Ecoballe, lo smaltimento definitivo costerà più di 800 milioni

di Luigi Palumbo 15/01/2024

Tra fondi nazionali, fondi FSC (previo sblocco da parte del governo) e altre risorse, complessivamente le operazioni di smaltimento delle ecoballe potrebbero arrivare a costare più di ottocento milioni di euro. Ma l’eredità dell’emergenza è già destinata a superare il miliardo


Più di ottocento milioni di euro. Forse qualcosina in meno, ma la cifra resta mostruosa. Come mostruose, del resto, sono le proporzioni dell’impresa che quella cifra dovrebbe finanziare: la rimozione definitiva delle piramidi di ecoballe campane, al tempo stesso eredità e rappresentazione plastica della peggiore emergenza rifiuti nella storia del nostro Paese. Un’eredità al contrario: occorre pagare per liberarsene. Un debito, di fatto, la cui estinzione passa anche per la lite tra il governatore della Campania Vincenzo De Luca e il ministro Raffaele Fitto sul mancato sblocco dei fondi FSC. Una querelle che va avanti da mesi – “da un anno e mezzo”, ha detto due giorni fa il governatore, chiedendo le dimissioni del titolare del dicastero per gli Affari Europei e annunciando di avere sporto denuncia a suo carico in sede amministrativa, civile e penale – e che rischia di ripercuotersi anche sul completamento delle operazioni di smaltimento delle ecoballe. Una parte rilevante delle quali dipende proprio dalla sigla dell’intesa con Roma per l’assegnazione dei 6,5 miliardi di euro del ciclo 2021-2027.

Della quota di competenza della Campania, infatti, circa 290 milioni dovranno servire a finanziare lo smaltimento fuori regione di 1,2 milioni di tonnellate di rifiuti imballati. La gara d’appalto, pur formalmente in assenza di copertura economica, è partita a metà dicembre 2023 con il termine ultimo per la presentazione delle offerte fissato al prossimo 26 gennaio. Al netto dei tempi tecnici per la valutazione delle proposte, il mancato sblocco dei fondi rischia quindi di pregiudicare la sottoscrizione degli accordi con le ditte aggiudicatarie. E ritardare l’avvio delle operazioni che la Regione, almeno stando al capitolato di gara, conta di completare entro 48 mesi dalla sottoscrizione dei contratti. Una previsione ottimistica, tenuto conto del fatto che la prima tranche di trasferimenti fuori regione delle ecoballe, partita nel 2015, si completerà solo quest’anno.

A chiarirlo è l’ultimo report di monitoraggio sull’attuazione del piano regionale rifiuti, con i dati aggiornati a fine 2023. Al termine cioè del primo anno di piena operatività delle tre linee d’azione volute dalla Regione per la rimozione dei rifiuti ‘storici’: trasporto fuori regione, trattamento per la produzione di combustibile nell’impianto di Caivano, lavorazione per il recupero di materia nell’impianto di Giugliano. Stando al dossier, sono poco meno di tre i milioni di tonnellate di ecoballe attualmente stoccati in Campania in attesa di essere rimossi, a otto anni dall’avvio del piano straordinario lanciato dalla giunta regionale nel novembre del 2015 per liberare definitivamente le piazzole sulle quali, tra 2000 e 2009, erano stati accumulati oltre 5 milioni di tonnellate di rifiuti impacchettati. Ricalcolati, a fine 2019, in 4,3 milioni per effetto della perdita di sostanza organica. Dei quali, a oggi, circa 1,5 risultano definitivamente rimossi.

