Proibire le esportazioni di rifiuti in plastica fuori dai confini dell’UE, con effetto immediato per i Paesi non-OCSE. Lo chiede il Parlamento UE nella sua proposta di riforma del regolamento sulle spedizioni di rifiuti, approvata oggi dalla plenaria
Proibire l’export di rifiuti in plastica verso i Paesi non-OCSE e arrivare nel giro di quattro anni a chiudere anche i canali diretti verso i Paesi OCSE. È la richiesta avanzata dal Parlamento europeo, che oggi ha approvato a larga maggioranza la relazione della commissione ambiente con gli emendamenti alla proposta di riforma del regolamento sulle esportazioni di rifiuti presentato a novembre del 2021 dalla Commissione europea. La posizione dell’europarlamento sarà ora oggetto dei negoziati con il Consiglio, che però non ha ancora adottato una proposta ufficiale.
La riforma del regolamento diventerà operativa a tre anni dall’entrata in vigore e riscriverà le regole delle esportazioni di rifiuti fuori dall’UE, ma anche le condizioni per la loro circolazione tra Stati membri. L’obiettivo della Commissione è quello di limitare le movimentazioni, anche illegali, delle frazioni più problematiche, come gli scarti di plastiche miste, le batterie o i pezzi di apparecchiature elettriche ed elettroniche, promuovendo al tempo stesso lo sviluppo dell’industria europea del riciclo. “Le nuove norme renderanno più facile combattere la criminalità in materia di rifiuti all’interno e all’esterno dell’UE” ha dichiarato la relatrice per il Parlamento Pernille Weiss.
Il testo approvato dalla plenaria fa suo l’impianto generale della riforma presentata dalla Commissione, appoggiando la proposta di subordinare le esportazioni di tutti i rifiuti non pericolosi verso i paesi non OCSE alla richiesta ufficiale del Paese di importare rifiuti non pericolosi dall’UE e alla dimostrazione, tramite audit indipendenti, di poterli recuperare in modo corretto. Pieno supporto anche alla proposta di un monitoraggio attento delle esportazioni verso i paesi OCSE, e di una loro sospensione in caso di mancanza di informazioni sulla sostenibilità del trattamento negli impianti di destino.
Sui rifiuti in plastica invece il Parlamento chiede un ulteriore giro di vite rispetto alla proposta di Bruxelles, con lo stop immediato alle esportazioni verso i paesi non OCSE e un ‘phase out’ che in quattro anni porti a proibire anche quelle verso i paesi OCSE. Una misura che il testo chiede di accompagnare con l’introduzione di obblighi di contenuto minimo di materia riciclata nei nuovi prodotti, “in particolare, ma non solo, per quelli fatti in plastica” si legge. “Stiamo spingendo per un’economia molto più innovativa e circolare ovunque sia coinvolta la plastica. Questa è una vera vittoria per le prossime generazioni” ha commentato Weiss.
Dal canto suo la Commissione europea difende la scelta di non mettere al bando le esportazioni di plastica. “Stando alla normativa internazionale, una restrizione totale del mercato può essere disposta solo se non esistono misure alternative per raggiungere gli stessi obiettivi – ha chiarito ieri nel corso della plenaria il Commissario UE all’ambiente Virginius Sinkevicius – in questo caso pensiamo che la nostra proposta sia efficace e proporzionata. Guarderemo con attenzione alla proposta del Parlamento, ma dovremo assicurarci che il testo finale rispetti i nostri impegni internazionali”. Difficile insomma che il bando all’export di rifiuti in plastica chiesto dalla plenaria possa finire nella versione finale del regolamento che emergerà dal confronto con Bruxelles e gli Stati membri.
Sul fronte delle spedizioni intra UE il Parlamento propone, tra l’altro, di alleggerire ulteriormente il carico burocratico per le aziende e di allentare la proposta di Bruxelles di uno stop alle spedizioni di rifiuti destinati allo smaltimento, prevedendo la possibilità, in casi particolari, di stabilire accordi multilaterali tra Stati membri per condividere la capacità degli impianti.
Al pari della proposta di Bruxelles, anche quella dell’europarlamento è stata duramente criticata dalle imprese del waste management e del riciclo. “Il Parlamento – scrive in una nota EuRIC, l’associazione dei riciclatori – ha purtroppo rafforzato l’approccio unico per tutte le restrizioni all’esportazione. Ciò significa che ai rifiuti di plastica mista di bassa qualità si applicano le stesse restrizioni previste per le materie prime di alto valore derivanti dal riciclo, per le quali l’accesso ai mercati europei e internazionali è essenziale per preservare la competitività dell’industria europea del recupero”.
Complessivamente, ricorda infatti EuRIC, appena il 12% delle materie prime utilizzate dall’industria europea proviene dal riciclo. Secondo le imprese, senza una chiara distinzione tra materia riciclata e rifiuti, la chiusura dei canali dell’export in assenza di mercati di sbocco interni all’Unione provocherebbe il crollo delle quotazioni dei materiali riciclati per eccesso di offerta, con ripercussioni a cascata anche sulle attività di raccolta e trattamento dei rifiuti. “I materiali riciclati fanno già fatica a competere con le materie prime naturali. Se verranno adottate le attuali proposte di spedizione dei rifiuti, questa sarà un’altra grave battuta d’arresto per le industrie europee del riciclo e per le nostre ambizioni climatiche”, ha commentato il segretario generale di EuRIC Emmanuel Katrakis.
“Molte aziende potrebbero dover chiudere – avvertiva l’associazione d’imprese FEAD – con perdite dirette e indirette di posti di lavoro”. I riciclatori temono contraccolpi pesanti soprattutto sui mercati della carta da macero e dei rottami, che rappresentano i tre quarti dei volumi di materia riciclata che finiscono fuori dall’UE. Su 32 milioni di tonnellate esportate nel 2020, infatti, 17 erano rappresentati dai rottami in ferro non assorbiti dalle acciaierie europee, che le imprese del riciclo hanno esportato soprattutto verso la Turchia (OCSE), mentre 7 erano carta da macero, inviata oltre che in Turchia anche in India e Indonesia (entrambi non-OCSE).
“Più del 50% del fatturato di alcuni riciclatori dipende dalle esportazioni al di fuori dell’UE, semplicemente perché non c’è una domanda sufficiente in Europa” spiegava FEAD. In Irlanda, ad esempio, non ci sono cartiere né grandi fonderie di metalli, motivo per cui i mercati di sbocco dei materiali riciclati “sono principalmente al di fuori dell’UE (circa l’80 % delle esportazioni nel 2021), e in particolare in India nel caso della carta (quasi il 30 % delle esportazioni nel 2021)” chiariva l’associazione. Il rischio, paradossale, è che i rifiuti un tempo riciclati possano finire invece in discarica o inceneritore, o addirittura nei canali del traffico illecito. Proprio quelli che la proposta di regolamento punta a drenare.
“Gli Stati membri devono ora agire rapidamente – ha sottolineato Katrakis – o rischieremo livelli senza precedenti di incenerimento e smaltimento in discarica di risorse preziose”. Insomma riflettori puntati sulla proposta del Consiglio, che una volta adottata darà il via ufficiale alle negoziazioni. “Auspichiamo un progresso rapido sotto la presidenza svedese – ha sottolineato il Commissario Sinkevicius – per tenere il passo dei progressi fatti dal Parlamento e arrivare nel più breve tempo possibile e senza ulteriori rinvii all’applicazione delle nuove e ambiziose regole”.