Il combustibile da rifiuti potrebbe aiutare l’industria del cemento a tamponare i rincari energetici, ma il processo di sostituzione resta bloccato. Federbeton: “Serve una corsia preferenziale per processi autorizzativi veloci”
L’industria italiana del cemento torna a chiedere un cambio di passo sulla sostituzione del petcoke fossile utilizzato nei cicli di produzione del clinker con il più economico ed ecologico combustibile solido secondario da rifiuti, o CSS. “Il petcoke, che è il combustibile che utilizziamo di più, ha più che triplicato il suo costo” spiega il presidente di Federbeton Roberto Callieri, spinto dall’impennata dei prezzi di mercato dei prodotti petroliferi alimentata dalla guerra in Ucraina. Oltre a mettere fuori mercato il cemento italiano, i maggiori costi di approvvigionamento sommati a una bolletta energetica gonfiata dai prezzi fuori controllo di gas ed elettricità rischiano di condurre alla paralisi dell’industria. “Mentre prima – ricorda Callieri – l’emergenza era solo di natura ambientale, legata alle emissioni e all’impronta carbonica del settore, oggi l’opportunità di ridurre l’utilizzo di petcoke sostituendolo con combustibili a basse emissioni come il CSS diventa ancora più importante per il caro bollette”. Perché il CSS di alta qualità, come il CSS-C o ‘end of waste’, può sostituire fino all’80% del petcoke a un prezzo decisamente più vantaggioso dei 200 euro e oltre che oggi occorrono per importarne una tonnellata dagli Stati Uniti. E alleggerendo un costo complessivo di produzione che nell’ultimo anno è aumentato di oltre il 50%.
Eppure, osserva amaro il presidente di Federbeton, “abbiamo combustibili a km zero che oggi vengono utilizzati in percentuali di gran lunga inferiori rispetto alla media europea”. Nonostante costi meno e sia disponibile in grandi quantità, e sebbene la sua sostituzione ai combustibili fossili sia anche riconosciuta dall’UE come best available technique, il CSS oggi sostituisce appena il 20% dei combustibili utilizzati dall’industria del cemento. Nel 2020, stando ai dati di Federbeton, ne sono state utilizzate circa 256mila tonnellate a fronte di 1,1 milioni di tonnellate di petcoke, mentre in Europa si viaggia intorno al 50%. Eppure di CSS sul mercato italiano ce n’è in abbondanza, tanto che sempre nel 2020, ultimo dato disponibile, oltre 116mila tonnellate di combustibile da rifiuti sono finite all’estero, dalla Germania a Cipro, dal Portogallo all’Austria, passando per Ungheria, Slovenia, Bosnia, Slovacchia e Bulgaria. Il paradosso è che gli stessi cementifici esteri che comprano CSS italiano di qualità a prezzi convenienti, o addirittura vengono pagati per accettare quello di fascia inferiore, risparmiano sui costi di approvvigionamento del combustibile fossile e poi rivendono il loro cemento sul mercato europeo a prezzi più competitivi rispetto a quelli praticati dalle imprese italiane.
L’obiettivo di Federbeton è passare dall’attuale tasso di sostituzione del 20% al 47% entro il 2030 e all’80% entro la metà del secolo. Con un risparmio in termini di CO2 emessa stimato in 2,4 milioni di tonnellate e con un taglio dei costi di approvvigionamento pari a 130 milioni di euro. Secondo stime dell’associazione, le cementerie italiane potrebbero arrivare ad assorbire fino a un milione di tonnellate di CSS, dando nuovo impulso alla filiera dei combustibili da rifiuto. Già oggi secondo Airec gli impianti autorizzati su tutto il territorio nazionale potrebbero produrre oltre un milione di tonnellate di CSS di alta qualità, ma la domanda manca e così buona parte del CSS in uscita dagli impianti (1,4 milioni di tonnellate nel 2020) si colloca nelle fasce di qualità più basse. Destinate quasi esclusivamente alla termovalorizzazione. Insomma, la domanda potenziale c’è e anche la capacità industriale di farvi fronte con un’offerta di qualità, ma il mercato resta paralizzato dagli ostracismi di amministratori e comunità locali e da un quadro burocratico che, nonostante le semplificazioni operate dall’ultimo governo, non è ancora riuscito a sbloccare i processi di sostituzione del CSS al petcoke. L’appello di Federbeton è alla definizione di una ‘fast track’ per accelerare la modifica delle autorizzazioni, ma anche a un maggiore impegno sul piano dell’accettabilità sociale dell’utilizzo di CSS. “Non vediamo perché questa pratica non debba godere di una corsia preferenziale che permetta processi autorizzativi veloci e un contesto meno ostico” dichiara il presidente di Federbeton.
Condivido ,PRODUCO CSS DAL 2002.CONFERISCO A CEMENTIFICI ESTERI.ION ITALIA IMPOSSIBILE PER UNA DITTA FUORI DAL SISTEMA .