Un rischio di emergenza nazionale. Così il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha definito il fenomeno dei roghi di rifiuti da Nord a Sud del Paese. Numeri impressionanti, quelli emersi stamattina nel corso di un’audizione in commissione bicamerale sul ciclo rifiuti. “Negli ultimi anni – ha spiegato Costa – sono stati numerosi gli incendi avvenuti presso gli impianti di gestione del mondo dei rifiuti”. “La frequenza – ha detto – è tale da rappresentare un rischio di emergenza nazionale”. Stando ai dati del Ministero dell’Interno, infatti, dal giugno 2018 ad oggi “sono stati 262” i roghi, con “una media di uno ogni tre giorni”, di questi “165 in aree” dedicate agli “impianti dei rifiuti, depositi e zone di stoccaggio, gli altri in zone di lavorazione”.
Un fenomeno, quello dei roghi nei siti di stoccaggio dei rifiuti, legato a doppio filo alla scarsità di impianti di recupero e smaltimento sul territorio, soprattutto al Sud, e al venire meno del canale di mercato cinese dopo lo stop di Pechino: minori sono gli sbocchi leciti per i rifiuti, soprattutto per gli scarti di lavorazione della raccolta differenziata, maggiori sono infatti le probabilità che quei rifiuti finiscano nelle mani di broker e intermediari senza scrupoli, che li prendono in carico, li stipano in capannoni che vengono riempiti fino all’orlo e poi, magari, dati alle fiamme, facendo scomparire per sempre, oltre agli scarti, anche le informazioni relative alla loro provenienza e ai vari passaggi di mano. “A bruciare – spiega Costa – sono soprattutto carta e plastiche di scarsa qualità. In entrambi i casi – ha detto – il fenomeno è decisamente legato al venire meno di sbocchi commerciali determinato dallo stop della Cina alle importazioni”.
Più differenziata di qualità, meno scarti e più riciclo, la ricetta del ministro, per scongiurare oltre al rischio incendi, anche l’apertura di nuovi inceneritori. “Sono il primo a dire che gli impianti ci vogliono – ha dichiarato Costa, dicendosi però – in disaccordo con l’apertura di inceneritori” e sottolineando invece la necessità di nuovi impianti di compostaggio perchè “mediamente l’umido, tutto ciò che va nel compostaggio, rappresenta il 30%, a volte il 40%” della raccolta complessiva. Sottrarre quella quantità ai rifiuti indifferenziati, spiega il ministro, significa ridurre notevolmente il volume da avviare a smaltimento in discarica o inceneritore.
C’è poi ha spiegato il ministro da trovare nuovi sbocchi di mercato anche ai rifiuti valorizzabili, sbloccando ad esempio il meccanismo delle autorizzazioni caso per caso end of waste, in stallo dopo la discussa sentenza del Consiglio di Stato, e rispetto al quale il ministro auspica il parlamento possa trovare una soluzione. “Invito il Parlamento a trovare una sintesi sull’end of waste per trovare il cosiddetto caso per caso, con il ministero dell’Ambiente che emana le linee guida, ed aumentando i termini delle regioni con un meccanismo di omogeneità territoriale garantito dal Mattm. Chi mi conosce sa che ci ho provato parecchie volte e continuerò a provarci per trovare la cosiddetta quadra parlamentare”.