Plastica, Italia alla prova degli obiettivi di contenuto riciclato

di Ludovica Lopetti 23/01/2025

Scattano da quest’anno i nuovi obblighi di contenuto riciclato nelle bottiglie in PET introdotte dalla direttiva europea Single Use Plastics. Il punto con i consorzi nazionali Coripet e Corepla


A partire dal 1 gennaio gli Stati membri dell’Unione Europea hanno l’obbligo di garantire un contenuto medio minimo del 25% di plastica riciclata nelle bottiglie in PET immesse sul mercato. Lo prevede la Direttiva europea ‘Single Use Plastics’ approvata nel 2019 e recepita dall’Italia nel 2021, che mira a ridurre progressivamente l’utilizzo della plastica nell’industria e, di conseguenza, il suo impatto ambientale. I criteri di calcolo sono contenuti in una decisione della Commissione Ue e riassunti in una nota che il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha inviato ai consorzi e a Confindustria a dicembre: la quota di plastica riciclata deve essere calcolata considerando il peso totale di tutte le componenti plastiche delle bottiglie, ovvero corpo, tappi ed etichette, anche se non in PET.

L’obiettivo però può essere raggiunto in vari modi: prendendo in considerazione ciascuna bottiglia, la media delle bottiglie immesse sul mercato da ciascun operatore economico o da tutti gli operatori dello Stato membro. Costoro, inoltre, devono rendicontare la composizione dei prodotti, mentre gravano su consorzi e sistemi autonomi di filiera l’obbligo di vigilare sull’adempimento delle disposizioni, nonché la trasmissione dei dati per la successiva validazione da parte di ISPRA e per la compilazione del report nazionale. 

“A lungo è serpeggiata la preoccupazione che il settore avesse difficoltà ad accedere a volumi adeguati di Pet riciclato: questo oggi è assolutamente scongiurato – assicura Corrado Dentis, presidente di Coripet – il riciclato c’è per tutti e di qualità elevata e il consorzio è in grado di garantire un approvvigionamento del 27% con livelli di tracciabilità di eccellenza”. Per Dentis i consorzi, obbligatori o volontari, “sono gli unici strumenti di cui il sistema-Paese si è dotato per evitare ulteriori procedure d’infrazione” e il passaggio al deposito cauzionale se la raccolta differenziata delle bottiglie in PET non raggiungerà il 90% entro il 2029, previsto dal nuovo regolamento imballaggi. Un’eventualità che imprese e consorzi di waste management vedono come remota. “Secondo i dati 2023 ci mancano otto-nove punti per arrivare al 77%. Contiamo di raggiungere il target rafforzando la raccolta selettiva: oggi abbiamo circa 1.600 eco-compattatori già installati, ma nei prossimi quattro anni vorremmo introdurne almeno altri 4mila”. 

“I tassi di raccolta in Italia sono soddisfacenti, ma c’è ancora un grosso scarto rispetto al tasso di riciclo – spiega Andrea Campelli, direttore relazioni esterne e comunicazione di Corepla – purtroppo non tutto ciò che viene differenziato viene avviato al riciclo. Paghiamo sia le carenze impiantistiche, che generano perdite di efficienza lungo il percorso, sia un diffuso scetticismo che perdura”. 

Nella nota il MASE segnala agli operatori la necessità di farsi trovare preparati anche all’entrata in vigore delle norme del Regolamento Imballaggi, approvato a metà dicembre e da applicare “entro i diciotto mesi successivi”. Il provvedimento infatti detta ulteriori standard di contenuto riciclato negli imballaggi di plastica: ai produttori non basterà contribuire alla media nazionale, ma dovranno assicurare il rispetto della soglia minima in ciascun impianto. “In questo campo – prosegue Campelli – ci sono molti progetti di innovazione, alcuni dei quali sfruttano l’intelligenza artificiale per ottimizzare la selezione e l’avvio al riciclo dei differenti flussi di prodotto. Anche Corepla è impegnata con produttori e Università in progetti di ricerca. Spesso infatti gli imprenditori, la ricerca e alcune istituzioni sono un po’ più avanti della politica: i provvedimenti arrivano quando i player stanno già lavorando con successo da anni. E il caso del R-Pet è emblematico”. 

A leggere il testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale pare aver trovato ascolto – almeno in parte – l’appello delle associazioni dei riciclatori, concordi nel chiedere che i target vengano raggiunti utilizzando rifiuti di imballaggio in plastica post-consumo raccolti solo all’interno dell’Unione. Già oggi, infatti, l’importazione di polimeri riciclati a prezzi più vantaggiosi dai Paesi asiatici – India, Cina e Turchia in testa – minaccia le imprese europee che hanno investito per aumentare la capacità dei propri impianti, assicurando al contempo tracciabilità e garanzie sul contenuto riciclato della materia prima seconda. La ‘mirroring clause’ inserita nel provvedimento non limita l’acquisto di polimeri riciclati dall’estero, ma mette al bando quelli provenienti da Paesi con standard di raccolta che non garantiscono un “riciclo di alta qualità”. “Il motivo per cui il R-Pet non raggiunge le percentuali di utilizzo auspicate ha anche a che vedere con i costi: l’andamento del prezzo è fluttuante e spesso la materia prima vergine è più economica. Inoltre c’è un tema di affidabilità e certificazione: consorzi come Corepla possono certificare il materiale utilizzato e dare garanzie che il 25% sia effettivamente plastica riciclata”.

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