaia di operatori che oggi coprono i costi di trattamento dei veicoli con i proventi del libero mercato dei materiali riciclati e dei pezzi di ricambio. “Il principio da salvaguardare – dice Calò – resta sempre lo stesso, ovvero che l’industria non faccia profitto dall’applicazione della responsabilità estesa”.
Se nella bozza di relazione del Parlamento sembrano aver trovato spazio alcune tra le richieste degli operatori del fine vita, come quella di limitare i nuovi obblighi di smantellamento ai soli componenti che abbiano un mercato (no quindi a parabrezza o cruscotti), resta invece ampia la distanza sui nuovi target di contenuto minimo di plastica riciclata nelle nuove vetture. La misura ha incassato il plauso degli operatori industriali del riciclo – che sperano possa aiutare a rilanciare un settore in recessione – ma il Parlamento sembra già orientato a un passo indietro rispetto alla proposta della Commissione. Nelle intenzioni di Bruxelles il 25% della plastica contenuta in ogni veicolo dovrà provenire dal riciclo di rifiuti post consumo, ed essere composta a sua volta per il 25% da plastica recuperata da veicoli a fine vita. Soglie troppo elevate, secondo i relatori al Parlamento, che vorrebbero portare al 20% l’obiettivo generale e al 15% quello per il ‘closed loop’, estendendo inoltre il perimetro dei polimeri utilizzabili anche alle plastiche biobased e a quelle pre-consumo. Una proposta “sensibilmente indebolita” rispetto a quella della Commissione, denunciano in una nota le associazioni FEAD ed EuRIC, secondo cui “invece di sostenere gli investimenti nelle infrastrutture di riciclo si rischia di creare una falsa percezione del progresso, senza riuscire a rafforzare la circolarità della plastica utilizzata nell’industria dell’auto e, in definitiva, ritardando la transizione verso un’economia veramente circolare”.