Dalla modulazione dei contributi ai nuovi obiettivi minimi di raccolta differenziata: pubblicata la nuova proposta di regolamento nazionale per l’istituzione di un regime di responsabilità estesa del produttore nel settore tessile
Abbigliamento, calzature, accessori di abbigliamento, pelletteria, prodotti tessili per la casa. Sono queste le categorie di prodotto che saranno incluse nel perimetro del futuro regime di responsabilità estesa del produttore nazionale, stando allo schema di regolamento posto in consultazione oggi dal Ministero dell’Ambiente. I portatori d’interesse potranno far pervenire le proprie osservazioni fino al prossimo 5 maggio. Si tratta del secondo round di consultazioni sulla proposta di decreto ministeriale, dopo quello condotto nel 2023 dal MASE, che stando a quanto comunicato nei giorni scorsi punterà a chiudere il testo entro la fine del 2025. “Ci aspettiamo numerosi e qualificati contributi che ci consentiranno di finalizzare il testo”, ha commentato Laura D’Aprile, capo dipartimento sviluppo sostenibile del MASE.
Nella bozza sono stati fissati, tra l’altro, anche specifici obiettivi di raccolta differenziata dei rifiuti tessili, calcolati rispetto all’immesso sul mercato di prodotti tessili nei tre anni precedenti: almeno il 15% in peso entro il 2026, almeno il 25% in peso entro il 2030, almeno il 40% in peso entro il 2035. Per raggiungere gli obiettivi ambientali posti in capo alla filiera, chiarisce la relazione illustrativa, i produttori saranno tenuti a versare ai sistemi di gestione, diversi dei quali già organizzati in forma consortile, un contributo ambientale “per la copertura dei costi necessari per fornire servizi efficienti di gestione dei rifiuti” e, in particolare, “i costi per la gestione del fine vita dei prodotti tessili immessi sul mercato nazionale nell’anno solare precedente”.
I produttori, precisa lo schema, devono garantire, attraverso i sistemi consortili e in via principale, il ritiro dei rifiuti tessili post-consumo raccolti nell’ambito del servizio pubblico di raccolta, anche facendosi carico “del finanziamento della raccolta differenziata urbana”, in collaborazione con Comuni e aziende di gestione. Attività che sarà regolata, come per i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, da un apposito centro di coordinamento. I contributi versati dai produttori, chiarisce la bozza di decreto, dovranno coprire i costi di gestione dei rifiuti al netto degli introiti ricavati dal riutilizzo, dalla vendita dei rifiuti o delle materie ottenute dal loro riciclo e dovranno essere modulati sulla base della durevolezza, riparabilità, riutilizzabilità e riciclabilità dei singoli prodotti.
I lavori sullo schema di regolamento nazionale EPR viaggiano su binari paralleli a quelli dell’Ue, dove nelle prossime settimane si finalizzerà la riforma della direttiva quadro rifiuti, con la prevista introduzione dell’obbligo, per tutti gli Stati membri, di istituire regimi armonizzati di responsabilità estesa del produttore. L’intesa provvisoria tra Consiglio e Parlamento è arrivata a fine febbraio, mentre la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’Ue potrebbe arrivare entro fine anno, ha spiegato nei giorni scorsi Laura D’Aprile, capo dipartimento sviluppo sostenibile del MASE, chiarendo che anche sullo schema nazionale l’idea è quella di “chiuderlo entro il 2025”. Per l’istituzione dell’EPR italiano, insomma, non si attenderà il recepimento formale della direttiva nell’ordinamento nazionale. Così, ha sottolineato D’Aprile, “diamo seguito agli impegni assunti con la G7 Fashion Agenda sotto la presidenza italiana del G7 e interveniamo in un settore complesso e strategico per il nostro Paese”.