Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti e Strategia sull’Economia Circolare incassano il plauso dei portatori d’interesse, che sottolineano la necessità di monitorare con attenzione la fase attuativa
Dai nuovi obblighi di pianificazione della gestione dei rifiuti posti in capo alle Regioni all’adozione di strumenti inediti per spingere il mercato dei materiali riciclati, passando per l’attesa riforma della fiscalità in materia ambientale. Le imprese plaudono alla capillare azione di revisione del quadro normativo di riferimento in materia di rifiuti e riciclo messa in campo dal Ministero della Transizione Ecologica con il via libera, arrivato entro la scadenza fissata al 30 giugno dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, alle due grandi riforme di settore, il Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti e la Strategia Nazionale sull’Economia Circolare. Due strumenti con un unico obiettivo, allineare il Paese alle ambiziose politiche europee in materia di circolarità tracciate dalla Commissione UE nel nuovo piano d’azione lanciato nel 2020 e prima ancora dal pacchetto di direttive adottato nel 2018 che ha fissato ambiziosi target al 2035 come il 65% di riciclo e il 10% massimo di smaltimento in discarica dei rifiuti urbani.
Obiettivi da traguardare partendo dalla promozione dello sviluppo industriale del sistema nazionale di gestione dei rifiuti. La responsabilità delle pianificazioni territoriali resta in capo alle Regioni, alle quali però il Programma Nazionale fornisce i criteri e le linee guida che dovranno accompagnare la rendicontazione dei flussi e di conseguenza la scelta del mix tecnologico necessario a minimizzare il ricorso alla discarica e massimizzare il recupero di materia ed energia. Non solo per i rifiuti urbani, ma per un ampio ventaglio che va dagli scarti da costruzione e demolizione ai rifiuti elettrici ed elettronici fino ai veicoli a fine vita. “La riflessione sulle strategie di gestione dei rifiuti in un’ottica di economia circolare – spiega Filippo Brandolini, vice presidente di Utilitalia – non può scindersi sulla base dei confini amministrativi che hanno caratterizzato fin qui il rapporto tra rifiuti urbani e speciali”. “I vecchi piani regionali – conferma Marco Ravazzolo di Confindustria – si concentravano prevalentemente sui rifiuti urbani. Tant’è che non poche sentenze del Consiglio di Stato hanno prescritto alle amministrazioni territoriali di prendere in considerazione nella pianificazione anche i flussi degli speciali. Il PNGR fa bene a far saltare questa distinzione”.
“Il Programma Nazionale dà per la prima volta delle indicazioni specifiche alle Regioni – aggiunge Valeria Frittelloni, direttore del centro rifiuti di Ispra – che nel momento della pianificazione dovranno conoscere molto bene il proprio ciclo di gestione in modo da garantire che la valutazione dei fabbisogni sia perfettamente ricostruita. Negli anni abbiamo assistito spesso a valutazioni che poi portavano di fatto alla mancata chiusura del ciclo di gestione, soprattutto per flussi sui quali la normativa prevede l’autosufficienza regionale”. Come nel caso dei rifiuti indifferenziati, che continuano invece a viaggiare dalle Regioni meno infrastrutturate, tipicamente quelle del Centro-Sud, verso le Regioni del Nord. Quando non addirittura verso l’estero. “Un elemento fondante del Programma è l’applicazione del principio di prossimità – spiega Frittelloni – per fare in modo che i rifiuti smettano di viaggiare sul territorio nazionale”.
Un principio, quello della prossimità, che nelle proprie pianificazioni gli enti territoriali potranno declinare anche a livello di macroarea, sulla base di accordi tra Regioni per l’avvio a recupero energetico nel caso di rifiuti residui non riciclabili e per il riciclo dei rifiuti organici da raccolta differenziata. “Andare al di là degli ambiti regionali – spiega Filippo Brandolini – è una necessità se vogliamo perseguire una gestione industriale dei rifiuti. Non possiamo pensare a impianti di recupero energetico per ogni provincia o per ogni regione ma dobbiamo ragionare su bacini che consentano di rendere ottimali questi investimenti, che sono importanti. Lo stesso vale per il rifiuto organico. L’approccio del Programma Nazionale è positivo, perché cerca di cogliere il miglior ‘trade-off’ tra l’efficienza del ciclo e il principio di prossimità”.
