Rottame, nel 2025 la Commissione Ue valuterà restrizioni dell’export

di Luigi Palumbo 20/03/2025

Per rilanciare l’industria siderurgica e metallurgica europea la Commissione potrebbe introdurre limitazioni alle esportazioni di rottame. Una mossa “potenzialmente catastrofica”, avverte EuRIC, secondo cui il vero problema sono i costi dell’energia. Che anche per le acciaierie europee restano il vero “elefante nella stanza”


Entro il prossimo settembre la Commissione europea valuterà misure restrittive sulle esportazioni di rottame, per “garantire una disponibilità sufficiente” all’industria dell’Ue. Nessun giro di vite, per ora, ma il dossier è sul tavolo, si legge nella comunicazione per la decarbonizzazione competitiva dei settori dell’acciaio e dei metalli, presentata ieri dalla numero uno dell’esecutivo di Bruxelles Ursula von der Leyen. Un piano d’azione che, nelle parole della presidente, dovrà mettere i produttori europei al riparo dai “forti venti contrari sul mercato globale”: dall’overcapacity mondiale ai “sussidi distortivi” di paesi come Cina e India passando per i “dazi ingiustificati su acciaio e alluminio” attivati dal presidente USA Donald Trump.

A mettere pressione sull’industria continentale, scrive però la Commissione, ci sono anche “i prezzi più alti per i rottami pagati dai produttori di acciaio e alluminio nei paesi terzi, spesso a causa di distorsioni commercialie”. Cosa che, sostiene Bruxelles, è tra le principali cause del calo della domanda di metalli riciclati in Ue. Il riciclo, si legge nella comunicazione, “può far risparmiare fino al 95% e all’80% dell’energia richiesta per la produzione primaria di alluminio e acciaio, rispettivamente” abbassando quindi i costi di produzione e le emissioni in atmosfera, ma al tempo stesso riducendo “la dipendenza dell’industria Ue dalle materie prime importate, come bauxite/allumina/alluminio“, che l’Ue considera materie prime strategiche. Il consumo interno di rottame, scrive tuttavia la Commissione, sta diminuendo a causa della flessione della domanda da parte dell’industria.

Per questo, oltre a ricordare le iniziative già messe in campo nell’ambito del Clean Industrial Deal sui fronti dei costi dell’energia (come la spinta ai PPA) e della decarbonizzazione (con la prossima revisione del CBAM), e ad annunciare nuove misure di salvaguardia per sostituire quelle che scadranno a giugno 2026, il piano di Bruxelles individua anche due linee d’azione in tema di circolarità: il rilancio della domanda di metalli riciclati, con l’introduzione di quote di contenuto minimo in settori come automotive e costruzioni – che la Commissione valuterà entro la fine del 2026 contestualmente all’adozione del nuovo Circular Economy Action Plan – e “se necessario” un intervento sull’offerta con eventuali “misure commerciali” (leggasi dazi) o “regole di reciprocità” per i paesi che non rispettano gli obblighi internazionali dell’Ue, perché a loro volta applicano restrizioni sull’export di rottami – come Cina e Indonesia – o perché sussidiano in maniera sleale l’industria.

Insomma, tutto rimandato a successive valutazioni della Commissione che, assicura il documento, terranno conto anche della “sostenibilità economica delle imprese del riciclo”. Un passaggio che, tuttavia, non offre sufficienti garanzie, dicono i riciclatori. Il piano d’azione è un “gioco d’azzardo con il futuro del riciclo in Europa”, scrive EuRIC in una nota, ribadendo – come già nelle scorse settimane – che “in Ue non c’è carenza di rottame” e che il 20% esportato in media ogni anno è “il surplus che l’industria non riesce ad assorbire, e non una fuga” verso mercati più convenienti. Pur riconoscendo la necessità di aumentare la domanda di metalli riciclati il piano “propone restrizioni all’esportazione nel 2025, e considera di aumentare la domanda nel 2026 – si legge – tutto l’opposto di ciò che è necessario”. Uno scenario “potenzialmente catastrofico”, scrive EuRIC, ricordando che a cavallo tra 2026 e 2027 sarà già il nuovo regolamento sulle spedizioni di rifiuti a limitare le esportazioni verso i paesi non Ue.

Sul fronte opposto della barricata, il piano d’azione incassa il plauso dell’industria metallurgica e siderurgica. Per Eurofer “il rottame di ferro deve essere considerato come una materia prima strategica”, cosa che l’Italia ha già scelto di fare all’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina, con misure di limitazione dell’export prolungate di recente fino al 31 dicembre 2026. Per le imprese della siderurgia europea, tuttavia, il vero “elefante nella stanza” restano gli elevati costi dell’energia, che il piano d’azione di Bruxelles non affronta in maniera sufficientemente incisiva e che “stanno trascinando verso il basso intere catene del valore industriali europee”. Almeno su questo c’è intesa con i riciclatori. “Il vero problema è l’incapacità dell’Europa di creare domanda per i propri materiali riciclati e di affrontare gli alti prezzi dell’energia – sostiene EuRIC – limitare le esportazioni non risolverà il problema dell’industria siderurgica, ma distruggerà il riciclo europeo”.

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