Rifiuti radioattivi, i “no” delle Regioni: nessuno vuole il Deposito

di Luigi Palumbo 05/01/2021

Tutti, o quasi, ne riconoscono la necessità ma nessuno, almeno per il momento, sembra volerlo nel proprio giardino. Prende il via con una levata di scudi la delicata fase di confronto tra governo ed enti locali sull’individuazione della località che dovrà ospitare il Deposito Nazionale delle scorie radioattive, apertasi ufficialmente con la pubblicazione della CNAPI, la carta delle aree potenzialmente idonee. Una reazione, quella di sindaci, assessori e governatori, bipartisan e transregionale, ma soprattutto ampiamente prevedibile, in un Paese sempre più restio ad ospitare sul proprio territorio impianti di gestione dei rifiuti di qualunque tipo, figuriamoci se i rifiuti in questione restano pericolosi per centinaia, se non migliaia di anni. Poco importa se quegli stessi rifiuti al momento sono stoccati in siti provvisori: ventuno i depositi temporanei che ospitano scorie stando all’ultimo inventario dell’Isin, per un totale di oltre 31mila metri cubi stoccati. Siti che, nella maggior parte dei casi, non offrono le garanzie che potrà offrire sul piano della sicurezza la struttura ad alta tecnologia immaginata da Sogin. Se costruita e gestita a norma di legge, naturalmente.

Ad aprire il valzer dei “no” il presidente della Regione Basilicata Vito Bardi: «La Regione Basilicata si opporrà con tutte le sue forze ad ogni ipotesi di ubicazione nel proprio territorio del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi – scrive in una nota – ribadiamo la nostra contrarietà a questa scelta, certi di interpretare il comune sentire del popolo lucano che come è noto a tutti ha già manifestato questo orientamento, in maniera composta ma decisa, 17 anni fa quando fu indicato il sito di Scanzano Jonico». Chiara anche la posizione della Regione Lazio, che è in cima alla lista per numero di siti potenzialmente idonei (ben 22).  «Apprezzo l’impegno del Governo per porre fine ai ritardi nella ricerca di un deposito unico – scrive l’assessore regionale all’ambiente Massimiliano Valeriani – ma il territorio del Lazio presenta già un quadro fortemente impattante legato all’inquinamento nucleare di origine industriale e medica. Il Lazio non può sostenere un ulteriore aggravio delle condizioni ambientali».

CNAPI rispedita al mittente anche dalla Regione Sardegna che, scrive il presidente Christian Solinas «ha già pagato fin troppi tributi alla solidarietà nazionale verso lo Stato italiano. Questo stesso Popolo – scrive – ha sempre respinto, e continuerà a farlo con tutte le sue forze, ogni ipotesi di trasformazione dell’Isola in una pattumiera nucleare al centro del mediterraneo, con un danno irreversibile alla propria vocazione turistica ed al suo tessuto economico produttivo». E un fermo “no” al Deposito arriva anche dalla Puglia. «Svolgeremo – scrive in una nota il presidente della Regione Michele Emiliano – tutti gli approfondimenti tecnici del caso, geologici e ambientali, per motivare anche sotto questo aspetto l’incompatibilità di questa scelta irragionevole che contrasteremo in ogni sede». In Sicilia, invece, proprio mentre viene pubblicata la gara europea per l’ampliamento della discarica di Bellolampo, finanziato dalla giunta guidata da Nello Musumeci, l’assessore regionale all’Energia Alberto Pierobon boccia il piano del governo: «Ritengo che la Sicilia abbia già dato tanto dal punto di vista ambientale e che individuare strutture del genere nell’Isola non sia per niente opportuno per tante motivazioni che faremo valere», si legge in un post sulla pagina Facebook di Pierobon.

In Toscana sono invece i sindaci della Val d’Orcia (Castiglione d’Orcia, Pienza, Montalcino, San Quirico d’Orcia e Radicofani) e della Valdichiana (Trequanda, Sarteano, Chianciano Terme, Chiusi, Cetona, San Casciano dei Bagni, Montepulciano, Sinalunga e Torrita di Siena) a bocciare il piano del governo giudicando “irricevibile” l’inserimento nella CNAPI delle località di Pienza e Campagnatico. Una bocciatura che trova sponda nelle parole del governatore Eugenio Giani, affidate ad un post su Facebook: «È contraddittorio valorizzare scenari paesistici che come nel caso della Val d’Orcia diventano patrimoni mondiali dell’Unesco e prevedere poi depositi di scorie di materiale radioattivo nucleare, pur frutto di lavorazioni medicali. Sono convinto che il Governo si ricrederà». Per finire, dal Piemonte, sul cui territorio insistono 8 delle 67 località individuate da Sogin, considerate tra le più idonee ad ospitare il Deposito, tuona il presidente della Regione Alberto Cirio: «Trovo assurdo che una scelta di questa portata sia stata assunta senza un minimo confronto con la Regione e i sindaci dei territori. È inaccettabile che da Roma piovano di notte sulla testa dei cittadini piemontesi decisioni così importanti e delicate che riguardano le nostre vite».

Insomma, delle sette Regioni individuate, nessuna per il momento sembra disposta a collaborare con governo ed enti tecnici, ai quali nei mesi che verranno toccherà il compito quanto mai arduo di conquistare la fiducia degli amministratori locali. «Ora bisogna dare priorità alla fase della consultazione pubblica. Soprattutto in questo momento storico è più importante che mai gestire la partecipazione, assicurare trasparenza, coinvolgere i territori se non si vuole innescare l’ennesimo conflitto sociale ed ambientale» scrive l’On. Rossella Muroni. Un conflitto che, seppure a colpi di post social e note stampa, sembra di fatto già scoppiato.

 

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