Vale mezza manovra finanziaria e cresce ad un ritmo più spedito del Pil, ma continua a reggersi sulla tassa comunale e, paradossalmente, non è eco compatibile. Luci e ombre del comparto italiano di gestione e recupero dei rifiuti, stando a quanto emerge dal Waste Strategy Annual Report 2017, elaborato da Althesys e presentato oggi a Roma nell’iniziativa “Rifiuti, una Strategia Nazionale verso il 2030”. Un quadro in chiaroscuro, che ritrae un settore in crescita ma tuttora privo di una vera e propria strategia: i dati positivi per il comparto sono infatti disomogenei sul territorio e gli interventi normativi nazionali, tanto quanto le scelte amministrative locali, sebbene indicati come necessari ormai da anni sono ad oggi congelati (come l’istituzione dell’Authority) o relegati a caso particolare (come l’applicazione della tariffa puntuale).
«Il settore italiano della gestione dei rifiuti urbani sta attraversando una delicata fase di transizione, caratterizzata dalla crescita dei player industriali e dal persistere di criticità nel quadro normativo e di governance – avverte Alessandro Marangoni, amministratore delegato di Althesys, presentando il rapporto – serve una strategia che, oltre a prevedere stabilità normativa, un’Autorità di regolazione indipendente e un adeguato piano infrastrutturale, richiede uno sforzo notevole su più fronti: un forte aumento della quantità e qualità della raccolta differenziata e del riciclo, consistenti investimenti in nuova capacità di termovalorizzazione, di trattamento dell’organico e di valorizzazione delle matrici riciclabili. Il tutto favorendo l’industrializzazione del settore, agevolando i processi di aggregazione e creando le condizioni per finanziare gli investimenti».
La crescita è testimoniata dai numeri del report: complessivamente i 100 principali operatori del segmento rifiuti urbani hanno prodotto valore per 7,5 miliardi di euro, registrando un aumento del 3,8% sul 2015 (nello stesso periodo il Prodotto Interno Lordo in Italia è aumentato dell’1,5%). Un dato che arriva a sfiorare quota 10 miliardi con l’aggiunta dei numeri delle 114 imprese che si occupano di recupero di materiali, ma il sistema continua ad essere finanziato dal pagamento della Tari da parte dei cittadini mentre la tariffazione puntuale (che incentiverebbe sia una riduzione della produzione di rifiuti che una maggiore qualità nel conferimento delle varie frazioni di differenziata) ad oggi pesa soltanto il 3,3% di quanto raccolto con la tassa/tariffa rifiuti. Sul fronte prettamente industriale il comparto sta compattando i segmenti di raccolta e selezione dei rifiuti, e quindi di valorizzazione dei materiali. Un consolidamento figlio di una visione industriale del settore soprattutto al Nord (attraverso acquisizioni e cessioni di quote societarie), mentre nel Mezzogiorno prevalgono affidamenti in house, o comunque di appalti, privi di visione strategica o prospettive di crescita. La crescita dei grandi gruppi è dimostrata ancora una volta dai dati: nel 2016 le prime dieci aziende di selezione hanno coperto il 37% circa del valore della produzione totale. Resta, tuttavia, un quadro disomogeneo: larga parte degli operatori (74%) tratta molteplici materiali, mentre il 15% si focalizza su uno solo (tipicamente carta, plastica o vetro) e l’11% circa su due materiali (per lo più carta e plastica o plastica e metalli).
È dal confronto con i principali Paesi dell’Unione che emergono i ritardi del sistema nostrano: l’Italia ha ancora deficit impiantistici significativi nella termovalorizzazione che l’alto livello di riciclo compensa solo in parte. Anche l’ecotassa sulle discariche è molto più bassa che nel resto d’Europa (in totale, meno di 127 milioni di euro, per una media di 17 euro a tonnellata, a fronte di una media europea di circa 80) e solo una parte minima (18%) è riservata ad interventi in ambito ambientale. In altre parole, il sistema non spinge nella direzione dell’economia circolare, come richiesto dalla UE. «L’analisi internazionale svolta in questa edizione del WAS – sottolinea ancora l’Ad Marangoni – evidenzia la necessità che il nostro Paese adotti una strategia dei rifiuti che sia politica industriale oltre che ambientale. Serve poi maggior unitarietà normativa a livello nazionale e un equilibrio tra regolazione e mercato in tutte le fasi della filiera, in particolare quelle del recupero dei materiali».