Rifiuti, gli impianti di trattamento hanno un problema con gli stoccaggi

di Luigi Palumbo 15/11/2023

Stando alla prima relazione sui controlli negli impianti di trattamento dei rifiuti, meno del 50% delle ispezioni ha restituito piena conformità amministrativa e penale. Su quest’ultimo fronte pesano soprattutto le irregolarità legate agli stoccaggi. Anche per la difficoltà di collocazione di scarti e materiali riciclati. Frittelloni: “Tema da approfondire con gli operatori”


Gli impianti di trattamento dei rifiuti in Italia hanno un problema con gli stoccaggi. Che spesso superano le quantità e i tempi autorizzati, o vengono gestiti in maniera non conforme. Tutte condotte sanzionabili sotto il profilo penale. È un quadro in chiaroscuro quello che emerge dalla prima relazione sui controlli effettuati nel triennio tra 2019 e 2022 dagli operatori del Sistema Nazionale di Protezione Ambientale. Le verifiche si sono concentrate soprattutto sugli impianti di recupero in procedura semplificata, su quelli che trattano veicoli fuori uso, apparecchiature elettriche ed elettroniche e frazione organica, ma anche su quelli che effettuano attività di recupero finalizzato alla cessazione della qualifica di rifiuto. Inclusi naturalmente gli impianti autorizzati ‘end of waste caso per caso’, che dal 2019 sono sottoposti a uno speciale regime ispettivo. Lo scenario emerso dai 1104 sopralluoghi, si legge nella relazione presentata nei giorni scorsi a Ecomondo, restituisce una percentuale di impianti conformi pari al 45,7%. “Più della metà degli impianti controllati – spiega Valeria Frittelloni, direttore del dipartimento valutazioni, controlli e sostenibilità ambientale di ISPRA – è risultato non conforme e questo è un dato che va letto analizzando le non conformità rilevate che forse consegnano un quadro meno allarmante. Nel dato sono ricomprese sia le non conformità di tipo amministrativo (non corretta tenuta del registro di carico e scarico, compilazione dei formulari e del MUD) che quelle di tipo penale che in linea generale sono riconducibili alla gestione degli stoccaggi“.

A fronte di 504 situazioni di conformità, i controlli hanno rilevato 112 casi di violazioni amministrative e 288 irregolarità di rilievo penale, mentre in 200 casi le difformità erano sia penali che amministrative. Se sul fronte amministrativo le principali irregolarità hanno riguardato la non corretta tenuta dei registri di carico e scarico, sul piano penale a pesare sono soprattutto le non conformità degli stoccaggi. In cima alla lista delle irregolarità più ricorrenti, si legge nel rapporto, c’è la gestione non conforme dei rifiuti nelle aree di stoccaggio, seguita dal mancato rispetto del lay-out autorizzato e dal superamento dei tempi di stoccaggio dei rifiuti. Ma le verifiche hanno rilevato anche casi di gestione e stoccaggio di rifiuti in aree non autorizzate, quantità di rifiuti stoccati superiori a quelle autorizzate, mancanza di cartellonistica o di recinzione, commistione di tipologie di rifiuti non ammessa. “Come appare evidente – commenta Valeria Frittelloni – alcune di queste irregolarità che incidono fortemente sulle percentuali rilevate, potrebbero essere facilmente eliminate attraverso una maggiore attenzione gestionale ad una corretta identificazione sia dei rifiuti che delle aree di stoccaggio. La questione più critica, certamente riguarda i superamenti delle tempistiche e delle quantità – aggiunge – per le quali gli operatori lamentano una difficoltà di collocazione dei rifiuti e materiali in uscita dagli impianti“.

Insomma, accanto alle irregolarità causate dalla eventuale condotta colposa – o addirittura dolosa – degli operatori, non è escluso che qualcuna tra le non conformità di rilievo penale legate alla gestione degli stoccaggi possa essere stata determinata anche da rallentamenti e strozzature nel mercato nazionale dei rifiuti e dei materiali riciclati. Del resto, se mancano spazi per lo smaltimento o recupero degli scarti delle lavorazioni o se il mercato delle materie prime seconde non funziona, gli impianti si riempiono. Talvolta fino a superare i limiti autorizzati. È successo l’anno scorso con gli impianti di trattamento raee, travolti dallo tsunami di vecchie tv alimentato dal bonus rottamazione. Sta succedendo con gli impianti di riciclo dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione, che lamentano l’impossibilità di collocare sul mercato la metà degli aggregati recuperati prodotti. “Bisognerebbe analizzare se si tratta si superamenti di quantitativi giornalieri o annuali – chiarisce però Frittelloni – inoltre gli sbocchi di mercato dei rifiuti trattati o delle MPS devono essere valutati in maniera diversa se stiamo parlando di controlli sugli impianti ‘end of waste’, per i quali dobbiamo rammentare che l’esistenza del mercato e della domanda rappresenta una delle condizioni per la cessazione della qualifica di rifiuto. Credo che sarebbe molto proficuo approfondire questi aspetti – spiega – anche con gli operatori e siamo disponibili a farlo. Quello del mercato del materiale riciclato è un tema a cui siamo sensibili tanto che il Ministero dell’Ambiente lo ha inserito fra le azioni fondamentali della Strategia Nazionale sull’Economia Circolare”.

Tornando ai numeri della relazione, anche se meno di un impianto su due tra quelli controllati è risultato pienamente in regola sotto il profilo amministrativo o penale, la lettura dei dati in prospettiva lascia spazio a un cauto ottimismo. “Sulle non conformità di tipo amministrativo – dice Frittelloni – credo che l’entrata in vigore del RENTRI con l’informatizzazione dei sistemi di tracciabilità porterà a una riduzione sostanziale dei problemi rilevati. Per le non conformità di tipo penale nella maggior parte dei casi le Agenzie, ad esito delle attività di controllo, hanno attivato la procedura di estinzione del reato di tipo contravvenzionale ai sensi del disposto dell’art. 318-ter del D.lgs. 152/06, questo vuol dire che c’è stata una regolarizzazione attraverso l’adempimento delle prescrizioni impartite per via amministrativa con il pagamento della sanzione. Questi elementi evidenziano la collaborazione del soggetto sottoposto al controllo e la volontà di regolarizzare l’attività di gestione dei rifiuti. In linea generale – aggiunge – posso dire che la stessa incidenza di non conformità veniva rilevata agli inizi delle attività di controllo AIA e in quel caso l’abitudine al controllo ha aiutato i gestori ad una maggiore consapevolezza, quindi sono abbastanza confidente che l’azione messa in campo comporterà un miglioramento generale che è l’obiettivo sia del Ministero dell’Ambiente che del SNPA”.

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