Come cambia la vita di produttori e utilizzatori di imballaggi con l’entrata in vigore dell’obbligo di etichettatura ambientale? Lo abbiamo chiesto a Simona Fontana, responsabile del centro studi economia circolare di Conai
“L’obiettivo è dare indicazioni chiare a chi si trovi tra le mani un imballaggio, per sapere sempre di che materiale è fatto e come debba essere gestito quando da imballaggio diventa rifiuto“. L’etichettatura ambientale degli imballaggi, obbligatoria dal primo gennaio di quest’anno, è uno strumento prezioso “per migliorare la qualità e la quantità della nostra raccolta differenziata” spiega Simona Fontana, responsabile del centro studi per l’economia circolare di Conai, consorzio nazionale imballaggi.
Come cambia la vita di produttori e utilizzatori di imballaggi dal primo gennaio di quest’anno?
“L’obbligo di etichettatura ambientale entra in vigore dal primo gennaio 2023 sui nuovi imballaggi, quindi le scorte continueranno a essere immesse a consumo. Sulle nuove produzioni invece bisognerà indicare ‘di che materiale è fatto’ e ‘dove lo butto?’. Produttori e utilizzatori avranno quindi l’onere di fare in modo che le informazioni vengano veicolate correttamente lungo tutta la filiera. Il produttore, in particolare, è colui che deve indicare qual è il materiale che compone l’imballaggio, apportando correttamente la codifica alfanumerica riportata nella decisione 129 del 1997 della Commissione UE – che è uguale in tutta Europa – mentre l’utilizzatore dovrà prendere quell’informazione e renderla fruibile per il consumatore finale, comunicando correttamente le modalità di raccolta differenziata“.
Che differenza c’è tra imballaggi immessi a mercato per il circuito domestico, come quelli che troviamo nei supermercati, e gli imballaggi del circuito B2B, quindi destinati all’industria e al commercio?
“Sull’imballaggio destinato al circuito professionale la sola informazione da veicolare correttamente è la codifica alfanumerica, cioè l’indicazione del materiale che lo compone. Che non vuol dire necessariamente ‘scriverla’ sull’imballaggio, visto che nell’ambito B2B questa informazione può essere veicolata anche su supporti esterni come bolle di consegna, fatture o schede tecniche di prodotto. Invece sugli imballaggi resi disponibili al consumatore finale, quindi su tutti i beni di largo consumo confezionati, non dovremo trovare solo l’indicazione del materiale ma anche se va o non va nella differenziata e in quale canale di raccolta. Ad esempio su una scatola di biscotti troveremo ‘PAP 20’ perché è fatta di carta, ma troveremo anche indicato che è ‘carta’ e che va nella raccolta differenziata. Anche in questo caso le indicazioni possono essere stampate direttamente sull’etichetta del prodotto o rimandate a supporti esterni, anche digitali, che aiutino il consumatore a trovare tutte le informazioni. In questo caso anzi le informazioni veicolate possono essere anche maggiori rispetto a quelle obbligatorie per legge”.
L’entrata in vigore dell’obbligo di etichettatura arriva, dopo una serie di rinvii, al termine di un percorso partito nel 2020 con il recepimento delle direttive europee sull’economia circolare. Qual è stato il ruolo di Conai lungo questo percorso?
“Abbiamo avuto un ruolo di ascolto e consultazione, funzionale soprattutto alla ricerca di soluzioni tecniche che fossero praticabili per le imprese. Una volta avuta la certezza che a livello nazionale si volesse andare verso un sistema di marcatura utile a migliorare la raccolta differenziata degli imballaggi, abbiamo creato una serie di tavoli di confronto con tutti gli operatori coinvolti – imprese produttrici e utilizzatrici, UNI ed esperti di settore – per mettere insieme le principali criticità applicative e insieme trovare soluzioni percorribili“.
Un esempio?
“Ad esempio il fatto che il sistema di etichettatura non debba passare necessariamente attraverso la stampa diretta dell’etichetta sull’imballaggio ma possa essere rimandato a supporti esterni anche digitali. O anche l’idea di avere supporti informativi esterni per i prodotti della gastronomia o del banco fresco. Supporti che, similmente a quanto avviene per gli allergeni, possano fornire informazioni sull’imballaggio, che in quel caso non è mai standard ma viene creato a misura della quantità di prodotto venduta. Sono solo alcune delle soluzioni trovate nell’ambito dei confronti dei quali Conai si è fatto portavoce, e che ci hanno permesso di arrivare all’appuntamento con il primo target di entrata in vigore (settembre 2020, poi rimandato in prima battuta al 31 dicembre 2021, ndr) già con una bozza di linee guida applicative da sottoporre a consultazione pubblica. Quella bozza si è poi arricchita di tutta una serie di indicazioni tecnico pratiche, che oggi sono raccolte nel sito e-tichetta.conai.org (che contiene oltre 240 FAQ utili alle aziende che devono rispondere all’obbligo) e che sono poi confluite nella versione definitiva delle linee guida adottate con decreto dal Ministero dell’Ambiente“.