Senza interventi sul prezzo dell’energia le attività di riciclo della plastica rischiano di fermarsi, e con loro le raccolte differenziate, lasciando per terra centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti. Il presidente di Assorimap Walter Regis: “Credito d’imposta non basta più, serve tetto al prezzo del mWh”
La spirale impazzita dei rincari energetici minaccia di travolgere i sistemi di raccolta differenziata e di lasciare per terra aziende e rifiuti. Oltre a quella cartaria, è la filiera del riciclo meccanico della plastica a risultare la più esposta ai colpi del caro bollette. “Le nostre sono aziende manifatturiere, oltre che energivore – dice Walter Regis, presidente di Assorimap – prima della crisi il costo dell’energia, rispetto al costo totale di produzione e al netto dei costi di approvvigionamento, era del 30%. Oggi invece bisogna moltiplicarlo per tre o quattro volte“. Per ora tra i riciclatori si salva chi in passato è riuscito a strappare contratti di fornitura bloccati. “Ce ne sono diversi con scadenza al dicembre 2022 – spiega Regis – che ancora garantiscono alle aziende margini di produzione”. Per tutti gli altri invece, bollette anche quadruplicate e margini sempre più risicati o, in alcuni casi, già azzerati. E nessuna alternativa al rallentamento o al fermo della produzione.
“Al momento le nostre aziende sono arrivate a sospendere anche il 40% delle attività – chiarisce il presidente di Assorimap – la connessione tra imprese del riciclo e mondo dell’economia circolare espone inevitabilmente a un forte rischio i sistemi di raccolta differenziata“. Il fermo totale delle lavorazioni si tradurrebbe infatti nel blocco dei conferimenti di rifiuti in plastica agli impianti di riciclo, lasciando in balia di un destino incerto centinaia di migliaia di tonnellate di scarti post consumo generati da cittadini e imprese. Quelli che lo scorso anno le aziende del riciclo meccanico hanno convertito in circa 800mila tonnellate di polimeri riciclati.
Fermare le lavorazioni significherebbe tra l’altro allontanarsi ulteriormente dai target di legge fissati dall’Unione Europea. Per gli imballaggi in plastica da raccolta urbana (che rappresentano il 70% dei volumi in ingresso negli impianti di riciclo) con il suo 48% l’Italia non è troppo distante dal target del 50% al 2025, ma una eventuale battuta d’arresto delle attività di riciclo renderebbe di gran lunga più complicata la rincorsa. Anche perché da quest’anno le percentuali andranno calcolate con il nuovo metodo unificato a livello europeo, che è molto più severo di quello adottato fino a oggi e che, secondo alcune stime, potrebbe farci perdere fino a dieci punti percentuali.
Le misure messe in campo dal governo hanno fin qui scongiurato la paralisi, ma gli aumenti fuori controllo dei prezzi di luce e gas le rendono ogni giorno meno efficaci. “Il governo è intervenuto con il credito d’imposta – spiega Regis – ma è una misura che riteniamo non più adeguata alla luce delle attuali dinamiche di prezzo. Anche parlare di 25% o 30% non è più sostenibile per le imprese”. Il problema è che l’andamento folle dei mercati energetici impedisce alle aziende di programmare le proprie attività. “Per le imprese poter conoscere i prezzi della produzione è indispensabile, oltre che per scegliere se proseguire o meno le lavorazioni, anche per poter stabilire il prezzo finale al cliente”. L’unica alternativa, spiega Assorimap, è fissare un tetto al prezzo dell’energia. “Un valore massimo che noi abbiamo calcolato nell’ordine dei 200 euro per mWh – dice Regis – quindi già maggiorato rispetto ai costi che le imprese sostenevano lo scorso anno, intorno agli 80 euro. Del resto è questa la strada che altri Paesi europei hanno già scelto di percorrere”.