Con oltre 310mila tonnellate raccolte e avviate a trattamento, nel 2018 il sistema italiano di gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, i Raee, segna un nuovo balzo in avanti. Quasi 5 i punti percentuali guadagnati sull’anno precedente, che portano a 5,14 i kg di pattume elettronico raccolti per ogni cittadino. Un aumento importante, che tuttavia non basta a raggiungere gli ambiziosi target Ue.
Stando alle direttive europee in materia, infatti, entro il 2016 ogni Stato avrebbe dovuto raccogliere il 45% in peso dell’immesso a consumo, pari in Italia a circa 7,5 kg pro capite ogni anno. Target dal quale l’Italia, con poco più di 5 kg, è ancora lontana. E il gap rischia di farsi decisamente più ampio. visto che a partire dal gennaio 2019 l’obiettivo è passato dal 45 al 65%, pari a circa 10 kg. Un target ambizioso, rispetto al quale siamo in pesante ritardo.
I dati sono stati presentati questa mattina dal Centro di Coordinamento Raee, che organizza la raccolta sul territorio nazionale curata dai sistemi collettivi dei produttori e importatori di apparecchiature tecnologiche in Italia. Un servizio fondamentale, vista la duplice natura dei Raee: una autentica miniera di materiali riciclabili – tra ferro, vetro, plastica e oro – ma anche una potenziale minaccia per l’uomo e l’ambiente data la presenza al loro interno di sostanze pericolose. Ecco perché vanno raccolti e avviati a corretto trattamento.
Nel 2018, spiega il Cdc Raee, l’Italia ne ha raccolte ben 310mila 620 tonnellate (superando per la prima volta quota 300mila) con un +4,84% sul 2017. «Il Nord Italia supera la soglia dei sei chilogrammi pro capite – spiega il direttore del Cdc Giorgio Arienti, seguito dal Centro che oltrepassa i cinque kg, mentre Sud e Isole sono poco oltre i 3,5 kg per abitante. La media italiana – pari a 5,14 chilogrammi pro capite – deriva da risultati regionali molto disomogenei: una regione (Valle d’Aosta) è oltre i dieci kg, quattro regioni (Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Toscana e Sardegna) sono oltre i sette, ma ci sono anche tre regioni (Campania, Puglia e Sicilia, nelle quali vive un quarto della popolazione italiana) che non raggiungono i tre chilogrammi per abitante».
Guardando ai vari raggruppamenti, primo per quantità è il cosiddetto R2, ovvero i grandi elettrodomestici come lavatrici, lavastoviglie e frigoriferi, con 101mila 756 tonnellate, mentre sono solo 1962 le tonnellate raccolte in R5, ovvero il raggruppamento dei piccoli Raee come smartphone e tablet. Segno che c’è ancora da lavorare per pubblicizzare il cosiddetto conferimento “1 contro 0”, ovvero la possibilità di consegnare gratuitamente presso i punti vendita della grande distribuzione i propri “piccoli Raee” senza l’obbligo di acquistare un prodotto equivalente.
Anche il mancato decollo del conferimento “1 contro 0” contribuisce a tenere lontana l’Italia dagli ambiziosi target Ue di raccolta. Anche, ma non solo. «È indispensabile che lo Stato si domandi dove siano i Raee che mancano all’appello – dice Arienti – cerchi di capire perché, nonostante l’obbligo previsto dal D.Lgs. 49/2014, questi “flussi paralleli” non compaiano in alcun rapporto, scopra i soggetti che li gestiscono».
Soggetti tra i quali c’è chi è sempre pronto a “drenare” rifiuti elettrici dal canale ufficiale per smantellarli alla buona, recuperando solo i materiali rivendibili e smaltendo quanto resta in maniera abusiva. Un sottobosco di raccoglitori e impianti poco trasparenti che gli addetti ai lavori indicano col termine di “canale informale”. Proprio oggi un’operazione dei Carabinieri Forestali di Ancona ha portato alla luce “un’organizzazione criminale finalizzata all’accumulo di 11.000 tonnellate di rifiuti pericolosi prodotti dalla frantumazione dei monitor e televisori a tubo catodico, abbandonati presso gli spazi aziendali di due ditte nei Comuni di Falconara ed Agugliano”. Operazione dal nome decisamente evocativo “RAEhELL”.
«Raee trattati come rifiuti ingombranti o metalli, Raee depredati dei componenti più facili da togliere (e rivendere) e poi abbandonati in discariche abusive, Raee esportati illegalmente, come se fossero apparecchiature usate ancora funzionanti… Tutto questo – dice Arienti – è conseguenza della mancanza di adeguati controlli lungo la filiera e danneggia in modo pesante sia l’ambiente sia gli impianti di trattamento dei Raee che rispettano gli standard di qualità definiti dal Centro di Coordinamento Raee».