Nel corso del 2017 toccherà a cittadini e imprese pagare a caro prezzo le inefficienze dei servizi di raccolta rifiuti e l’assenza di una regolamentazione nazionale, con tariffe che nei prossimi mesi sembrano destinate a subire l’ennesimo rialzo. Complessivamente le famiglie e le attività economiche italiane pagheranno quest’anno ben 9,1 miliardi di euro, con aumenti che in alcuni casi arriveranno addirittura a doppiare la velocità dell’inflazione. Questo il quadro tracciato dalla Cgia di Mestre, secondo cui tra il 2017 e il 2016 i negozi di frutta, i bar, i ristoranti, gli alberghi e le botteghe artigiane subiranno un aumento della Tari oscillante tra il 2 e il 2,6%, mentre per l’anno in corso l’inflazione è prevista in aumento appena dell’1,2%. Sarà leggermente più contenuto, invece, l’incremento per le famiglie. Per un nucleo con 2 componenti la maggiore spesa sarà del 2%, con 3 dell’1,9 e con 4 dello 0,9.
Un salasso propiziato, secondo la Cgia, dal passaggio nel 2014 dalla Tares alla Tari, la più recente forma di tassazione sui rifiuti, che pur conservando elementi tipici dell’imposta patrimoniale, su tutti la modulazione in base alla superficie calpestabile dell’immobile, dovrebbe in realtà agire come una tariffa corrispettiva, necessaria cioè a riportare in capo a ogni singolo utente, famiglia o impresa che sia, i costi del servizio. «Fino a che non arriveremo alla definizione dei costi standard – spiega però Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia – possiamo affermare con buona approssimazione che con il pagamento della bolletta non copriamo solo i costi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, ma anche le inefficienze e gli sprechi del sistema. Ricordo che, secondo l’Antitrust, tra le oltre 10mila società controllate o partecipate dagli enti locali che forniscono servizi pubblici, tra cui anche la raccolta dei rifiuti, il 30% circa è stabilmente in perdita. Una cattiva gestione che la politica locale non è ancora riuscita a risolvere».
Secondo la Cgia, le aziende di raccolta rifiuti, di fatto, operano in condizioni di monopolio, con dei costi spesso fuori mercato che famiglie e attività produttive, nonostante la produzione dei rifiuti sia diminuita e la qualità del servizio offerto non sia migliorata, sono chiamate a coprire con importi che in alcuni casi sono del tutto ingiustificati. Anche perchè sebbene in questi ultimi due anni il Governo abbia imposto l’obbligo di non aumentare le tasse locali, gli amministratori, spiega la Cgia, si sono “difesi” tagliando i servizi o aumentando le tariffe che, per loro natura, non contribuiscono ad appesantire la pressione fiscale, anche se hanno un impatto molto negativo sui bilanci di famiglie e imprese. «Proprio per evitare che il costo di possibili inefficienze gestionali si scarichi sui cittadini – ricorda il segretario della Cgia Renato Mason – la Legge di Stabilità 2014 aveva previsto che, dal 2016, la determinazione delle tariffe avvenisse sulla base dei fabbisogni standard. Il Parlamento, successivamente, ha però prorogato tale disposizione al 2018. Pertanto, bisognerà attendere ancora un po’ affinché le tariffe coprano solo il costo del servizio determinato dai costi standard di riferimento».