«Entro il 31 dicembre le regioni mi devono dire cosa intendono fare, di quanti impianti dispongono e quanti ne servono e per fare cosa, per evitare nuove infrazioni europee, e alcune regioni sono già in infrazione». Così il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, a margine di un convegno sulle bioplastiche, lancia il suo ultimatum alle amministrazioni regionali per l’adeguamento a quanto stabilito dal decreto attuativo dell’articolo 35 dello “Sblocca Italia”. Il dpcm, pubblicato lo scorso ottobre in Gazzetta Ufficiale dopo un lungo e travagliato passaggio in conferenza Stato-Regioni, individua un «fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilati» pari a un milione 831mila tonnellate annue, indicando come necessaria la costruzione di 8 nuovi forni in sette regioni tra Centro e Sud Italia.
«Io non ho mai detto – ha poi aggiunto Galletti – che bisogna fare per forza i termovalorizzatori. Ci sono altri impianti? Magari, ma sono stanco di rifiuti che girano per l’Italia sui camion. L’articolo 35 è stato un input per dire “fate qualcosa, muovetevi”. Adesso voglio vedere atti di giunta approvati». Il ministro ha poi ricordato come il fabbisogno residuo di smaltimento indicato nel dpcm sia stato calcolato ipotizzando per ognuna delle sette Regioni il raggiungimento del 65% di differenziata ed una parallela riduzione nella produzione dei rifiuti del 10%. «Credo che le regioni possano arrivare al 65% di raccolta differenziata, a fronte di una media italiana del 35-40% ci sono regioni che sono vicine all’obiettivo, regioni che l’hanno superato, regioni come la Sicilia al 12%, ci sono Comuni all’80% e Comuni al 3%, con le stesse regole. Quindi il problema non sono le regole, serve determinazione».
Determinazione che non manca di certo all’assessore all’ambiente della Lombardia Claudia Maria Terzi, che sullo “Sblocca Italia” ha annunciato un nuovo ricorso presso la Corte costituzionale, sebbene la Regione se ne sia visti respingere già due con sentenze emesse ad aprile e novembre. «Siamo convinti che l’intero sistema delineato dall’art. 35 dello “Sblocca Italia”, pur avallato dalla sentenza della Corte costituzionale, contrasti fortemente con la pianificazione e interesse regionale: ecco perchè la Lombardia procederà con l’impugnazione del dpcm, il Decreto del presidente del consiglio dei ministri, attuativo di tale disposizione, evidenziando l’incoerenza della posizione nazionale».
Una doppia bocciatura, quella della Consulta, che non basta a placare l’ira dell’assessorato lombardo, scatenata non tanto dalle misure sui nuovi inceneritori (la Lombardia non è tra le regioni individuate dal dpcm) quanto da quelle sul libero transito sul territorio nazionale dei rifiuti solidi urbani diretti a recupero energetico, che l’articolo 35 svincola dalla necessità di sottoscrivere accordi tra le regioni, e sull’inserimento degli impianti già attivi in una “rete nazionale” con l’obbligo di lavorare a massimo regime, fino alla saturazione del carico termico. Due misure che, secondo la Terzi, comprometterebbero la pianificazione regionale orientata alla riduzione dei conferimenti e alla progressiva dismissione degli impianti. «Siamo davanti a un governo che fa pagare alle regioni le incompetenze amministrative e politiche – attacca Terzi – oltre alla scarsa trasparenza degli altri».
Tra le regioni interessate dal dpcm sugli inceneritori, invece, è l’Abruzzo la prima a rispondere carte alla mano al ministero dell’Ambiente, con un documento programmatico di aggiornamento del piano rifiuti per il periodo 2017-2022 nel quale si rivedono al ribasso le stime elaborate dal ministero sul fabbisogno residuo di smaltimento degli rsu. «Cifre in parte vecchie e in parte calcolate erroneamente» quelle del ministero, secondo il sottosegretario alla presidenza della Regione con delega all’Ambiente Mario Mazzocca. Se infatti il dpcm parla di 121mila tonnellate annue indicando come necessaria la costruzione di un nuovo impianto di incenerimento, il documento programmatico indica invece un fabbisogno di 57mila tonnellate, 20mila delle quali, si precisa, potranno essere smaltite in Molise sulla scorta di accordi già siglati tra le due regioni. Resterebbero 37mila tonnellate da smaltire, troppo poche per giustificare la costruzione di un nuovo inceneritore, ma la sensazione è che la guerra dei numeri con il ministero sia solo agli inizi.