Uno strumento fondamentale nella lotta al crimine organizzato, anche e soprattutto in campo ambientale, ma da utilizzare con prudenza per scongiurare conseguenze devastanti sul piano economico e sociale. Sono 573 le interdittive antimafia notificate all’Autorità nazionale anticorruzione nel 2018, con un incremento del 370% rispetto al 2014, secondo quanto riportato in uno studio dell’Anac. Un dato che, sebbene sottostimato (riguarda infatti solo le aziende che partecipano a gare per appalti pubblici) restituisce bene la misura di quanto sia aumentato negli ultimi anni l’accesso al provvedimento che consente al prefetto di sospendere l’attività economica di una qualsiasi società per il sospetto di un collegamento con il crimine organizzato. Numeri che impongono una riflessione a 360 gradi sulle molteplici implicazioni di uno strumento tanto prezioso quanto delicato.
«Nel nostro Paese – dice Lucia Leonessi, Direttore Generale di Cisambiente – la criminalità organizzata rappresenta una piaga di dimensioni enormi, che agisce in maniera talmente ramificata da compromettere l’equilibrio dello Stato, non solo sul piano economico e della sicurezza, ma, anche in materia di ambiente, salute, libertà e istruzione, tanto da rappresentare un cancro sociale ineguagliabile. Tuttavia, lo strumento interdittivo implica una valutazione discrezionale da parte dell’autorità prefettizia in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, che a volte diviene letale per l’impresa, poiché, esulando dal ruolo di tutela all’imprenditore soggiogato, ne paralizza l’attività economica, spesso a spese delle risorse umane impiegate. È d’uopo considerare, inoltre, che trattandosi di uno strumento amministrativo e non penale, sono precluse all’imprenditore colpito tutta una serie di tutele giurisdizionali sicché, anche quando l’autorità percepisce l’errore l’impresa si trova in uno stato di decozione irreversibile».
Il tema è stato al centro nei giorni scorsi di un dibattito promosso a Milano dall’associazione sindacale dei funzionari prefettizi in collaborazione con Cisambiente, ramo green di Confindustria. «Come associazione di categoria di un settore importante quanto delicato, è nostro obiettivo dialogare con le istituzioni perché questo strumento torni ad avere ruolo di tutela del tessuto economico e non afflittivo nei confronti dell’imprenditore estraneo ad attività criminali. Quando, invece, lo strumento è ancorato a elementi riscontrabili, è di grande utilità ma sarebbe auspicabile la previsione di uno stabile rapporto di collaborazione qualificato tra il sistema associativo e le Prefetture, così da consentire anche segnalazione di situazioni da attenzionare in ottica di prevenzione amministrativa efficace».