Nel 2021 le imprese del riciclo della carta hanno prodotto 7 milioni di tonnellate di maceri, in crescita sull’anno precedente, ma la crisi energetica e l’inflazione hanno fatto crollare le quotazioni, passate da 100 a 40 euro la tonnellata
Crescono le quantità di rifiuti in carta e cartone riciclate in Italia, ma crisi energetica e inflazione fanno crollare i prezzi di mercato dei maceri. È uno scenario incerto quello che si apre davanti agli operatori del riciclo meccanico dei rifiuti cellulosici, che dopo una eccezionale ripresa post pandemia a cavallo tra 2021 e 2022, vedono la strada farsi di nuovo in salita, complici le turbolenze del quadro geopolitico sconvolto dall’invasione russa dell’Ucraina ma anche gli eterni deficit del sistema nazionale di gestione dei rifiuti. I numeri, sia chiaro, restano sempre quelli di una autentica eccellenza dell’economia circolare, seconda solo alla Germania: lo scorso anno la produzione italiana della carta da macero, dice l’ultimo rapporto di Unirima presentato oggi, è salita da 6,81 milioni del 2020 a poco meno di 7 milioni di tonnellate del 2021(+3%). A fronte di una produzione di nuova carta pari a circa 9,62 milioni di tonnellate il tasso di riciclo complessivo nel 2021 è pari al 72,8%, che sale all’85,08% per i soli imballaggi, confermando il raggiungimento e superamento dell’obiettivo europeo al 2030.
Sul totale dei maceri ‘end of waste’ prodotti dai quasi 600 impianti di riciclo operativi sul territorio nazionale, 5,7 milioni di tonnellate sono state acquistate dalle cartiere italiane, che pur avendo incrementato la propria capacità produttiva con la riconversione di diversi stabilimenti da carta grafica a cartone per imballaggio, non riescono ad assorbire tutto il macero ‘end of waste’ generato in Italia. Anche nel 2021 il surplus strutturale, spiega Unirima, ha quindi trovato sbocco sul mercato globale: circa 1,3 i milioni di tonnellate di maceri esportati, finiti principalmente in Indonesia e India (che insieme assorbono il 48% delle esportazioni), una importante valvola di sfogo soprattutto per le frazioni per le quali la domanda nazionale è in netto calo, come la carta grafica. “Grazie alle esportazioni siamo riusciti a risolvere quello che poteva diventare un problema per tutto il Paese, ovvero il blocco delle raccolte differenziate” ha spiegato il presidente di Unirima Giuliano Tarallo. E qui veniamo al tema delle quotazioni di mercato, perché se per le carte grafiche il ricorso all’export, soprattutto nella prima metà del 2022, ha contribuito a garantire una maggiore tenuta dei prezzi – con un valore che si colloca attualmente tra gli 80 e i 100 euro la tonnellata – per tutte le altre qualità di macero invece i prezzi sono letteralmente crollati.
“Il settore cartario – scrive Unirima – sta attraversando una situazione straordinaria e delicata connessa agli effetti della guerra in Ucraina che stanno incidendo sia a monte che a valle della filiera”. L’accelerazione dell’inflazione che disincentiva i consumi e l’impennata dei costi energetici che costringe le cartiere a rallentare o fermare si stanno traducendo nel crollo della domanda di maceri. Dopo un 2021 con valori ai massimi, trainati dalla ripresa post pandemica e dalla maggior domanda di imballaggi proveniente dal settore del delivery, ad agosto del 2022 la tendenza si è invertita, con quotazioni che per la carta e il cartone da imballaggio sono passate nel giro di un mese da 100 a 40 euro la tonnellata (-69%). Un tonfo che colloca la seconda metà del 2022 negli annali delle grandi crisi del mercato dei maceri insieme a quelle del 2008 e del 2020. Dati che obbligano a studiare misure capaci di conciliare la volatilità dei mercati con le esigenze di continuità necessarie a rendere sostenibili anche sotto il profilo economico le attività di riciclo. “Misure di supporto alla domanda di materia riciclata – ha spiegato Alessandro Marangoni, ceo di Althesys – ma anche di spinta all’innovazione tecnologica e agli investimenti in nuove infrastrutture per aumentare la capacità impiantistica interna, sia sul fronte dell’utilizzo dei maceri che su quello della gestione degli scarti di processo”.
Se le quotazioni dei maceri sono in picchiata, infatti, le raccolte differenziate continuano invece a crescere e con loro le quantità di rifiuti da lavorare. E, di conseguenza, anche quelle degli scarti delle operazioni di riciclo da gestire. Scarti che potrebbero essere trasformati in energia o in combustibile da rifiuti, ma la “drastica riduzione della capacità degli impianti che dovrebbero trattarli”, rileva Unirima, e il parallelo aumento dei costi di conferimento rende di fatto impraticabile questa opzione, orientando i riciclatori, tanto più alla luce del crollo dei valori di mercato dei maceri, verso soluzioni più economiche ma meno sostenibili. Tant’è che a valle di un sondaggio effettuato su 120 impianti, il 45% ha rivelato di conferire i propri rifiuti in discarica, mentre solo il 16% delle imprese, in prevalenza nel Nord, ha detto di inviare i rifiuti direttamente a recupero di energia. Uno scenario rispetto al quale “il Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti (PNGR) può rappresentare sicuramente un significativo passo avanti”, nota Unirima, visto che include gli scarti delle operazioni di riciclo tra i flussi strategici per i quali le Regioni dovranno garantire una gestione in linea con l’obiettivo europeo del 10% massimo di smaltimento in discarica da raggiungere entro il 2035 anche potenziando la dotazione di impianti di recupero energetico.