«Prima ancora che l’ambiente, ad essere inquinato è l’intero sistema di gestione dei Rifiuti nella Regione, come confermato anche da importanti indagini giudiziarie per corruzione effettuate dalla procura della Repubblica di Palermo». Queste le conclusioni della relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei Rifiuti, presieduta da Alessandro Bratti: tre missioni, decine di audizioni e un’importante acquisizione di documenti per disegnare lo stato dell’arte del ciclo dei Rifiuti in una delle regioni italiane più critiche. La relazione di quasi 400 pagine, presentata da Stella Bianchi e Renata Polverini, ricostruisce compiutamente la «presenza di un sistema di illegalità diffuso e radicato che costituisce uno dei veri ostacoli ad un’autentica risoluzione delle problematiche esistenti ormai da decenni».
La Regione Sicilia ha sulle spalle «almeno un ventennio di evidenti e gravi criticità», che la Commissione ricostruisce: la situazione attuale «fatta di continue emergenze – rileva – risente pesantemente di scellerate scelte effettuate soprattutto dal 2002 in poi, quando la Sicilia scelse di costruire quattro mega inceneritori». Quella programmazione «ha compromesso lo sviluppo della raccolta differenziata – si legge nel capitolo conclusivo della relazione approvata oggi – mentre la costituzione dei 27 ATO ha esautorato i comuni delle proprie competenze altresì provocando una gravissima crisi finanziaria conseguente alla deficitaria e non trasparente gestione di queste società che, è bene riaffermarlo, sono stati uno strumento in mano alla politica per il controllo del consenso». Per quanto riguarda la situazione attuale, i commissari hanno evidenziato che «questa pesante eredità non è stata superata dall’attuale presidente della Regione, tant’è che oggi molti territori siciliani sono invasi dal pattume e l’idea di portare i Rifiuti fuori regione è la prova più lampante dell’attuale crisi di sistema».
Particolarmente critica è stata la scelta del ricorso continuo all’emergenza e al sistema di deroghe, che si sono dimostrati inefficaci. Il vero nodo, secondo la Commissione, è il sistema di controllo da parte delle amministrazioni pubbliche, con particolare riferimento alla Regione Sicilia: il quadro «non solo mostra quanto i controlli regionali siano stati inesistenti ma dà prova di quanto nella Regione siciliana sia ramificata la corruzione», si legge nella relazione. Anche le nomine «sono state effettuate senza tenere in alcun conto le competenze e le professionalità, sulla base di logiche evidentemente estranee al buon andamento della pubblica amministrazione», spiegano i commissari. Dall’analisi della Commissione, appare «emblematica» la vicenda degli inceneritori «per la capacità delle organizzazioni di stampo mafioso di avere contezza degli affari attraverso, evidentemente, un’area di contiguità estremamente estesa che riguarda interi settori delle professioni, della politica e delle pubbliche amministrazioni».
L’inchiesta della magistratura palermitana non ha raggiunto la conferma a livello processuale di un accordo tra il mondo economico e le associazioni criminali sulla vicenda, anche perché le condotte sono ormai risalenti ed eventuali ipotesi di reato, come precisato dai magistrati palermitani, sarebbero comunque estinte per maturata prescrizione, «rimangono però fonti convergenti – si legge nel testo approvato – in merito alle gravissime anomalie del bando di gara e del procedimento, oltre che delle fasi successive concernenti la risoluzione delle convenzioni stipulate con le ATI». Sulla vicenda è però mancata un’indagine tempestiva da parte della Procura della Repubblica, che la relazione evidenzia, ricordando che «le indicazioni e gli accertamenti esposti nella relazione territoriale sulla Sicilia della Commissione parlamentare sulle attività illecite connesse al ciclo dei Rifiuti della precedente legislatura potevano divenire suscettibili di essere apprezzati in termini di rilevanza come notizia di reato».
Ulteriore dato emerso nel corso dell’inchiesta della Commissione parlamentare è la ricorrenza delle medesime società operanti nel settore dello smaltimento dei Rifiuti in diverse inchieste giudiziarie, e ciò nonostante, la loro perdurante operatività nel settore in numerose parti d’Italia. La Commissione ritiene fondamentale «sviluppare un sistema di maggiore comunicazione tra le diverse procure italiane in modo da potere valorizzare in una lettura unitaria e più aderente alla realtà quei dati e quelle notizie che, acquisiti in indagini parcellizzate, non possono essere apprezzati nella loro più ampia significatività». Rimane meritoria l’azione delle magistratura, che spesso riesce a “pulire” il settore eliminando dal mercato i soggetti con comportamenti critici e «particolarmente efficace» è stato l’intervento dell’Autorità anticorruzione.