Plastica, dal 2026 stop all’export di rifiuti verso paesi non OCSE

di Redazione Ricicla.tv 27/02/2024

Via libera definitivo del Parlamento europeo alla riforma del regolamento sulle spedizioni di rifiuti, che ora sarà ratificato dal Consiglio. La piena operatività arriverà a due anni dall’entrata in vigore, con la messa al bando delle esportazioni di rifiuti in plastica verso i paesi non OCSE e la completa digitalizzazione delle procedure


A partire dalla primavera del 2026 gli Stati membri dell’Unione europea non potranno più esportare rifiuti in plastica verso i Paesi non-OCSE. Lo prevede la riforma del regolamento europeo sulle spedizioni di rifiuti, approvata formalmente nel pomeriggio di oggi dalla plenaria dell’europarlamento, che con un’ampia maggioranza (587 favorevoli su 628 votanti) ha ratificato l’intesa provvisoria raggiunta a novembre scorso con gli Stati membri. Il testo sarà ora rispedito al Consiglio, che lo adotterà senza modifiche, e successivamente tradotto in tutte le lingue dell’Unione per essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Da quella data scatterà il periodo transitorio di due anni, trascorso il quale il regolamento diventerà a tutti gli effetti operativo, “aiutando gli Stati membri a contrastare il crimine, semplificando la burocrazia e proteggendo i paesi terzi dai nostri rifiuti, soprattutto quelli di plastica” ha spiegato in aula la relatrice per il parlamento Pernille Weiss.

La riforma, fortemente voluta dalla Commissione uscente nel quadro del nuovo piano d’azione sull’economia circolare, riscriverà le regole e le procedure che dal 2006 a oggi, in linea con la Convenzione di Basilea, hanno disciplinato le spedizioni di rifiuti sia tra Stati membri che fuori dai confini dell’Unione. Nelle intenzioni di Bruxelles il nuovo regolamento dovrà facilitare gli scambi tra paesi Ue, ma soprattutto limitare le esportazioni – incluse quelle illegali – verso paesi terzi, che nel 2020 hanno raggiunto i 32,7 milioni di tonnellate, pari a circa il 16 % del commercio mondiale di rifiuti. Un’ambizione che è stata rafforzata dall’intesa raggiunta da Consiglio e Parlamento al termine dei negoziati sul testo. Su iniziativa degli eurodeputati infatti la proposta iniziale della Commissione è stata potenziata con la previsione di un drastico giro di vite per i rifiuti non pericolosi in plastica. Trascorsi due anni dall’entrata in vigore della riforma, quindi intorno alla primavera del 2026, questi non potranno essere più esportati verso paesi non-OCSE. Una vera e propria messa al bando che durerà almeno cinque anni, dopodiché i paesi di destinazione potranno fare richiesta di riprendere le importazioni, a patto di dimostrare di poter gestire i rifiuti in ingresso nel rispetto dei migliori standard di sostenibilità ambientale e sociale.

La stretta sulle esportazioni di plastiche non pericolose riguarderà, sebbene in misura meno radicale, anche quelle dirette verso i paesi EFTA e OCSE (incluse le principali mete per i rifiuti in uscita dall’Ue, ovvero Turchia e India), che dovranno essere sempre soggette alla procedura di notifica e approvazione. Per tutti i rifiuti diretti a recupero contenuti nella cosiddetta ‘lista verde’, invece, continuerà a valere un regime autorizzativo meno stringente, ma in ogni caso il via libera sarà rilasciato solo se l’impresa esportatrice dimostrerà che l’impianto di destinazione abbia superato audit ambientali indipendenti. Un irrigidimento delle procedure pensato per porre un freno non solo al recupero in strutture precarie sotto il profilo ambientale e sanitario, ma anche a operazioni quasi esclusivamente cartolari. Contratti ‘facili’ con operatori borderline che spesso nascondono veri e propri traffici internazionali.

Proprio sul fronte del contrasto al traffico illecito, il nuovo regolamento prevede l’istituzione di un gruppo di controllo per migliorare la cooperazione tra i paesi dell’Ue, con l’obiettivo di prevenire e individuare le spedizioni illegali. In collaborazione con le autorità nazionali la Commissione potrà effettuare ispezioni negli Stati membri, laddove sussistano sufficienti sospetti che si stiano verificando spedizioni illegali di rifiuti, magari mascherati da prodotti di seconda mano o riciclati. Il nuovo regolamento, infatti, non si applicherà alle esportazioni di end of waste e di beni usati, a patto però che in entrambi i casi gli Stati membri si assicurino che il regime giuridico dei materiali esportati sia stato determinato nel rispetto della disciplina europea in materia.

Sul punto, tuttavia, non tutti i nodi risultano sciolti. Secondo i riciclatori, infatti, le restrizioni all’export introdotte con il nuovo regolamento mantengono un certo grado di “ambiguità”, e potrebbero per questo essere estese dagli Stati membri, oltre che ai rifiuti, anche alle materie secondarie generate dal riciclo. Materie come il rottame di ferro o la carta da macero, le due tipologie di prodotti riciclati più esportate fuori dai confini dell’Ue che, come ricorda in una nota l’associazione EuRic, “oggi vengono commerciate come risorse sul mercato globale”. Se le restrizioni venissero applicate anche ai materiali riciclati, scrive EuRic, “a fronte della non sufficiente domanda all’interno dei confini dell’Ue, i livelli di riciclo e le stesse imprese rischierebbero di andare incontro a un rapido declino”. La stessa messa al bando dell’export di rifiuti plastici “in assenza di possibilità di sbocco in Europa – chiarisce la nota – danneggerà gravemente i riciclatori europei”.

A fare da contraltare alla stretta sulle procedure per le esportazioni verso paesi terzi, la completa digitalizzazione di quelle relative alle movimentazioni dentro i confini dell’Ue. Entro il 2026 tutti gli adempimenti verranno fatti confluire in un sistema centralizzato in capo alla Commissione europea, con tempi scadenzati per la richiesta di informazioni e il rilascio delle autorizzazioni da parte degli enti competenti. Sempre in tema di semplificazioni la riforma rafforza anche l’istituto delle pre-autorizzazioni, fin qui poco utilizzato, che consente agli impianti di recupero localizzati in un determinato paese di ricevere rifiuti dall’estero con procedure più snelle. L’obiettivo, in questo caso, è quello di facilitare lo scambio tra Stati membri rafforzando il mercato interno dei rifiuti recuperabili, mentre l’avvio a smaltimento in un altro paese Ue verrà consentito solo in circostanze ben motivate e in ogni caso nel rispetto della procedura di notifica e approvazione.

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