ROMA. La perdurante mancanza di un deposito unico dei rifiuti radioattivi, l’assenza di un organo di supervisione delle attività di gestione delle scorie, i pesanti ritardi accumulati sul programma di dismissione delle centrali nucleari. La Commissione bicamerale ecomafie prova a fare luce sulle zone d’ombra del panorama radioattivo italiano, tra ritardi ed omissioni, e con il rischio dell’apertura di nuove procedure europee d’infrazione ai danni del Paese. Nelle scorse settimane i deputati e senatori dell’organo parlamentare presieduto dall’On. Alessandro Bratti hanno svolto una serie di audizioni, sopralluoghi ed ispezioni i cui esiti sono confluiti in una relazione ufficiale sulla gestione dei rifiuti radioattivi in Italia, pubblicata ieri nella sua versione ufficiale. Dal documento emergono nette le principali criticità individuate dalla bicamerale d’inchiesta. A partire, naturalmente, dalla “perdurante mancanza – si legge nel documento – di un deposito nazionale ove collocare i rifiuti, oggi distribuiti in numerosi siti sparsi sul territorio nazionale”. Uno dei capitoli più corposi della relazione è quello dedicato ai ritardi nella costituzione dell’Isin, ispettorato per la sicurezza nucleare, mai entrato in funzione per l’impasse sulla nomina di Antonio Agostini a direttore generale. Una designazione, quella del dirigente del ministero dell’Ambiente, che seppur caldeggiata dal Governo non si è mai perfezionata a causa dei forti dubbi sulla idoneità di Agostini, vista la sua pressoché totale inesperienza in materia di nucleare, ma soprattutto per il suo coinvolgimento in un’indagine della magistratura su presunte irregolarità nella gestione di fondi risalenti al periodo in cui era dirigente al ministero dell’Istruzione. Un vuoto di potere, quello ai vertici dell’Isin, che impedisce all’organo di costituirsi concretamente e quindi di svolgere le funzioni cui sarebbe preposto, ovvero vigilare sulla gestione delle scorie in Italia, ma, prima ancora, redigere il programma nazionale per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. Documento che l’Italia avrebbe dovuto completare entro lo scorso 23 agosto, stando a quanto stabilito dalle direttive Euratom. Un ritardo che potrebbe costare all’Italia l’apertura di una nuova procedura d’infrazione europea e che sta costringendo l’Ispra, si legge nella relazione, a svolgere un ruolo da supplente “tanto che – riporta il documento – taluni ritengono inopportuno, se non improprio, che il procedimento per la localizzazione del deposito nazionale prosegua quando le funzioni regolatorie sono ancora svolte da un supplente”. Accanto al capitolo sull’Isin, quello su Sogin, l’ente di stato responsabile delle operazioni di decommissioning e del progetto per il deposito nazionale delle scorie. Ente alle prese nell’ultimo anno con pesanti tagli al budget ed alle attività e che la Commissione auspica, si legge nella relazione, “mostri una maggiore compattezza e migliori le capacità complessive di gestione dei progetti dei quali è responsabile, anche in vista di quello, non semplice, della realizzazione del deposito nazionale, appena avviato”. La relazione è stata depositata nei due rami del Parlamento. Con ogni probabilità sarà la Camera a discutere la relazione, sulla quale potrebbe successivamente essere votata una risoluzione.