Produzione di rifiuti in calo per l’Italia, che mette nel mirino il target europeo 2020 del 50% di avvio a riciclo dei materiali grazie ai miglioramenti nella raccolta: e così sono sempre meno gli rsu destinati in discarica. Questo il quadro che emerge dalla presentazione dell’edizione 2016 del Rapporto Rifiuti Urbani di Ispra, svoltasi questo pomeriggio a Roma presso la sala auditorium del Ministero dell’Ambiente, che fotografa con dati verificati al 2015 lo stato dell’arte dell’Italia dei rifiuti sia in prospettiva europea che su base locale.
Sul fronte della produzione nel 2015 sono stati 29,5 milioni di tonnellate i rifiuti urbani, facendo rilevare una riduzione di -0,4% rispetto al 2014: a calare di più è il Centro Italia (-0,8%), che in valori assoluti produce 6,6 milioni di tonnellate di rifiuti, mentre il Nord si mantiene sulla media nazionale (-0,4%) con un quantitativo prodotto pari a 13,7 milioni di tonnellate; al Sud la produzione si contrae dello 0,2% (9,2 milioni di tonnellate). Piccole percentuali di crescita al di sotto dell’1% si rilevano per Sicilia, Molise e Toscana mentre al di sopra di tale soglia si attesta la variazione percentuale dell’Emilia Romagna (+1,1%) e del Friuli Venezia Giulia (+1,6%). Proprio l’Emilia Romagna è la regione che produce più rifiuti per abitante (642 kg pro capite nel 2015) a fronte di una media nazionale di 487 kg.
Per quanto riguarda la raccolta differenziata, nel 2015 si è registrata una crescita di 2,3 punti percentuali facendo salire il dato nazionale al 47,5%, che in valore assoluto si traducono in 14 milioni di tonnellate di rifiuti. Nel Nord il quantitativo si attesta al di sopra di 8 milioni di tonnellate (58,6%), nel Centro a quasi 2,9 milioni di tonnellate (43,8%) e nel Sud a 3,1 milioni di tonnellate (33,6%). Su base regionale la gestione più performante è stata quella del Veneto con il 68,8%, seguita dal Trentino Alto Adige con il 67,4%. Tra 45% e 50% si collocano Abruzzo, Umbria, Campania, Valle d’Aosta e Toscana. Liguria e Lazio sono di poco al di sopra del 35%, mentre superano il 30% la Basilicata e la Puglia. La Calabria è la regione che fa segnare la maggiore crescita della percentuale di raccolta differenziata, +6 punti rispetto al 2014, anche se il 25% la colloca ancora al penultimo posto tra le regioni, seguita solo dalla Sicilia (12,8%) dove si trovano anche le peggiori province italiane: Palermo (7,8%), Siracusa (7,9%), Messina (10,1%) e Enna (10,8%).
La tipologia di rifiuto che si raccoglie di più è sicuramente quella organica (umido e verde), che da sola rappresenta il 43,3% della raccolta differenziata in Italia: nel 2015 ha superato i 6 milioni di tonnellate ed è aumentato del 6,1% rispetto al 2014. A livello nazionale ogni abitante raccoglie in media oltre 100 kg di frazione organica a testa. Subito dopo ci sono le raccolte di carta e cartone (22,5% del totale) e del vetro che raccogliendo 1,7 milioni di tonnellate segna una crescita annua del 3,3%.
Insieme ai numeri delle altre frazioni, secondo la metodologia di calcolo adottata dall’Italia, la percentuale si attesta al 46%: l’andamento registrato nell’ultimo anno permetterebbe al nostro Paese – qualora confermasse l’andamento degli ultimi anni – di centrare addirittura in anticipo i target comunitari di avvio a riciclo del 50% dei rifiuti prodotti entro il 2020.
Tallone d’Achille della gestione nostrana degli rsu il capitolo dei costi. L’indagine condotta su un campione di circa 5800 Comuni (corrispondenti a oltre 48,6 milioni di abitanti), rileva un costo medio nazionale annuo pro capite dei servizi di igiene urbana pari a 167,97 euro/anno. Sono stati determinati anche i costi di gestione delle raccolte differenziate delle principali tipologie di materiali. Sempre come medie nazionali risultano 15,7 eurocent/kg per la carta e cartone, 10,7 per il vetro, 16,5 per la plastica, 21,1 per la raccolta multimateriale, 10,6 per i metalli, 9,4 per il legno, 18,6 per i tessili, 22,1 per la frazione umida, 38,3 per gli oli commestibili esausti, 33 per gli pneumatici usati, 18,1 per i RAEE e 86,9 per le batterie e gli accumulatori esausti.
