Rifiuti urbani, la Campania punta all’autosufficienza entro il 2029

di Redazione Ricicla.tv 31/07/2024

Raccolta differenziata al 65% tra 2025 e 2030 e nuovi impianti per l’organico operativi entro il 2029. La Regione Campania aggiorna le previsioni del piano rifiuti urbani, confermando il no a nuove discariche e inceneritori. Nel frattempo arriva anche il via libera allo smaltimento fuori regione di 1,2 milioni di tonnellate di ecoballe


Il percorso verso la piena efficienza nella gestione dei rifiuti in Campania riparte con un nuovo cronoprogramma. Aumentare la raccolta differenziata, fino a raggiungere il 65%, tra 2025 e 2030, e avviare entro il 2029 i nuovi impianti di recupero della frazione organica, coprendo così l’intero fabbisogno di trattamento. Senza realizzare nuove discariche o inceneritori, ma valorizzando al massimo la capacità degli impianti esistenti. A partire dal termovalorizzatore di Acerra, che non verrà affiancato da un nuovo impianto né potenziato. È quanto si legge nell’aggiornamento del piano di gestione dei rifiuti urbani adottato nei giorni scorsi all’unanimità dalla giunta regionale, con l’obiettivo di chiudere tanto il ciclo quanto il contenzioso con l’Ue, costato fin qui, secondo la Corte dei Conti, più di 300 milioni di euro in sanzioni.

Un documento che lascia sostanzialmente inalterata “strategia e struttura” del piano vigente, approvato a dicembre 2016, ma ne sposta in là nel tempo gli obiettivi disattesi. A partire da quelli sulla raccolta differenziata, che rispetto alla previsione di “un ottimistico rapido raggiungimento del 65%” al 2020, nel 2022 si attestava ancora al 55,6%. Tutto questo mentre secondo la normativa nazionale l’obiettivo avrebbe dovuto essere raggiunto entro il 2012. Previsioni disattese a causa dei ritardi nell’organizzazione della governance dei sette ambiti territoriali, si legge nel documento, ma anche per le immancabili difficoltà sociali legate alla realizzazione degli impianti e per il “susseguirsi di tornate elettorali”. Senza dimenticare le complicazioni determinate dalla pandemia, chiarisce il nuovo piano.

Constatato il fallimento delle previsioni del piano vigente, il nuovo obiettivo, secondo le proiezioni indicate come scenario di piano, è quello di puntare a superare il 65% di differenziata già nel 2025, mentre nello scenario più prudenziale l’obiettivo dovrebbe essere raggiunto entro il 2030. In mezzo la necessità di spingere le buone pratiche di gestione dei rifiuti soprattutto negli ambiti territoriali Napoli 1 e Caserta, dove “i livelli di raccolta differenziata sono ancora insufficienti”, fermi nel 2022 rispettivamente al 42% e al 55%. Nel Comune di Napoli, specifica il piano, l’assunzione di 223 unità di personale da parte della utility municipale ASIA ha già consentito l’estensione del porta a porta a 250mila abitanti e sono già stati cofinanziati ulteriori ampliamenti.

Non è però dal raggiungimento degli obiettivi della differenziata che dipenderanno le sorti del contenzioso milionario con l’Ue, in corso dal 2015, chiarisce il documento. Dopo la riduzione di un terzo della sanzione quotidiana da 120mila euro, riconosciuta nel 2022 dalla Commissione europea per l’attivazione dell’impianto di trattamento delle ecoballe di Caivano, al centro delle interlocuzioni con Bruxelles per ricevere ulteriori sconti, si legge, restano infatti il completamento dell’impiantistica per lo smaltimento dei rifiuti stoccati ma soprattutto la “esatta stima dei fabbisogni ordinari di discarica”. Calcolati in un milione 516mila tonnellate di FUT (frazione umida tritovagliata) tra 2024 e 2030, da reperire non realizzando nuovi invasi ma potenziando quelli esistenti di Sant’Arcangelo a Trimonte (Benevento) e Savignano Irpino (Avellino), e liberando nuove volumetrie dall’impianto di San Tammaro (Caserta), grazie a un progetto di ‘landfill mining’ dal valore di 28 milioni di euro, già finanziato e appaltato.

