Il MiTE ascolta l’appello delle imprese e fa sapere di essere aperto alla valutazione di una modulazione dei parametri di analisi del nuovo decreto end of waste sui rifiuti da costruzione e demolizione, giudicati come troppo restrittivi dagli operatori. Milano si candida a diventare protagonista del tavolo di lavoro
Primi passi per sbloccare l’impasse sul nuovo decreto end of waste per i rifiuti da costruzione e demolizione. Dopo l’allarme delle imprese della filiera dell’edilizia sui nuovi parametri per le analisi da condurre sugli aggregati riciclati, giudicati come troppo restrittivi e che in quanto tali secondo gli operatori non consentirebbero di produrre materiali riciclati che rispettino la norma, il Ministero della Transizione Ecologica (pronto a diventare dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) si dice pronto a capitalizzare i 180 giorni di periodo transitorio entro i quali valutare eventuali correttivi alla norma. “Probabilmente l’approccio tabellare, netto, sui valori limite dev’essere mitigato anche dalle condizioni di utilizzo, cioè da un ricorso più ampio all’analisi di rischio”. Lo ha dichiarato ieri il capo dipartimento per lo sviluppo sostenibile del MiTE Laura D’Aprile, nel corso di un workshop coordinato da Città Metropolitana di Milano e Assimpredil Ance. “Perché – ha spiegato – un conto è se vado a mettere questi materiali in un giardino pubblico, un conto se vado a metterli sul sottofondo di un autostrada dove ci sono solo veicoli che passano”. Parole che sembrano aprire a una possibile modulazione dei parametri sulla base degli usi cui gli aggregati riciclati sono destinati, proprio come chiesto dagli operatori del riciclo e dall’intera filiera dell’edilizia.
A pochi giorni dall’entrata in vigore del decreto (fissata al prossimo 4 novembre) si comincia insomma a tracciare il solco di una possibile via d’uscita dall’impasse, che dovrà diventare un percorso concreto entro il prossimo maggio, quando scadrà il termine dei 180 giorni che il MiTE si è dato per valutare eventuali correttivi, e che però è lo stesso termine entro il quale le imprese del riciclo dei rifiuti da costruzione e demolizione saranno chiamate ad adeguare le proprie autorizzazioni. Ciò significa che la soluzione andrà trovata in tempi strettissimi. “Ci rendiamo conto che il fattore tempo è fondamentale per le imprese – ha detto D’Aprile – non intendiamo utilizzare tutti i 180 giorni. Quello che chiediamo agli operatori è anche di fare una valutazione degli scenari di rischio dei materiali per settore e scenari di utilizzo”. Esami che il MiTE chiede di raccogliere in un dossier di filiera da portare al tavolo di valutazione del provvedimento “che è aperto da luglio”, ha ricordato Laura D’Aprile.
Dal canto loro Città Metropolitana di Milano e Regione Lombardia (dove ogni anno si gestisce circa un terzo dei rifiuti da costruzione e demolizione generati a livello nazionale) si sono dette pronte a farsi portavoce dell’istanza. “Proponiamo di candidare alcune trasformazioni critiche in atto a livello territoriale a diventare un test in tempo reale per trovare il punto di equilibrio normativo e industriale – ha detto Emilio De Vita, direttore area ambiente di Città Metropolitana di Milano – un approccio che condivideremo con Regione Lombardia e con le imprese che ci hanno già garantito la loro disponibilità”. In prima linea quelle riunite al tavolo di lavoro convocato ieri da Città Metropolitana e Assimpredil, e rappresentate dalle più autorevoli sigle di settore, da Ance ad Anpar (riciclatori) a Nadeco (demolitori), passando per Atecap (calcestruzzi) e Anepla (produttori e commercianti di materiali lapidei). “Le imprese devono riuscire a fare filiera e condividere un obiettivo comune” ha commentato Pietro Merlini, consigliere delegato Assimpredil Ance per l’economia circolare. “La soluzione è sempre nel dialogo – ha sottolineato Elisabetta Confalonieri di Regione Lombardia – dialogo con il Ministero, ma anche dialogo con le imprese. Ora c’è da lavorare per fornire tutti i dati utili a rettificare quanto decretato”. “Dobbiamo fare presto – ha aggiunto De Vita – perché 180 giorni passano in fretta”.