Recovery Fund, Green Deal, piano d’azione per l’economia circolare. Questi i tre pilastri sui quali saremo chiamati a ricostruire l’Europa del dopo Covid, con l’obiettivo di sanare la frattura tra economia, ambiente e salute emersa in maniera drammatica nei giorni della pandemia. Le indicazioni della Commissione europea non lasciano spazio alle interpretazioni. Nella guida strategica alla definizione dei “Piani nazionali di ripresa e resilienza” necessari ad accedere agli stanziamenti del Recovery Fund, l’esecutivo guidato da Ursula Von Der Leyen indica al primo posto tra le priorità “il rafforzamento dell’introduzione di tecnologie pulite a prova di futuro e l’accelerazione dello sviluppo e dell’uso delle energie rinnovabili”. La Commissione punta a fare del 672,5 miliardi di euro del fondo un autentico acceleratore delle politiche europee di sviluppo sostenibile secondo le coordinate dettate nel Green Deal, con l’obiettivo di fare dell’Europa un continente a emissioni zero entro il 2050.
Una partita nella quale l’Italia non potrà non giocare da protagonista. Dei circa 208 miliardi di euro destinati al nostro Paese nell’ambito del Recovery Fund, la quota maggiore tra gli Stati membri, il 37% dovrà infatti essere convogliato verso investimenti sostenibili. «La sostenibilità ambientale, nell’intenzione delle istituzioni comunitarie non è soltanto un cluster ma un criterio trasversale di valutazione, attraverso cui è fondamentale valutare l’impatto degli altri progetti – spiega il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – nel suo documento sulla finanza sostenibile l’UE ha definito il principio “do not harm” (non nuocere) che stabilisce che un investimento è green se migliora un indicatore verde, quali ad esempio l’impronta idrica, l’impronta di carbonio, le emissioni inquinanti, il grado di “circolarità” dei prodotti, la quota di energia rinnovabile, senza peggiorare gli altri».
Ecco perchè il “Piano nazionale di ripresa e resilienza” attualmente allo studio di Palazzo Chigi, assicura il ministro, avrà forte connotazione “green”. «Le priorità ambientali devono rappresentare un asse di investimento e un obiettivo di medio e lungo periodo nella programmazione di tali risorse – spiega Costa – per questo motivo, come Ministero dell’ambiente abbiamo indicato una serie di priorità che si innestano su quattro linee tematiche: le infrastrutture per l’ambiente; il supporto alle imprese virtuose o che vogliano incrementare la sostenibilità dei loro processi produttivi e delle filiere; la transizione ecologica con uno sguardo specifico all’economia circolare; il potenziamento delle azioni di contrasto ai cambiamenti climatici».
Ma siamo pronti a sfruttare al meglio gli strumenti senza precedenti messi in campo dalle istituzioni nazionali e comunitarie per accelerare la transizione sostenibile? Proveremo a capirlo i prossimi 22 e 23 ottobre alla Stazione Martittima di Napoli in occasione della prima edizione del Green Symposium 2020, l’agora green promossa da Ricicla.tv e Ecomondo. Due giorni di confronto tra istituzioni nazionali, locali e comunitarie, imprese, esperti di settore e cittadini, con l’obiettivo di creare un laboratorio permanente di idee, progetti, sperimentazioni sul futuro dell’ambiente e della green economy italiana, con un’attenzione particolare alle Regioni del Centro-Sud e ai temi dell’economia circolare e della gestione dei rifiuti.
La due giorni napoletana, del resto, cade proprio a poche settimane dall’entrata in vigore definitiva dei decreti legislativi che recepiscono le direttive europee su rifiuti e riciclo, ridisegnando il quadro normativo nazionale in materia per adeguarlo agli obiettivi ambiziosi del Piano europeo d’azione sull’economia circolare, parte integrante del Green Deal. Su tutti la riduzione dei conferimenti in discarica ad un massimo del 10% e il riciclo del 65% dei rifiuti urbani entro il 2035, mentre già dal 2023 la raccolta differenziata dei rifiuti organici diventerà obbligatoria. Obiettivi di fronte ai quali l’Italia si presenta divisa tra eccellenze e cronici ritardi, tra Regioni virtuose, capaci come la Lombardia e l’Emilia-Romagna di chiudere il ciclo sul proprio territorio, e Regioni come la Sicilia, dove poche o nulle sono le alternative al conferimento dei rifiuti in discarica, o come Campania e Lazio che, secondo Ispra, nel 2018 per mancanza di impianti di trattamento hanno inviato fuori regione rispettivamente 487mila e 270mila tonnellate di rifiuti organici.
Quali sono le cause del ritardo di molte Regioni del Centro-Sud e come fare a chiudere il gap sfruttando al meglio le nuove opportunità del Recovery Fund e del Green Deal europeo? Proveremo a capirlo a Napoli, i prossimi 22 e 23 ottobre, per un Green Symposium che alla sua prima edizione si annuncia già come un appuntamento assolutamente necessario.