Il nuovo testo unico sui servizi pubblici locali rimette al centro gli obblighi di motivazione e trasparenza degli affidamenti, ma resta il nodo su chi dovrà valutarne la legittimità. Luci e ombre del d.lgs 201/2022 nel digital talk di Assoambiente
Il nuovo testo unico dei servizi pubblici locali rimette al centro i principi del risultato e della trasparenza degli affidamenti, ma la strada per aprire maggiori spazi di concorrenza sul mercato è ancora lunga. Anche e soprattutto nel settore della gestione dei rifiuti. “Negli ultimi tempi la tendenza ad affidare ambiti e servizi a società in house o miste (ma con la stessa configurazione) è dilagata in maniera eccezionale, peraltro con una serie di ipocrisie – spiega Chicco Testa, presidente di Assoambiente – come nel caso di AMA, a Roma, che appalta ai privati buona parte delle attività che dovrebbe svolgere in virtù del contratto di servizio siglato con il Comune”. Stando all’ultima relazione dell’autorità di regolazione Arera, su 7mila 608 soggetti iscritti all’anagrafica dei gestori del servizio pubblico rifiuti nel 2021, l’86,5% dei casi risultava accreditato come ente pubblico. “Il testo unico afferma principi importanti, l’auspicio è che costringa gli enti locali a un supplemento di riflessione” dice Testa.
Per tradurre efficacemente nella pratica i principi del decreto legislativo 201 del 2022 saranno centrali le funzioni esercitate da Arera e dall’autorità antitrust, ma anche il coordinamento con il nuovo codice degli appalti, in via di approvazione. Sono le indicazioni emerse nel corso di un digital talk di Assoambiente aperto a imprese ed esperti di settore, tutti concordi nel sottolineare come il nuovo testo unico – in vigore dallo scorso 1 gennaio e scaturito dalla legge sulla concorrenza approvata in attuazione del PNRR – abbia il merito di puntare a reimpostare sui binari corretti il mercato dei servizi locali. “Vengono codificati in un unico corpus di norme aspetti che fino a ieri erano dimenticati – spiega il direttore del Laboratorio Ref Donato Berardi – impegni e obblighi che pur essendo codificati nelle norme di legge spesso e volentieri nessuno metteva in pratica”.
Il principale elemento di forza del testo sta nella ristabilita centralità degli obblighi di motivazione e trasparenza degli affidamenti, dicono gli addetti ai lavori. “Il decreto legislativo prevede obblighi minimi di qualificazione della motivazione, quindi un controllo più stringente di legittimità amministrativa”. Cosa che fa apparire l’affidamento in house come un vero e proprio “regime sorvegliato”, dice Serena Sileoni, economista dell’Istituto Bruno Leoni. Restano ancora diversi però i nodi da sciogliere perché il testo possa diventare effettivamente una leva capace di aprire al mercato settori ancora dominati da gestioni dirette e affidamenti in house. Anche se ai sensi del testo unico le scelte degli enti locali dovranno essere accompagnate da articolate istruttorie obbligatorie che motivino la scelta “molto ancora è demandato alla discrezionalità degli enti locali” sottolinea infatti Berardi. “Anche il nuovo testo unico – aggiunge l’economista Carlo Stagnaro – mantiene l’impostazione per cui se fai un affidamento ti devi giustificare, ma nessuno è titolato a valutare se la giustificazione è credibile o no. Il decreto legislativo ha il merito di aver riportato la palla al centro, ma non ci dice dove debba essere calciata”.
Secondo Serena Sileoni aver rimesso al centro gli obblighi di motivazione e trasparenza aiuterà ad arginare la discrezionalità degli enti locali. “L’affidamento in house è effettuato con delibera – dice – quindi è un provvedimento sottoponibile a controllo giurisdizionale“. Oltretutto il testo unico ne vincola l’efficacia “a una clausola di ‘stand still’ di sessanta giorni” dice, dando modo agli interessati di valutare e eventualmente impugnare il provvedimento. Ma la domanda resta. Chi sarà a sorvegliare? A chi toccherà vigilare e valutare la solidità delle motivazioni e la legittimità degli affidamenti? Per Carlo Stagnaro potranno essere le imprese stesse a farsi sentinella sollecitando, laddove necessario, l’intervento della giustizia amministrativa, mentre per Donato Berardi, piuttosto che moltiplicare i contenziosi, legando le sorti degli affidamenti alle mutevoli (talvolta volubili) decisioni dei TAR, occorrerebbe chiarire meglio il ruolo delle autorità competenti in materia, su tutte Arera e antitrust. “Quello della motivazione non è un tema giuridico, ma economico – spiega Berardi – quindi abbiamo bisogno di qualcuno che abbia le competenze giuste per affrontarlo. Credo possa essere l’AGCM, quantomeno con un parere sull’istituzione di nuovi servizi pubblici locali o sugli affidamenti in house. Anche Arera – aggiunge – ha oggi tutti gli strumenti per segnalare i soggetti affidatari che abbiano esiti non coerenti con gli impegni e gli obiettivi della regolazione”.
L’entrata in vigore del testo unico, insomma, non è un punto d’arrivo ma di partenza. Con riferimento specifico ai servizi pubblici di gestione dei rifiuti, avverte Berardi, il ‘fine tuning’ del testo unico, necessario a garantire l’efficacia della leva concorrenziale, andrà calato anche nel quadro della più ampia diatriba tra regolazione e mercato apertasi con l’approvazione del metodo tariffario Arera, recentemente infiammata dagli interventi dell’antitrust prima e del TAR Emilia-Romagna poi sul supposto uso illegittimo del nuovo sistema di tariffe per gli impianti. “La segnalazione dell’AGCM ha messo in moto una riflessione che in qualche modo andrà ricomposta” chiarisce Berardi. Poi, naturalmente, c’è da fare in modo che tanto gli strumenti di regolazione quanto il nuovo testo unico sui servizi locali siano allineati alla imminente riforma del codice dei contratti pubblici, attualmente al vaglio del Parlamento. “Un’occasione decisiva per sviluppare dinamiche competitive finalizzate a elevare la qualità dei servizi erogati che soddisfino a pieno i bisogni dei cittadini – ha chiarito Ferdinando Di Mezza di Assoambiente – nel rispetto delle diverse competenze istituzionali, risulta fondamentale un ruolo attivo di advocacy da parte dell’Autorità nei confronti delle stazioni appaltanti per avviare un percorso di convergenza tra i bandi di gara pubblicati e le disposizioni regolatorie affinché i nuovi contratti di servizio siano, per loro natura, coerenti con la regolazione”.