E anche se per dare risposta alle sollecitazioni dell’Ue servirà in ogni caso ricavare nuovi spazi per lo smaltimento in discarica, l’obiettivo, chiarisce il piano, resta quello di ridurre progressivamente la necessità di ricorrere agli invasi sfruttando meglio la capacità di trattamento del termovalorizzatore di Acerra. Che anche nella nuova programmazione si conferma come imprescindibile per tendere “a una condizione di equilibrio e di autonomia“. Stando all’aggiornamento del piano, la riduzione dei rifiuti indifferenziati dettata dall’aumento della differenziata potrebbe liberare spazi di conferimento da dedicare alla FUT “previa verifica delle caratteristiche qualitative, con particolare riguardo al potere calorifico inferiore”. Dalle 700mila tonnellate di FST (frazione secca tritovagliata) incenerite nel 2023 le proiezioni prevedono infatti di scendere a 550mila nel 2030, o addirittura a 480mila grazie al contributo che potrebbe arrivare dall’ammodernamento dei sette impianti di trattamento meccanico biologico, che a partire dal 2026 il programma Smart Green STIR, finanziato con oltre 50 milioni di euro a valere su fondi europei, dovrebbe integrare con nuove tecnologie di selezione e recupero dei materiali riciclabili (principalmente plastiche e metalli) dall’indifferenziato.

E se la pianificazione dei flussi diretti a smaltimento potrebbe bastare a strappare alla Commissione europea un ulteriore sconto sulle sanzioni quotidiane, “la completa estinzione – ricorda però il nuovo piano – potrà essere ottenuta con riguardo all’impiantistica per il trattamento della frazione organica”. Anche nel 2022 infatti la Campania, insieme al Lazio, si è confermata la regione italiana con il maggiore deficit di gestione, con una capacità autorizzata di 345mila tonnellate a fronte delle 634mila tonnellate di umido e verde raccolte. Degli 11 impianti previsti dal piano lanciato nel 2016, finanziati con 210 milioni di euro di fondi europei, solo due sono ormai prossimi all’attivazione (Tufino e Teora), mentre per tutti gli altri l’entrata in funzione dovrebbe arrivare tra marzo del 2025 (Marigliano) e ottobre del 2026 (Casalduni). A dieci anni esatti dal lancio di un piano ostacolato anche dalle immancabili “difficoltà sociali e procedurali”. Interventi che, uniti ai nuovi quattro impianti previsi dall’ente d’ambito Salerno, entro il 2029 dovrebbero portare la capacità di trattamento autorizzata a oltre 800mila tonnellate, superiore al fabbisogno stimato di circa 767mila.

L’orizzonte temporale per il raggiungimento dell’autosufficienza, insomma, è fissato al 2029. E coinciderà grossomodo con la prevista data di chiusura di un’altra partita al centro del contenzioso con l’Ue, quella delle ecoballe. Proprio ieri è stato infatti confermato dalla giunta regionale il finanziamento da 290 milioni di euro, a valere sui fondi FSC del ciclo 2021-2027, per l’invio fuori regione di 1,2 milioni di tonnellate di rifiuti imballati, dopo la tranche da un milione già esportata tra 2015 e 2023. L’aggiudicazione della gara d’appalto per la rimozione e il trasporto, bandita a fine 2023, era infatti stata sospesa a causa dell’incertezza sulle tempistiche per la sigla dell’accordo di coesione tra governo e Regione Campania. Dopo mesi di schermaglie – anche in sede giudiziale – tra il presidente Vincenzo De Luca e il ministro Raffaele Fitto, le garanzie arrivate negli ultimi giorni sull’imminente sblocco di un primo stanziamento da 1,9 miliardi di euro hanno rimesso in moto il piano. Il trasporto fuori regione dovrebbe concludersi entro 48 mesi dalla sottoscrizione dei contratti, quindi tra la fine 2028 e gli inizi del 2029, mentre già a cavallo tra 2025 e 2026 dovrebbe completarsi il lavoro dei due impianti di Caivano e Giugliano, che al termine delle operazioni dovrebbero aver trattato complessivamente 1,6 milioni di tonnellate di ecoballe.

1 Commento su "Rifiuti urbani, la Campania punta all’autosufficienza entro il 2029"

  1. Stellario ha detto:

    Ho serie perplesità sul recupero totale dei materiali dismessi e rifiuti potenzialmente infetti prodotti dalla medicazione domiciliare che, sistematicamente, finiscono nell’indifferenziato.
    Per quanto riguarda gli inceneritori, sono scomparsi da tempo sostituiti dai termovalorizzatori che, nella logica del trattamento localizzato dei rifiuti, saranno sostituiti dal generatore a zero emissioni in atmosfera.

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