Già 153.000 unità locali registrate al nuovo sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti. Una “partenza incoraggiante”, secondo il ministro Pichetto, che di fatto archivia l’ipotesi di proroga
Altro che proroga. Non solo la nuova tracciabilità dei rifiuti è partita, ma la sua è “una partenza incoraggiante” garantisce il Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin in una nota diramata a una settimana esatta dallo ‘switch day’ del 13 febbraio scorso, data di pensionamento dei vecchi modelli di registri e formulari ma, soprattutto, data di avvio della prima fase di operatività del nuovo sistema informatico RENTRi, con l’obbligo per gli iscritti di tenere il registro in modalità esclusivamente digitale. Una transizione non senza difficoltà sul piano operativo, come raccontato ieri da Ricicla.tv, ma senza particolari scossoni sotto il profilo tecnologico: 153.000 le unità locali, appartenenti a 79.000 operatori economici, che si sono iscritte, si legge nella nota. In poco più di 7 giorni, comunica il MASE, sono già stati vidimati digitalmente tramite circa tre milioni di formulari e 94.000 registri di carico e scarico, per complessive 180.000 movimentazioni comunicate al portale. Un incremento di iscritti “del 100% rispetto alle stime previste”, con oltre 34 mila adesioni volontarie tra i produttori di rifiuti, alle quali non è escluso possano aver contribuito le difficoltà segnalate dalla nostra testata nelle procedure di vidimazione dei registri cartacei.
Il MASE rompe così un silenzio che andava avanti da più di un anno: se si esclude l’intervento del vice ministro Vannia Gava in un question time alla Camera dello scorso ottobre, l’ultima comunicazione ‘politica’ sul RENTRi risale addirittura al novembre 2023, in occasione della pubblicazione delle regole tecniche per l’iscrizione alla piattaforma e lo sviluppo dei servizi di interoperabilità. Silenzio all’apertura delle prime iscrizioni, silenzio all’avvio dei registri digitali lo scorso 13 febbraio. E visto che è improbabile che a Via Cristoforo Colombo abbiano sottovalutato il valore epocale del passaggio verso la nuova tracciabilità dei rifiuti, più verosimilmente si è trattato di una scelta di prudenza rispetto alle fibrillazioni che hanno accompagnato l’operazione, soprattutto nell’ultima fase. Troppi gli appelli per una proroga, troppe le incognite per intestarsi una vittoria che rischiava (e per certi versi ancora rischia) di essere smentita dai fatti. Almeno per il momento, però, i numeri sembrano giocare a favore del RENTRi. E del ministro. Che per questo ha scelto di snocciolarli nella nota diramata dall’ufficio comunicazione del MASE.
Ma il comunicato di Pichetto è anche, forse soprattutto, un messaggio indirizzato agli alleati di governo, Lega in testa, e all’intero arco parlamentare. “Il RENTRi funziona e andrà avanti”: va letta così, in filigrana, la nota del ministro. Stando a quanto apprende Ricicla.tv, infatti, nelle ultime settimane sarebbe aumentata la distanza tra il posizionamento del ministro forzista, che vuole tirare dritto sull’attuazione della nuova tracciabilità per non lanciare brutti segnali all’Ue, e quello della vice ministro leghista Gava, dimostratasi più incline ad assecondare i mal di pancia degli operatori e le loro richieste di proroga. Tanto da aver ispirato, secondo quanto riferito alla nostra testata, il blitz del Senato che ha inserito nella legge di conversione del ‘milleproroghe’ un rinvio di 60 giorni, dal 13 febbraio al 14 aprile, della data di avvio del RENTRi e dei nuovi modelli di registri e formulari. Un tentativo maldestro, oltre che fuori tempo massimo, visto che solo poche ore dopo l’approvazione dell’emendamento (di iniziativa Lega ma sottoscritto dalle principali forze politiche di maggioranza e opposizione) la nuova tracciabilità ha fatto il suo debutto ufficiale, mentre il ‘milleproroghe’ è stato approvato solo oggi alla Camera in via definitiva.
La proroga per ora insomma non c’è, ed è più che probabile che non ci sarà mai, nemmeno dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del ‘milleproroghe’. Per disporre l’allungamento di 60 giorni chiesto dal Senato, infatti, serve che il ministro adotti entro 30 giorni un decreto che modifichi il cronoprogramma della nuova tracciabilità. Un decreto per modificare un altro decreto, il dm 59 del 2023. Quest’ultimo, però, prima dell’adozione ufficiale è stato inviato a consultazione in Ue, e la stessa sorte toccherebbe quindi al nuovo provvedimento, incluso il periodo obbligatorio di ‘stand still’ di 90 giorni. Tempi che che collocherebbero l’entrata in vigore del decreto ministeriale in ogni caso dopo il 14 aprile. Se il MASE decidesse di non inviare il provvedimento in Ue (eventualità alquanto remota, visto che sulla tracciabilità è già aperta una procedura d’infrazione) il risultato cambierebbe di poco. Tra i tempi del ‘milleproroghe’ (che dovrebbe entrare in vigore a giorni) e quelli del nuovo decreto ministeriale, nella migliore delle ipotesi il rinvio scatterebbe infatti nella seconda metà di marzo, tra il 23 e il 24, riportando la tracciabilità al vecchio sistema per meno di un mese, per poi far ripartire il nuovo regime dal 14 aprile. Follia.
Passando dal piano della speculazione politica a quello – ben più serio – dell’operatività delle imprese, i primi giorni di vita della nuova tracciabilità non hanno fatto registrare criticità particolari sul fronte tecnologico, ma l’incertezza resta alta per i nodi irrisolti nelle modalità operative, nelle istruzioni di compilazione dei nuovi registri e formulari e nel loro rapporto con la normativa nazionale di riferimento. Nelle ultime ore sta facendo discutere la pubblicazione sul portale di supporto RENTRi di una serie di casi d’uso, riferiti principalmente a trasportatori e impianti, rimasti fuori dai decreti direttoriali adottati nei mesi scorsi. La pubblicazione ha colto di sorpresa imprese, consulenti e software house, con queste ultime già in affanno nell’adeguare i gestionali utilizzate dalle imprese e formarle sulle modalità operative. Il rilascio delle nuove casistiche, lamentano gli operatori, costringerà a ulteriori aggiustamenti in corso d’opera e per di più senza la possibilità di mettere in discussione eventuali errori o incongruenze, come invece è stato nel caso dei decreti direttoriali su modalità operative e istruzioni di compilazione, sottoposti a una fase di consultazione prima della pubblicazione.