«L’articolo 35 dello ‘Sblocca Italia’ non è contro le Regioni, ma a favore». Lo ha dichiarato il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti a margine della presentazione del ‘Green Book’ sulla gestione dei rifiuti. Parole che fanno da contraltare alle pesanti critiche piovute nei giorni scorsi sul Ministero dopo l’annuncio – arrivato nel corso di un’audizione davanti la commissione bicamerale ecomafie – della non ricevibilità delle proposte di emendamento presentate in Conferenza Stato-Regioni sul decreto attuativo per la localizzazione e costruzione di 8 nuovi inceneritori. Le Regioni chiedevano un provvedimento dal mero carattere ricognitivo, Galletti ed i suoi tecnici hanno risposto ‘picche’: gli impianti individuati dovranno essere realizzati.
Il prossimo 4 febbraio la Conferenza si confronterà per l’ultima volta sul testo del Dpcm. Una riunione che potrebbe far deflagrare in maniera definitiva lo scontro di attribuzioni tra Regioni e Governo, con le prime decise a non cedere d’un palmo sul terreno della titolarità (costituzionalmente riconosciutagli) in materia di pianificazione e gestione del ciclo rifiuti, e il secondo invece pronto ad agire d’autorità nel caso in cui non si dovesse trovare un accordo. Sfidando anche eventuali ricorsi alla Corte Costituzionale.
«A febbraio il decreto applicativo andrà in Conferenza delle Regioni, che mi auguro sarà quella definitiva» ha detto Galletti, per il quale la costruzione di nuovi impianti di incenerimento si renderebbe assolutamente necessaria per scongiurare il rischio di nuove stangate dalla Commissione Europea. Lo ‘Sblocca Italia’ ha infatti spiegato il ministro «per la prima volta introduce una rete nazionale di termovalorizzatori e impianti di smaltimento che serve molto anche per evitare delle infrazioni Ue che sono alla porta e mi preoccupano e in questo modo diamo una programmazione completa al sistema: l’articolo – ha detto Galletti – parte dal fabbisogno nazionale di smaltimento dei rifiuti, censisce gli impianti esistenti, fa una proiezione dei parametri europei a scadenza (il 65% di differenziata e il -10% di produzione dei rifiuti) e individua quindi il fabbisogno residuo, che viene gestito attraverso tutti gli impianti esistenti e quel che resta in nuovi impianti».
Proprio su questi ultimi, le Regioni – che pure avevano dato parere positivo al testo del Dpcm, a condizione però che fossero accolti gli emendamenti bocciati invece da Galletti – si giocheranno il tutto per tutto nella riunione del prossimo 4 febbraio. Se anche in quella sede l’accordo dovesse saltare, alle Regioni non resterebbe che sollevare il conflitto d’attribuzione presso la Corte Costituzionale, invocando il rispetto delle titolarità sancite nel Titolo V della Costituzione. La cui riforma, giova ricordare, ha ottenuto lo scorso 20 gennaio il ‘si’ del Senato ed è attualmente alla Camera per la seconda lettura.