L’economia circolare è legge dello Stato. È stato pubblicato oggi in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo che recepisce due delle direttive contenute nel pacchetto di misure approvato dall’Ue nel giugno 2018: quelle su rifiuti e imballaggi. Quattro i testi ratificati in via definitiva dal governo lo scorso 3 settembre: oltre a quello pubblicato oggi, sono in attesa di finire in Gazzetta quelli su pile e accumulatori e Raee; veicoli a fine vita; discariche. Quattro provvedimenti per affrontare la sfida della transizione verso un modello circolare di sviluppo economico, basato sulla riduzione degli scarti e sul recupero di risorse dai rifiuti, secondo i dettami dell’Ue. Nello specifico, si chiede all’Italia, tra l’altro, di raggiungere entro il 2025 il 55% di riciclo dei rifiuti urbani, mentre già nel 2030 per i soli imballaggi bisognerà aver raggiunto complessivamente il 70%. Quanto ai conferimenti in discarica, entro il 2035 il tetto massimo dovrà essere del 10%, mentre a partire dal 2023 la raccolta differenziata dei rifiuti organici diventerà obbligatoria.
Il decreto pubblicato oggi ridisegna il quadro normativo italiano in materia di gestione dei rifiuti, andando tra l’altro a modificare in maniera sostanziale la parte IV del decreto legislativo 152 del 2006, il cosiddetto Testo unico ambientale. Una rivoluzione alla quale saranno tenuti ad adeguarsi tutti i soggetti pubblici e privati che producono, raccolgono, trasportano e gestiscono rifiuti. Cambiano molte delle definizioni, a partire da quella di “rifiuto urbano”, così come cambiano le discipline di legge relative al deposito temporaneo, alla classificazione, ai criteri di ammissibilità in discarica dei rifiuti. Ma cambia anche il ruolo dei produttori di beni di consumo, con un rafforzamento dell’istituto della responsabilità estesa, tra i principi cardine dell’impalcatura normativa disegnata dall’Ue e oggi entrata definitivamente nell’ordinamento italiano.
Ampio spazio è poi dedicato alla revisione della disciplina di legge sulla tracciabilità dei rifiuti, L’entrata in vigore del decreto legislativo di recepimento della direttiva europea sui rifiuti riscrive infatti il quadro normativo nazionale in materia, preparando l’avvento del nuovo sistema, il RenTri. Il nuovo sistema di tracciabilità, si legge infatti nel decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale, sarà “integrato nel Registro Elettronico Nazionale” istituito a seguito della conversione del Decreto Legge n. 135/2018 (e della contestuale abolizione del Sistri) e sarà gestito dall’Albo Nazionale Gestori Ambientali. Il sistema, si legge nel decreto, sarà strutturato in due sezioni: la prima, denominata “anagrafica”, comprenderà i dati dei soggetti iscritti e le informazioni relative alle specifiche autorizzazioni rilasciate agli stessi per l’esercizio delle attività di gestione dei rifiuti; la seconda, denominata invece “tracciabilità”, comprenderà i dati relativi alle singole movimentazioni, nonché le informazioni relative ai percorsi dei mezzi di trasporto.
Ma l’elenco delle novità sul fronte dei rifiuti urbani è ancora lungo: il nuovo decreto inciderà infatti profondamente sui meccanismi che regolano il sistema italiano di raccolta e gestione. Cambiano ad esempio le logiche di finanziamento delle differenziate, con i sistemi EPR, ovvero i consorzi afferenti al Conai nel caso dei rifiuti da imballaggio, che saranno obbligati a coprire il 100% dei “costi efficienti” di gestione (l’80% in deroga) entro il 2024. Novità anche in materia di impianti. Il decreto rifiuti demanda infatti al Ministero dell’Ambiente, con il supporto tecnico di Ispra, la definizione di un “Programma nazionale di gestione dei rifiuti” che, si legge al comma 1 dell’art. 2, “fissa i macro obiettivi, definisce i criteri e le linee strategiche cui le Regioni e Province autonome si attengono nella elaborazione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti”. Il programma dovrà contenere, tra l’altro, “la ricognizione impiantistica nazionale”, indicando il fabbisogno di recupero e smaltimento da soddisfare. Una misura che ridimensionerà la potestà degli enti locali, con le Regioni che dal canto loro avranno la possibilità di definire accordi per “l’individuazione di macro aree” che consentano “la razionalizzazione degli impianti dal punto di vista localizzativo, ambientale ed economico, sulla base del principio di prossimità”.