Il Pnrr punta il dito sulla “insufficiente capacità di pianificazione delle regioni” e rimette al centro il Programma nazionale di gestione dei rifiuti per “colmare i divari” tra le varie aree del Paese
“Insufficiente capacità di pianificazione delle regioni” e “debolezza della governance”. Sono queste le principali cause della “assenza di una rete integrata di impianti di raccolta e trattamento dei rifiuti”, secondo quanto si legge nel Programma nazionale di ripresa e resilienza disegnato dal governo guidato da Mario Draghi. La cura proposta? Non finanziamenti a pioggia ma semplificazioni normative per accelerare gli investimenti, sia pubblici che privati, e ben due piani strategici per colmare i gap tra le varie aree del territorio nazionale. Nell’articolato mix di investimenti e riforme che dà corpo al Pnrr, al capitolo sull’economia circolare vincono insomma di gran lunga le seconde. Ma partiamo dai soldi. Sugli oltre 200 miliardi del Programma, sono 68,65 quelli appostati sulla missione “Rivoluzione verde e Transizione ecologica”. “La dotazione complessiva di questa missione è la più cospicua tra le sei proposte – ha spiegato il presidente del Consiglio Draghi presentando il Pnrr alla Camera – questa prevede misure per migliorare la gestione dei rifiuti e per l’economia circolare, rafforza le infrastrutture per la raccolta differenziata, e ammoderna o sviluppa nuovi impianti di trattamento rifiuti”.
E non è un caso che il premier parli di “misure” e non di fondi o finanziamenti, perché sebbene la missione sia la più cospicua tra le sei, solo 2,1 miliardi vengono destinati al capitolo economia circolare: 1,5 per migliorare la rete impiantistica per il trattamento e il recupero dei rifiuti, soprattutto al Sud, e 600 milioni per progetti “faro” su filiere strategiche come rifiuti elettrici, tessili e plastica. L’obiettivo, si legge, è quello di rilanciare la corsa del Paese verso “gli attuali e nuovi obiettivi previsti dalla normativa europea e nazionale”: su tutti il raggiungimento del 65% di riciclo dei rifiuti urbani entro il 2035 e il contestuale taglio dei conferimenti in discarica a un massimo del 10%. Per centrarli, si legge, occorrerà “colmare i divari di gestione dei rifiuti relativi alla capacità impiantistica e agli standard qualitativi esistenti tra le diverse regioni”.
E qui veniamo al capitolo riforme, vero passaggio chiave in un Pnrr che sembra sottolineare in maniera chiara e inequivocabile quanto i ritardi sul fronte rifiuti non dipendano tanto dalla insufficiente capacità di investimento, che non difetta nè alle utility pubbliche né tanto meno alle imprese private, bensì dall’inadeguata capacità di pianificazione e di esecuzione degli enti locali deputati, grandi incognite dell’intero Pnrr. Per questo il programma prevede che a guidare la selezione e l’attuazione dei progetti d’investimento siano ben due piani nazionali: una Strategia per l’economia circolare, da adottare entro giugno 2022, ma soprattutto il famigerato Programma nazionale di gestione dei rifiuti.
Introdotto lo scorso anno con il recepimento delle nuove direttive europee sull’economia circolare e tuttora al centro di un tavolo di lavoro istituito al Ministero della Transizione ecologica, il Programma aveva per un po’ fatto perdere le sue tracce e adesso invece non solo torna alla ribalta ma diventa parte integrante, strutturale, del Pnrr Draghi. Stando alla legge che lo istituisce, il decreto legislativo 116 del 2020, il Programma nazionale dovrebbe vedere la luce entro la fine di aprile del 2022 ma a questo punto c’è da aspettarsi un’accelerazione, visto che secondo il Pnrr dovrà appunto compensare “l’insufficiente capacità di pianificazione delle regioni” e “la debolezza della governance” prima nella ricognizione del fabbisogno di trattamento da soddisfare e poi nella realizzazione degli impianti necessari.
Ma accanto alle due citate riforme settoriali il Pnrr prevede anche l’adozione entro maggio di quest’anno di un decreto ad hoc sulle semplificazioni ambientali, che conterrà importanti misure in materia di Valutazione d’Impatto Ambientale, con la nascita di una speciale VIA statale per accelerare le opere finanziate dal Programma, ma anche interventi mirati su “colli di bottiglia già individuati” si legge nel Pnrr, come il rilascio delle autorizzazioni per gli impianti di gestione dei rifiuti e le conferenze di servizi. “Il governo – ha garantito Draghi – si impegna a mitigare gli effetti negativi che alcune di queste misure potrebbero produrre, rafforzando i meccanismi di regolamentazione e la protezione sociale”.
Interventi specifici sul settore del waste management sono previsti anche nella riforma abilitante sulla concorrenza per “rafforzare l’efficienza e il dinamismo concorrenziale nel settore della gestione dei rifiuti, nella prospettiva di colmare le attuali lacune impiantistiche”. Qui, con una legge ad hoc, il governo potrebbe scegliere di recepire le indicazioni avanzate qualche settimana fa dall’antitrust, che tra le altre cose chiedeva più vigilanza sull’estensione delle privative comunali. Insomma, più riforme che soldi, per il mondo dei rifiuti e dell’economia circolare. Una scelta che i fatti potranno premiare solo se a guidare il processo sarà una visione strategica, laica e scientifica, che sappia superare sia le paure e i pregiudizi dei cittadini che gli immobilismi e opportunismi della politica.