Strettamente legato al capitolo dei costi c’è quello della dotazione impiantistica dei territori. La scarsa dotazione impiantistica fa sì che in molti contesti territoriali si assista ad un trasferimento dei rifiuti raccolti, ovvero di quelli sottoposti a trattamento meccanico biologico, in altre regioni o all’estero dove la capacità di trattamento risulta superiore rispetto ai reali fabbisogni. A livello nazionale si registrano significativi miglioramenti nel ciclo di gestione dei rifiuti urbani. Quelli smaltiti in discarica, nel 2015, sono circa 7,8 milioni di tonnellate, e fanno registrare una riduzione di circa il 16% rispetto al 2014 (quasi 1,5 milioni di tonnellate di rifiuti). La riduzione maggiore si rileva al Nord (-26%), dove circa 680 mila tonnellate in meno di rifiuti sono smaltite in discarica. Al Centro (-14%) ed al Sud (-12%) si registrano riduzioni dello smaltimento più contenute, ma, comunque, significative. Sono 149 le discariche per rifiuti non pericolosi e pericolosi ad aver ricevuto rifiuti provenienti dal circuito urbano nel 2015 (23 in meno rispetto al 2014).
Aumenta di molto la percentuale di rifiuti sottoposti a trattamento prima dello smaltimento in discarica, che passa dal 70% del 2014 a circa l’86% del 2015; tuttavia ancora 1,1 milioni di tonnellate di rifiuti sono state smaltite in discarica senza il preventivo ed idoneo trattamento. Il 19% dei rifiuti urbani prodotti è incenerito, mentre circa il 2% viene inviato ad impianti produttivi, quali i cementifici o le centrali termoelettriche, per essere utilizzato all’interno del ciclo produttivo come fonte di energia e l’1% dei rifiuti viene esportato. Circa 5,2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani sono recuperate in impianti di compostaggio e digestione anaerobica (+7% rispetto al 2014); di questi quasi 3,4 milioni di tonnellate sono avviati ad impianti di compostaggio, 1,6 milioni di tonnellate ad impianti di trattamento integrato anaerobico/aerobico, mentre poco più di 220 mila tonnellate sono trattate in impianti dedicati di digestione anaerobica.
L’incenerimento interessa quasi 5,6 milioni di tonnellate con un incremento del 5% rispetto al 2014. Nel 2015 sono operativi 41 impianti dislocati soprattutto al Nord (63%) in particolare in Lombardia e in Emilia Romagna. Dei 5,6 milioni di tonnellate di rifiuti avviati ad incenerimento circa la metà è costituita da rifiuti urbani tal quali, l’altra metà è rappresentata da rifiuti derivanti dal trattamento dei rifiuti urbani (frazione secca, CSS e, in minor misura, bioessiccato). Complessivamente vengono recuperati oltre 2,7 milioni di MWh di energia elettrica e 4,4 milioni di MWh di energia elettrica e termica.
L’export dei rifiuti è superiore all’import. L’Italia esporta soprattutto Combustibile Solido Secondario (CSS) derivante dal trattamento di rifiuti urbani (38,5% dei rifiuti esportati, prodotti soprattutto da impianti situati in Friuli Venezia Giulia), rifiuti di imballaggio (20,5%) costituiti da imballaggi in plastica e in carta e cartone e frazioni merceologiche da raccolta differenziata (14%), rappresentate prevalentemente da rifiuti di abbigliamento, carta e cartone. I rifiuti del circuito urbano esportati nel 2015 sono circa 361 mila tonnellate, l’import ammonta a 205 mila tonnellate circa. Più specificamente è la Lombardia la regione che importa la maggiore quantità di rifiuti (oltre 87 mila tonnellate) il 42,6% del totale importato, seguita dalla Campania (circa 45 mila tonnellate) con il 21,9% del totale e dal Veneto (29 mila tonnellate) con il 14,4% del totale.