Il Programma nazionale dei rifiuti che dovrà essere adottato entro marzo 2022 “sia laico e basato su dati oggettivi”, in coordinamento con il Piano nazionale di ripresa e resilienza: l’appello del Circular Economy Network
È un’opportunità preziosa per accelerare lo sviluppo dell’economia circolare in Italia, ma per coglierla servono partecipazione, trasparenza e un approccio laico basato su dati certi e oggettivi. Ma soprattutto, serve coordinamento con le misure contenute nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Questo l’appello del Circular Economy Network al Ministero dell’Ambiente che, in collaborazione con Ispra, entro il marzo 2022 dovrà adottare il “Programma nazionale di gestione dei rifiuti”, lo strumento introdotto con il recepimento delle direttive europee sull’economia circolare, che dovrà “fissare i macro obiettivi, definire i criteri e le linee strategiche cui le Regioni e Province autonome si attengono nella elaborazione dei Piani regionali”. «L’utilità del Programma – spiega il presidente del CEN Edo Ronchi – è quella di consentire e promuovere il raggiungimento degli obiettivi dei target vincolanti fissati dall’Ue e da poco recepiti nell’ordinamento italiano». Il programma dovrà contenere, tra l’altro, “la ricognizione impiantistica nazionale”, indicando il fabbisogno di recupero e smaltimento da soddisfare, partendo dalla stima esatta delle quantità e qualità di flussi di rifiuti generati a livello nazionale e locale.
Un passo fondamentale per ridurre le distanze tra territori, soprattutto tra le regioni del Nord e quelle del Centro-Sud, e puntare con decisione ai nuovi obiettivi europei di circolarità: taglio dei conferimenti in discarica al 10% e riciclo dei rifiuti urbani al 65% entro il 2035, tra gli altri, per raggiungere i quali occorre investire nella costruzione ed ammodernamento di impianti industriali di recupero. «Sono centinaia – spiega Elisabetta Perrotta, direttore generale di FISE Assoambiente – gli impianti che negli ultimi due anni sono stati chiusi, compresi impianti di incenerimento e discariche, e questo ha fatto sì che i rifiuti cominciassero a girare molto più di prima. Ci sono territori che si trovano in condizioni di emergenza, anche se non dichiarata ufficialmente». Serve con urgenza costruire nuovi impianti, a patto però che la pianificazione sia laica e non viziata da pregiudizi sulle tecnologie di trattamento. «Veniamo da anni in cui la pianificazione – osserva Filippo Brandolini, vice presidente di Utilitalia – è stata vista come uno strumento di lotta politica e di scelte ideologiche. Oggi sappiamo che possiamo smaltire in discarica un massimo del 10% di rifiuti, quindi dobbiamo dotare il nostro Paese di un sistema impiantistico che consenta di riciclare i rifiuti e di trattare anche quei rifiuti che non stiano riciclabili limitando il conferimento in discarica».
Perché la pianificazione non resti solo sulla carta e si traduca nella costruzione degli impianti necessari al Paese, dicono però le imprese, occorre anche snellire i procedimenti burocratici per il rilascio delle autorizzazioni. «Non è pensabile parlare del piano di gestione nazionale dei rifiuti – dice Paolo Barberi, presidente di Unicircular – senza parlare anche della riforma necessaria della pubblica amministrazione, della sburocratizzazione delle procedure per l’autorizzazione degli impianti. È indispensabile che questo piano sia scritto a partire dalla realtà e a partire dalle esigenze di chi gli impianti li gestisce». Quanto agli investimenti che si renderanno necessari una volta definito il fabbisogno di trattamento da soddisfare, sul piatto almeno per il momento c’è il miliardo e mezzo di euro destinato dal Recovery Plan alla costruzione e revamping degli impianti. Si pone però un problema di coordinamento tra le due norme, visto che il PNRR non fa mai menzione del Programma nazionale di gestione dei rifiuti. «Penso sia un nodo da sciogliere al più presto, anche prima dell’approvazione definitiva – spiega Stefano Leoni, del Circular Economy Network – magari in fase di ricognizione del fabbisogno impiantistico, perchè il Programma nazionale possa davvero sposarsi con il PNRR».