Dagli imballaggi ai rifiuti organici, dalle apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso ai veicoli a fine vita: cresce l’Italia del recupero di materia dai rifiuti, anche se il percorso verso l’allineamento ai dettami dell’Europa in tema di economia circolare resta lungo e non privo di ostacoli. È la fotografia scattata da Fise Unire (associazione confindustriale che raccoglie le imprese del recupero di materia da rifiuti) e dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile nel rapporto “L’Italia del Riciclo 2015”, che anche quest’anno traccia il ritratto della filiera industriale italiana del recupero di materia. Filiera che vede nella gestione degli imballaggi la sua punta di diamante.
Nel 2014 il 66% del packaging post consumo raccolto è stato avviato a riciclo, in aumento del 2% rispetto al dato del 2013. Questo nonostante la contrazione dei consumi. L’anno scorso sono state riciclate complessivamente 7,808 milioni di tonnellate con incrementi in tutti i comparti, e tassi complessivi di riciclo da eccellenza per carta (80%), acciaio (74%), alluminio (74%) e vetro (70%). Dati che, almeno in parte, vedrebbero l’Italia allineata ai nuovi target di riciclo proposti dalla Commissione Europea con il nuovo pacchetto di misure sull’economia circolare: entro il 2025 ogni Stato dovrà riciclare almeno il 65% dei suoi rifiuti da imballaggio e, nello specifico, il 55% della plastica, il 60% del legno, il 75% dell’acciaio, dell’alluminio, del vetro e della carta.
«Sia pure in modo non omogeneo, perché permangono zone di arretratezza in alcune Regioni, il sistema del riciclo dei rifiuti – ha affermato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – in Italia è ormai decollato con numeri di livello europeo. Ora però, con le modifiche proposte dalla Commissione europea a tutte le Direttive sui rifiuti e, a fronte dei nuovi obiettivi di riciclo più impegnativi al 2025 e al 2030, sarà necessario – ha aggiunto Ronchi – recuperare anche le zone ancora arretrate, aumentare e migliorare le raccolte differenziate, procedere a rafforzare industrializzazione e innovazione nel settore».
Nessun target è stato fissato nel nuovo pacchetto per il riciclo dei rifiuti organici, con la raccolta che in Italia, stando al Rapporto, è cresciuta del 9,5% rispetto al 2013 per un totale di 5,7 milioni di tonnellate. Bene anche il riciclo degli pneumatici con 129mila tonnellate recuperate nel 2014, e quello dei rifiuti tessili che aumenta del 12% con 124mila tonnellate.
Dove la situazione resta critica, invece, è sul fronte del recupero dei raee e dei veicoli a fine vita. Stando alla nuova disciplina europea in materia di rifiuti elettrici ed elettronici, infatti, entro la fine del 2015 ogni stato dovrà raccogliere 4 kg pro-capite di raee, passando poi a 7,5 kg entro il 2018 e a 10 kg entro il 2019. Netto il ritardo dell’Italia, che pur con un aumento del 3% rispetto all’anno precedente nel 2014 ha raccolto circa 3,81 kg di raee pro-capite.
Non va meglio sul fronte del recupero dei veicoli a fine vita. A partire dal primo gennaio del 2015, infatti, ogni Stato membro è obbligato a recuperarne il 95% in peso, riciclando l’85% ed avviando a recupero energetico il restante 10%. Con un 80,3% riciclato nel 2014, l’Italia resta ancora lontana dal target europeo, mentre le percentuali di recupero energetico, soprattutto in virtù di criticità irrisolte nella normativa nazionale, restano di gran lunga al di sotto del 5%.
«È necessario scoraggiare lo smaltimento in discarica e migliorare la qualità dei materiali raccolti – ha dichiarato Anselmo Calò, Presidente di Unire – nonché razionalizzare e semplificare il contesto normativo. Anche in considerazione della discussione sul nuovo pacchetto sull’economia circolare, è necessario superare i punti non chiari e conflittuali fra le diverse legislazioni, in modo da agevolare il riciclo di materiali che non comportano rischi ambientali effettivi».
Uno speciale capitolo del Rapporto è stato dedicato al tema dell’import-export di rifiuti, fenomeno che nel 2014 ha visto i confini italiani attraversati da circa 10 milioni di tonnellate di rifiuti, tra urbani e speciali, 5,9 dei quali importati e 3,8 esportati. I flussi in importazione riguardano soprattutto le imprese del nord, e sono costituiti per il 77% da rottami ferrosi, che vengono riutilizzati nelle acciaierie italiane. Quanto all’export, invece, il 24% del totale è formato da plastica e carta, ma il 60%, non rientra in nessuna delle tradizionali filiere ed è composto in buona parte da scarti pericolosi. Tra il 2009 e il 2014, si è registrata una crescita del 60% dei rifiuti importati, mentre quelli esportati sono aumentati del 10%. Un dato interessante emerge dal raffronto tra i due flussi: circa 450mila tonnellate di rifiuti importati, infatti, equivarrebbero per volume e tipologia a rifiuti esportati. Per carta, plastica e, in buona parte, per i metalli non ferrosi, le quantità importate potrebbero essere sostituite da quelle destinate all’esportazione.