Nell’ambito dei trasferimenti fuori regione, si legge nel report, sono state già rimosse 1 milione 37mila tonnellate, mentre altre 3mila verranno smaltite entro l’anno completando la tranche. Un risultato che il cronoprogramma originale del piano, segnato forse da eccessivo ottimismo, prevedeva di raggiungere nel giro di un paio d’anni e che invece ne ha richiesti quasi nove. Complice una lunga serie di ostacoli, dalla crisi del mercato globale dei rifiuti al covid, fino all’ingolfamento della logistica nei mesi della ripartenza, per citarne solo alcuni. Difficoltà che hanno costretto la Regione a rivedere più volte al rialzo gli importi per tonnellata messi a base di gara, fino ad arrivare a un costo complessivo di 150 milioni di euro. Circa la metà delle risorse appostate sulla nuova gara finanziata (forse) dai fondi FSC. Segno che, in un mercato sempre più corto, Palazzo Santa Lucia vuole puntare sul sicuro, mettendo sul piatto (governo permettendo) una cifra che le consenta di fare fronte ai circa 240 euro che oggi servono per smaltire fuori regione una tonnellata di indifferenziato.

Quanto alle due linee ‘industriali’ del piano, l’impianto di Giugliano, entrato in funzione a giugno dello scorso anno, ha trattato fino a dicembre un totale di 20mila tonnellate, recuperando dalle ecoballe i materiali riciclabili – principalmente metalli e in misura minore plastiche – e avviando tutto il resto a recupero di energia dentro e fuori i confini nazionali. A pieno regime l’impianto è strutturato per riprocessare 200mila tonnellate l’anno e, stando all’accordo sottoscritto dalla Regione con la società che lo gestisce, la pugliese CISA, dovrà lavorare per almeno due anni su cubi di rifiuti prelevati dal maxi sito di stoccaggio di Masseria del Re, vero e proprio monumento all’emergenza rifiuti in Campania. Viaggia invece già da quasi due anni, di cui uno a pieno regime, l’impianto di Caivano, gestito da A2A, che dal marzo del 2022 al dicembre 2023 ha trattato 415mila tonnellate di ecoballe, trasformandole in CSS, combustibile da rifiuti per inceneritori nazionali ed esteri. Al ritmo di 400mila tonnellate l’anno le linee dell’impianto dovranno trattare complessivamente 1 milione 200mila tonnellate di rifiuti impacchettati.

Al termine del periodo stabilito da contratto, vale a dire a cavallo tra 2025 e 2026, i due impianti di Caivano e Giugliano avranno trattato complessivamente 1,6 milioni di tonnellate di ecoballe. Sommandole al milione già inviato fuori regione e agli 1,2 milioni di tonnellate della nuova gara, viene fuori che per chiudere definitivamente il capitolo ecoballe occorrerà rimuovere ancora una quota compresa tra le 500 e le 600mila tonnellate di rifiuti. L’idea è quella di rinnovare le intese con le aziende che gestiscono i due impianti, “previa individuazione degli ulteriori fondi necessari”, chiarisce però il report. Insomma, se fin qui l’operazione, titanica, è stata finanziata dal generoso stanziamento da 450 milioni di euro disposto nel 2015 dall’allora governo in carica, e altri 300 milioni dovrebbero arrivare dal fondo FSC, i soldi necessari a portarla a termine andranno reperiti da qualche altra parte. Una cifra che, calcolata sulla base del prezzo medio a tonnellata attualmente riconosciuto ai gestori di Giugliano e Caivano (circa 140 euro), dovrebbe aggirarsi tra i 70 e gli 80 milioni di euro. Portando a oltre 800 milioni di euro il costo finale del piano di smaltimento.

Senza dimenticare che, nel frattempo, continua lo stillicidio delle sanzioni quotidiane inflitte dalla Commissione europea per l’emergenza rifiuti: l’auspicio della Regione è che con l’avvio dell’impianto di Giugliano l’Ue scelga di decurtarle di un ulteriore terzo dopo averle già ridotte di 40mila euro sui 120mila totali a seguito dell’attivazione dell’impianto di Caivano. Stando all’ultima rilevazione della Corte dei Conti, dal 2015 al 2021 il totale delle multe pagate all’Ue sfiorava i 282 milioni di euro. Che sommati alla cifra monstre per smaltire le ecoballe portano a più di un miliardo di euro il computo dell’eredità degli anni dell’emergenza.

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