Meno di un mese. Tanto è servito alla nuova maggioranza di governo per trovare l’accordo che, nelle intenzioni di Pd e Movimento 5 Stelle, dovrebbe sbloccare lo stallo sulle autorizzazioni al riciclo. Accordo concretizzatosi in un emendamento che sarà presentato al senato nell’ambito dell’esame del decreto legge “SalvaImprese”. Due le direttrici principali lungo le quali si muove il provvedimento: la prima punta a salvaguardare le autorizzazioni già in essere e quelle in scadenza, mentre la seconda dovrebbe regolamentare il rilascio da parte delle autorità competenti di nuove autorizzazioni, reintroducendo il cosiddetto “caso per caso” ma anche un articolato sistema di controlli e istituendo presso il Ministero dell’Ambiente un registro nazionale nel quale confluiranno tutti i provvedimenti adottati a livello locale.
L’emendamento punta insomma a superare le criticità generate dalla sentenza del Consiglio di Stato del febbraio 2018 che aveva sancito come le autorizzazioni al riciclo potessero essere rilasciate solo in presenza di specifici criteri nazionali o comunitari per la cessazione della qualifica di rifiuto, negando la possibilità per regioni e province di stabilirne di nuovi “caso per caso” per tutte quelle tipologie di rifiuto che non fossero già disciplinate. Alla sentenza aveva poi fatto seguito un contestatissimo emendamento al decreto “sblocca cantieri” che invece di risolvere la questione l’aveva ulteriormente complicata, vincolando il rilascio delle autorizzazioni, oltre che ai criteri end of waste nazionali e comunitari, ai soli parametri contenuti nei decreti sul recupero agevolato dei rifiuti, vecchi di oltre vent’anni. Il tutto a discapito dei processi di riciclo più innovativi. Una pesantissima situazione di stallo, per l’Italia del riciclo, con decine di aziende da Nord a Sud a rischio stop per mancato rinnovo dei nulla osta. Un rischio che l’emendamento al dl “SalvaImprese” punta a scongiurare.
In base all’emendamento, infatti, le autorizzazioni in essere alla data di entrata in vigore del dl “SalvaImprese” o per le quali sia in corso un procedimento di rinnovo o che risultino scadute ma per le quali verrà presentata un’istanza di rinnovo entro 120 giorni dall’entrata in vigore della disposizione, sono fatte salve e sono rinnovate nel rispetto delle disposizioni del Testo unico ambientale. Per le nuove autorizzazioni invece, il testo prevede che il rilascio debba avvenire “nel rispetto delle condizioni” dell’articolo 6, paragrafo 1, della Direttiva 98/2008/CE, la Direttiva Quadro sui Rifiuti. Si prevede inoltre la possibilità, per gli enti deputati al rilascio dei nulla osta, di individuare “criteri dettagliati, definiti nell’ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori” in assenza di specifici criteri nazionali o comunitari. Torna insomma la possibilità, negata dalla sentenza del Consiglio di Stato, di stabilire criteri di fine rifiuto caso per caso? Più o meno, visto che per tutte quelle categorie di rifiuto non disciplinate da appositi provvedimenti end of waste, l’autorizzazione a operare potrà sì essere rilasciata sulla base di parametri specifici definiti ad hoc da regioni e province, ma dovrà anche essere sottoposta ad un complesso procedimento di verifica, che ha già suscitato perplessità nel mondo degli addetti ai lavori.
Le autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni saranno tenute a comunicare all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) i nuovi provvedimenti autorizzatori adottati, riesaminati o rinnovati, entro dieci giorni dalla loro notifica al soggetto istante. L’Ispra (o l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) delegata), dovrà quindi verificare, con modalità a campione e in contraddittorio con l’interessato, la conformità delle modalità operative alle autorizzazioni. In caso di non conformità, dovrà essere stilata una apposita relazione da inviare al Ministero dell’Ambiente, che dovrà adottare le proprie conclusioni, motivando l’eventuale mancato recepimento degli esiti dell’istruttoria contenuti nella relazione e trasmettendole all’Autorità competente, che dovrà avviare un procedimento finalizzato all’adeguamento da parte del soggetto interessato alle conclusioni disponendo, in caso di mancato adeguamento, la revoca del provvedimento autorizzatorio e dando tempestiva comunicazione della conclusione del procedimento al Ministero stesso. Che in caso di mancata attivazione dell’Autorità potra agire in via sostitutiva anche nominando un Commissario. Tutte le autorizzazioni verranno raccolte in un registro nazionale istituito presso il Ministero dell’Ambiente. L’iter, in effetti, non è proprio dei più agevoli.