Il Programma Nazionale, spiega il MiTE, è solo uno dei pilastri attuativi della Strategia Nazionale sull’Economia Cirolare, il più ampio quadro di strumenti normativi, economici e fiscali che da qui al 2035 dovranno supportare la transizione. “Economia circolare non è sinonimo di gestione dei rifiuti – spiega Laura D’Aprile, capo dipartimento per lo sviluppo sostenibile del MiTE – ma è un nuovo modello di produzione e consumo basato sulla minimizzazione degli scarti e prima ancora sull’uso efficiente delle risorse”. “Un lavoro che in Italia si fa da tantissimo tempo – osserva Brandolini – adesso la guerra ci conferma in maniera drammatica quanto sia importante valorizzare le risorse non solo in ottica di circolarità e di decarbonizzazione ma anche in funzione della riduzione della dipendenza del nostro Paese dalle importazioni dall’estero. Che non è solo dipendenza in termini di energia ma anche di materiali”.
Un modello, quello circolare, che la Strategia punta a promuovere con interventi a tutto campo, che vanno dalla digitalizzazione degli adempimenti ambientali al rafforzamento dell’istituto della responsabilità estesa del produttore, dal rilancio degli acquisti verdi nella pubblica amministrazione all’adozione di nuovi strumenti per spingere il mercato delle materie prime secondarie come i cosiddetti ‘certificati del riciclo’, da corrispondere ai riciclatori sul modello dei certificati bianchi per l’efficienza energetica. “Strumenti necessari a valorizzare il contributo del riciclo alla decarbonizzazione, che oggi non viene valorizzato né monetizzato” spiega Maria Letizia Nepi, vice direttore di Assoambiente. “Ma indispensabili anche a fare in modo che le attività di riciclo – aggiunge Brandolini – proseguano senza interruzioni nelle congiunture di mercato in cui i prezzi delle materie prime seconde rischiano di non essere competitivi con quelli delle materie prime vergini”.
Altro fronte quello della fiscalità ambientale, che secondo la Strategia “va riprogettata in senso circolare” spiega Nepi, ad esempio con l’introduzione di forme di tassazione che penalizzino lo smaltimento premiando invece forme di gestione dei rifiuti più virtuose. Un fronte sul quale il Ministero della Transizione Ecologica garantisce di essere già al lavoro. “La scorsa settimana – chiarisce Laura D’Aprile – il Comitato interministeriale per la transizione ecologica ha determinato l’eliminazione dei Sussidi Ambientali Dannosi (SAD) legati all’incenerimento senza recupero energetico e all’iva agevolata per il conferimento in discarica, che saranno trasformati in Sussidi Ambientali Favorevoli (SAF). Abbiamo formulato le prime proposte per uno o più SAF equivalenti, che possano consentire, ad esempio, l’effettiva incentivazione dell’uso di materiali riciclati”.
Unico neo della Strategia, secondo i portatori d’interesse, la mancanza di obiettivi intermedi e misure cogenti nell’arco temporale da qui al 2035. “Su alcuni strumenti siamo già molto avanti – spiega Nepi – sugli acquisti verdi nella pubblica amministrazione, ad esempio, o sull’end of waste, seppur tra luci e ombre. Fissare un cronoprogramma con tappe intermedie sarebbe stato utile per evitare di arrivare al 2034 e scoprire di dover fare ancora molta strada”. “Come per tutti gli strumenti di pianificazione – osserva Brandolini – l’aspetto più delicato è quello dell’attuazione. È importante che ci siano strumenti di monitoraggio. Sono d’accordo sull’idea che possano servire delle tappe intermedie su cui misurarsi”. Il rischio è che una parte del poderoso corpus di misure disegnato dal MiTE possa restare sulla carta. Preoccupazioni alle quali il Ministero risponde ricordando che per vigilare sull’attuazione della Strategia è prevista l’istituzione di un apposito osservatorio, “che nascerà proprio – spiega D’Aprile – con l’obiettivo di delineare i traguardi intermedi da qui al 2035”. Senza dimenticare che molti degli interventi anticipati dalla Strategia sono già in avanzata fase di lavorazione. “Come lo schema di regolamento sulla semplificazione della preparazione per il riutilizzo – aggiunge Valeria Frittelloni – o diversi schemi di regolamento end of waste, che sono in fase conclusiva. Sono tante le misure già in cantiere, e l’osservatorio servirà a dettare le tempistiche per l’adozione da qui ai prossimi anni”.