L’80% dell’industria cartaria ha fermato o rallentato l’attività per i prezzi del gas alle stelle. Assocarta: “Il primo ottobre parte il nuovo anno termico ma i fornitori non rinnovano i contratti”. A rischio la tenuta dei servizi di raccolta differenziata. L’appello della filiera per ‘price cap’ europeo e vendite calmierate di energia rinnovabile
Contratti introvabili e prezzi dell’energia alle stelle stanno mandando in tilt l’industria cartaria, cuore pulsante dell’economia circolare nel nostro Paese, capace lo scorso anno di dare nuova vita a oltre cinque milioni di tonnellate di maceri. Un cuore che per battere ha però bisogno di tanta energia, soprattutto di gas, e che per questo è esposto più di altri ai rincari vertiginosi di un mercato fuori controllo. “Avere costi energetici molto alti in questa fase significa non riuscire a trovare più il giusto equilibrio economico per garantire la produzione” spiega a Ricicla.tv il direttore generale di Assocarta Massimo Medugno. Fin qui la pausa estiva ha aiutato le imprese ad ammortizzare l’impennata dei prezzi. Ora che settembre è alle porte e che gas e luce sono alle stelle, non tutti riescono a ripartire. “Agosto è notoriamente un mese di rallentamento delle attività che gli impianti sfruttano per fermarsi e dare luogo alle necessarie manutenzioni – dice – molte aziende hanno però allungato questo periodo a causa dei costi altissimi dell’energia, soprattutto del gas, e quelle che sono ripartite lo hanno fatto al rallentatore. Tra fermate e rallentamenti, stimiamo che il fenomeno riguardi l’80% dell’industria cartaria“.
E il peggio potrebbe essere ancora di là da venire, visto che a causa dell’andamento imprevedibile dei prezzi del gas molti fornitori non sembrano disposti a rinnovare i contratti in scadenza. “A ottobre inizia l’anno termico – spiega Medugno – cioè il momento in cui i dovrebbero partire i nuovi contratti. Ma oggi molte aziende fanno fatica a trovare offerte per rinnovare le forniture. È un’emergenza”. Va da sé che senza contratti non c’è alternativa al fermo delle attività. Le fiammate di un autunno che si annuncia rovente rischiano insomma di ridurre in cenere un sistema che lo scorso anno ha raggiunto e superato l’obiettivo europeo dell’85% di riciclo al 2030. Gli effetti di un eventuale fermo dell’industria cartaria si ripercuoterebbero a catena lungo tutta la filiera, fino a minacciare la tenuta dei servizi di raccolta differenziata. “Per ora – sottolinea Medugno – le aziende stanno continuando con le normali attività di ritiro. Quelle in cooperazione con il consorzio Comieco continuano al momento a svolgersi senza difficoltà. È chiaro che se l’attività rallenta cambiano anche le esigenze del settore in termini di quantità di fibre da riciclare. Nelle prossime settimane il quadro dovrebbe essere più chiaro”.
La speranza è che nel mese che separa il settore dalla fine dell’anno termico governo nazionale e Commissione Europea si impegnino a fermare la spirale dei prezzi. Le recenti aperture all’adozione di un tetto europeo al prezzo del gas, in vista del consiglio dei ministri dell’energia dell’UE previsto per il prossimo 9 settembre, fanno ben sperare. “Avere un ‘price cap’ a livello europeo aiuterebbe di sicuro – dice – anche perché il TTF è un mercato piccolo e anomalo, che ad esempio non prevede il blocco delle contrattazioni in caso di eccesso di rialzo”. E a livello nazionale? “Il rinnovo del credito d’imposta per il quarto trimestre, allo studio del governo, è un fatto sicuramente positivo. Ma serve anche altro. Come la cosiddetta ‘electricity release’, già prevista da uno dei decreti ‘aiuti’, che darebbe al GSE la possibilità di immettere sul mercato quantità di energia rinnovabile a prezzi ragionevoli. Una misura che da una parte aiuterebbe ad abbassare i costi e dall’altra darebbe ragione a chi sostiene che bisogna continuare a spingere sui processi di decarbonizzazione“.
Si è tutto vero, ma c’è anche una gara e chi la drammatizza di più. e voi, in questo racconto, fate la vostra parte: parola d’ordine mettere ansia, drammatizzare ad oltranza.
Per oltre 20 anni, sull’onda della globalizzazione, abbiamo fatto di tutto per massacrare la redditività dei prodotti di base (commodity), con la delocalizza la produzione, le aziende che producevano commodity in gran parte sono fallite e quelle rimaste soffrono e non guadagnano da almeno 10 anni. Cosa potevamo aspettarci?
Quindi diciamola tutta il gas è sicuramente il catalizzatore, ma le cause sono ben altre. Dobbiamo abituarci all’idea di restituire alle commodity tutta la loro dignità concedendo aumenti reali compresi fra il 25/30% non tanto e solo per il gas che prima o poi tornerà ai suoi livelli più il 30%, ma per restituire dignità a tutta la filiera impegnata in questi comparti. altrimenti resteremo senza metalli, senza granaglie, senza plastica e , perché no, senza carta.