Archiviata l’infrazione europea sulla gestione dei rifiuti nel Lazio, chiusa la scorsa settimana dalla Commissione Ue che ha ritenuto ormai sostanzialmente equilibrato il sistema regionale, all’Italia resta da fare i conti con le procedure ancora aperte in campo ambientale e con le relative sanzioni. Tredici i procedimenti attivi, sette dei quali legati alla mancata osservanza delle direttive comunitarie su rifiuti e gestione delle acque reflue urbane. Due in particolare, e cioè quello sulla mancata bonifica delle discariche abusive e quello sull’emergenza rifiuti in Campania, in virtù della duplice condanna inflitta dalla Corte di Giustizia Ue, gravano quotidianamente con il loro carico di multe milionarie sul bilancio dello Stato e sulle tasche dei contribuenti. Una vera e propria fortuna, quella che nel 2016 l’Italia potrebbe arrivare a versare a Bruxelles in termini di sanzioni: 94 milioni di euro. Il condizionale è d’obbligo visto che le sanzioni, anche quelle calcolate su base quotidiana, vengono comminate alla scadenza di ogni semestre e che quindi l’importo esatto di quanto versato nei secondi sei mesi del 2016 sarà reso noto soltanto nelle prime settimane di gennaio. Fare una stima però non è poi così difficile.
Partiamo dalle discariche abusive non bonificate. Duecento i siti per i quali, a dicembre 2014, l’Italia era stata condannata a pagare una maxi sanzione forfettaria da 42 milioni di euro, più una multa pari a 200mila euro a semestre per ogni discarica di rifiuti urbani e 400mila euro per ogni sito contenente rifiuti pericolosi. A giugno 2016, data dell’ultima verifica semestrale, le discariche ancora da bonificare risultavano essere 133, mentre ammontava a circa 140 milioni il computo delle sanzioni complessivamente versate a Bruxelles. Nei tre semestri trascorsi dalla data della condanna, insomma, sono state bonificate 67 discariche, al ritmo cioè di 22 siti l’anno. Ritmo che se venisse mantenuto anche nel secondo semestre del 2016, porterebbe i siti da bonificare ad un totale di 111. Calcolando per ognuno di questi una sanzione minima da 200mila euro, assumendo cioè che tra i siti rimasti non ve ne siano di contenenti rifiuti pericolosi (cosa estremamente improbabile), ne verrebbe fuori una multa semestrale da 22 milioni 200mila euro. Questa, sommata a quella da 27 milioni 600mila relativa al primo semestre, porterebbe il totale per il solo 2016 e per questa sola infrazione a poco meno di 50 milioni di euro.
Decisamente più semplice il conto sul fronte delle sanzioni per l’emergenza rifiuti in Campania. Nel 2016 la mancata chiusura della procedura d’infrazione 2007/2195 dovrebbe costare allo Stato (o meglio ai contribuenti campani) la bellezza di 44 milioni 400mila euro in due tranche semestrali. Con sentenza emessa a luglio 2015 infatti la Corte di Giustizia aveva condannato l’Italia al pagamento di una sanzione una tantum da 20 milioni di euro più 120mila euro per ogni giorno di ritardo nella realizzazione delle infrastrutture necessarie a chiudere il ciclo, ovvero 40mila euro per ogni categoria categoria di impianti da costruire in attuazione del vigente Piano Regionale di Gestione dei rifiuti: discariche, termovalorizzatori e impianti di trattamento dei rifiuti organici. Ad un anno e mezzo dalla sentenza, però, nessun nuovo impianto è entrato in funzione (gli annunciati nuovi impianti per il trattamento dell’organico non diventeranno operativi prima del maggio 2018) né tanto meno la Regione guidata da Vincenzo De Luca è riuscita a dotarsi di un nuovo Piano rifiuti che sostituisca quello del 2012 e che spinga la Commissione Ue a ricredersi sul fabbisogno impiantistico necessario a chiudere il ciclo regionale e a rivedere l’importo delle sanzioni.
Del resto, come spiegava alla scadenza del primo semestre il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, «la Commissione ha ritenuto di dover imporre il pagamento dell’integralità della penalità giornaliera così come prevista dalla sentenza e confermato che “poiché il piano di gestione dei rifiuti in Campania adottato nel 2012 è tuttora vigente, la Commissione Europea non può che continuare a far riferimento a tale piano per definire quale sia la capacità di gestione dei rifiuti necessaria in Campania”». Insomma, anche per il secondo semestre 2016 toccherà sborsare 22 milioni 200mila euro, a meno che Regione Campania non riesca entro la fine dell’anno ad approvare un nuovo Piano, giustificando numeri alla mano la scelta – a più riprese ribadita da De Luca e dal suo vice Fulvio Bonavitacola – di non procedere alla costruzione di nuovi inceneritori e discariche. Una corsa contro il tempo, forse troppo anche per un “uomo del fare” come l’ex sindaco di Salerno.