RIMINI. Lo scorso 2 gennaio Sogin ha consegnato ai ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente una prima proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee ad accogliere il deposito unico delle scorie radioattive. A quella prima versione ne è poi seguita una seconda, aggiornata sulla base di una serie di osservazioni formulate dall’Ispra. La versione rivista della cosiddetta CNAPI a cura dell’Istituto superiore di protezione ambientale è già da mesi sulle scrivanie dei ministri Guidi e Galletti. Con la pubblicazione della Carta Sogin darà il via alla consultazione pubblica e al Seminario Nazionale, delicatissimi momenti di confronto aperti ad enti locali, cittadini ed associazioni per giungere, auspicabilmente, ad una scelta condivisa sul luogo che dovrà ospitare l’impianto. Il lungo dibattito pubblico con le popolazioni delle aree censite nella Carta non potrà però partire fino a quando i due dicasteri non avranno siglato il nulla osta alla pubblicazione del documento. Proprio per facilitare il dibattito e prevenire le posizioni ostative da parte dei territori, dove sono già in germe delle opposizioni, Sogin ha lanciato una strutturata campagna d’informazione sulla sicurezza della struttura-deposito e sulla sua necessità per il Paese, ma l’impronta della trasparenza perde vigore ad ogni giorno che passa e il confronto con i suddetti territori non potrà avere luogo senza il via libera dei Minister. Un via libera atteso ormai da mesi, in forte ritardo sulla tabella di marcia prevista dalla normativa nazionale e comunitaria. In ballo ci sono le sorti di un’infrastruttura necessaria, e non soltanto perchè a dirlo è la legge. Per chiudere il processo di smantellamento delle centrali nucleari e gestire in sicurezza i rifiuti radioattivi prodotti dalla ricerca, dall’industria e dalla medicina serve un deposito nazionale unico. Nella cornice di Ecomondo 2015 ne abbiamo parlato con Fabio Chiaravalli, direttore Deposito Nazionale Sogin e Emanuele Fontani, Ad della controllata Nucleco.