L’associazione dei produttori di carta da macero chiede lo stralcio definitivo dal decreto legislativo 116 del 2020 del vincolo di cinque anni per le imprese che debbano scegliere se affidare al servizio pubblico o a operatori privati i propri rifiuti urbani, già censurato dall’Agcm
Cancellare definitivamente dal decreto legislativo 116 del 2020 il riferimento al vincolo di cinque anni che le attività commerciali, artigianali e industriali sarebbero tenute a rispettare nello scegliere se affidare al mercato o al servizio pubblico i propri rifiuti urbani. Lo ha scritto l’antitrust nella sua relazione annuale, lo chiedono a gran voce, da mesi, le associazioni delle imprese. Come Unirima, Unione Nazionale delle Imprese del Recupero e Riciclo Maceri, che torna a fare appello alla politica affinché “la segnalazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato non venga ignorata, causando un grave danno al settore e allo sviluppo economico del Paese” scrive l’associazione in una nota.
Secondo l’antitrust infatti, per le utenze non domestiche che vogliano avviare a recupero i propri rifiuti urbani, e ottenere sconti sulla Tari in rapporto alle quantità conferite, il d.lgs. 116 del 2020 “stabilisce la necessità di stipulare con il gestore pubblico o con l’operatore privato prescelto un accordo contrattuale con una dura minima quinquennale“. Una previsione che per l’AGCM sarebbe “discriminatoria per i gestori privati, in quanto, mentre è possibile rientrare nella gestione pubblica in ogni momento e, quindi, anche prima del decorso dei cinque anni, non è consentito il contrario“.
“Le imprese dell’economia circolare condividono le preoccupazioni espresse dall’AGCM secondo cui la norma estende impropriamente la privativa su attività che devono restare in regime di mercato – spiega il direttore generale di Unirima, Francesco Sicilia – ci uniamo alla richiesta dell’Autorità, e a quelle avanzate da altre associazioni datoriali di settore, di eliminare la durata minima quinquennale degli accordi che devono stipulare le utenze non domestiche prevista nel testo unico ambientale, al fine di non ostacolare la necessaria concorrenza tra i diversi operatori e liberare le enormi potenzialità del mercato”.
Gli appelli delle associazioni d’imprese, così come la segnalazione dell’antitrust, sembrano fin qui caduti nel vuoto. O quasi. Perché se da un lato il riferimento ai cinque anni continua a campeggiare tra le pagine del decreto legislativo 116 del 2020, dall’altro in una circolare diramata lo scorso 12 aprile il Ministero della Transizione ecologica ha chiarito che “detta indicazione temporale non rileva ai fini dell’affidamento del servizio da parte dell’utenza non domestica che, infatti, potrà, nel corso dei suddetti cinque anni cambiare operatore privato, in relazione all’andamento del mercato”. Una prima apertura alle posizioni espresse da antitrust e imprese, ma una circolare non ha forza di legge e per scongiurare il rischio di contenziosi sul territorio le associazioni continuano a ritenere necessario lo stralcio definitivo del riferimento ai cinque anni dal testo del decreto 116. Ecco perché continueranno la loro battaglia a colpi di proposte di emendamento. Sfumata l’occasione della conversione in legge del decreto ‘sostegni’, Unirima è già pronta a presentarne un nuovo fascicolo nell’ambito della discussione sul decreto ‘rigenerazione urbana’, in esame al Senato.