Europa sempre più attenta ad una corretta gestione dei suoi rifiuti urbani, seppur con differenze profonde tra i vari Stati. Negli ultimi dieci anni il Vecchio Continente ha visto calare le quantità di “municipal waste” prodotte o smaltite in discarica, mentre è parallelamente aumentato il riciclo, con l’Italia tra i Paesi Ue che hanno fatto registrare il maggiore incremento nelle percentuali di recupero di materia dagli rsu: dal 18% del 2004 al 42% del 2014. Lo dimostrano i dati raccolti dall’Agenzia europea per l’ambiente e confluiti in un dossier di recente pubblicazione sulla gestione dei rifiuti urbani nel Vecchio Continente. «Negli ultimi vent’anni i Paesi europei hanno progressivamente mutato il loro approccio alla gestione dei rifiuti urbani – spiega l’Agenzia – passando dalle sole politiche di smaltimento a quelle di prevenzione e riciclo». Ciononostante, riporta in premessa il dossier, sebbene il trend emerso dal confronto dei dati sia complessivamente positivo, non bisogna dimenticare che «i rifiuti urbani rappresentano appena il 10% dei rifiuti complessivamente generati in Europa», che i metodi di calcolo delle performance e la stessa definizione di rifiuto urbano variano da Paese a Paese e dietro il dato generale si nasconde una realtà decisamente più sfumata, con notevoli differenze tra i vari Stati, molti dei quali restano decisamente lontani dai target fissati dall’Ue.
Guardando al dato sulla produzione dei rifiuti, emerge che tra il 2004 al 2014 questa si è ridotta in termini assoluti di 3 punti percentuali, con un calo del 7% nella quantità media di rifiuti prodotti pro capite. Ciononostante, il trend non è stato uniforme tra i vari Stati e mentre in 19 casi si è assistito ad una contrazione delle quantità pro capite, in altri 16 queste sono invece aumentate. Non è il caso dell’Italia, passata dai 540 kg per persona del 2004 ai 488 del 2014. In generale, spiega l’Agenzia, la produzione di rifiuti è aumentata nei Paesi più ricchi, con Danimarca, Svizzera e Germania in testa. Germania che produce più rifiuti di tutti ma che al tempo stesso ne ricicla le quantità maggiori, passando dal 56% del 2004 al 64% del 2014, e che insieme ad Austria, Belgio, Svizzera, Svezia e Olanda ha già raggiunto e superato il target Ue del 50% di riciclo entro il 2020. Più indietro l’Italia, che nonostante le performance record degli ultimi dieci anni, nel 2014 si è fermata a quota 42%: otto punti da recuperare in sei anni non sono tantissimi, certo, ma neppure pochi. Complessivamente, negli ultimi dieci anni il riciclo in Europa è aumentato di dieci punti percentuali, passando dal 23 del 2004 al 33% del 2014. Ai Paesi sotto la media, quasi tutti ad Est, si aggiungono anche Spagna (33%), Portogallo (30%) e Grecia (19%).
All’aumento del riciclo, si legge nel dossier, è direttamente collegato il dato sui conferimenti in discarica, calati di ben quindici punti percentuali in dieci anni e passati dal 49% del 2004 al 34% del 2014. «Lo smaltimento in discarica cala più rapidamente dell’aumento del riciclo – si legge nel dossier – quando le strategie di gestione si spostano verso una combinazione di riciclo ed incenerimento, uniti in alcuni casi al trattamento meccanico biologico». Anche sul fronte discariche restano pesantissime le differenze tra i vari Stati presi in esame: in Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Olanda, Norvegia, Svezia e Svizzera lo smaltimento in discarica di rifiuti urbani è praticamente nullo, mentre Paesi come Cipro, Croazia, Grecia, Lettonia, Malta e Turchia mandano ancora oggi in discarica i tre quarti dei loro rsu. A metà strada l’Italia, che pur riciclando tanto continua a smaltire in discarica il 31% dei suoi rifiuti urbani, complice tra l’altro l’assenza, soprattutto nelle regioni del Sud, di una adeguata rete di impianti di recupero energetico. Un dato, quello italiano, che resta ancora troppo lontano dal target del 10% di smaltimento in discarica entro il 2030 previsto dalle nuove direttive Ue contenute nel pacchetto economia circolare, attualmente in discussione al parlamento di Bruxelles e che prevede, tra gli altri, anche un obiettivo del 60% di riciclo dei rifiuti urbani entro il 2025. Insomma, nonostante gli sforzi profusi nei dieci anni presi in esame dall’Agenzia, soprattutto sul fronte del riciclo, per l’Italia (e per buona parte dell’Europa) la strada da percorrere resta ancora lunga.