Tra rifiuti indifferenziati e organico da raccolta differenziata nel 2022 la Campania ha inviato più di 800mila tonnellate in altre regioni o nazioni. Ma sono tante le regioni che hanno smaltito o recuperato i propri rifiuti negli impianti degli altri, in deroga al principio di autosufficienza, si legge nell’ultimo rapporto ISPRA
Altro che autosufficienza e prossimità: in Italia i rifiuti urbani continuano a viaggiare a ogni altezza dello Stivale. Non solo quelli sul libero mercato – come i rifiuti riciclabili da raccolta differenziata – ma anche, anzi soprattutto, quelli non riciclabili. Quelli che ogni regione dovrebbe smaltire o recuperare in forma di energia sul proprio territorio, e che invece, secondo l’ultimo rapporto rifiuti urbani dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, sono finiti ovunque. Perfino a Cipro. Stando al Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti, la riforma del PNRR che ha introdotto le linee guida alle quali le regioni devono attenersi nella redazione delle proprie strategie di gestione, entro il 31 dicembre scorso le amministrazioni territoriali avrebbero dovuto adeguare la pianificazione dei propri impianti di trattamento ai principi cardine di una gestione sostenibile – autosufficienza e prossimità, appunto – seppur con un’apertura a gestioni di macroarea (quindi ad accordi tra regioni vicine) per inceneritori e rifiuti organici. Ma la realtà, dicono i numeri, somiglia decisamente poco al quadro ideale che il Programma Nazionale vorrebbe definire.
Anche nel 2022, si legge nel rapporto rifiuti urbani, causa inadeguatezza del sistema impiantistico territoriale diverse regioni non sono riuscite a chiudere il ciclo di gestione degli urbani dentro i propri confini e sono state costrette ad affidarsi agli impianti degli altri. Compresi quelli in altre nazioni. Un fronte, quello dell’export transfrontaliero, che vede ancora una volta la Campania occupare una posizione da primatista assoluta: lo scorso anno il 36% degli scarti che l’Italia ha esportato oltre confine – pari a 309mila su 858mila tonnellate – proveniva proprio dalla Campania, composto per oltre 274mila tonnellate dai residui del trattamento dell’indifferenziato negli impianti tmb al servizio del ciclo ordinario di gestione. Frazioni che non hanno trovato spazio nell’unico termovalorizzatore regionale, quello di Acerra (che pure ne ha assorbite 736mila tonnellate) né nelle discariche, nessuna delle quali, riporta ISPRA, risultava operativa nel 2022. Tra le principali destinazioni Danimarca, Austria e Paesi Bassi, ma anche Grecia, Portogallo e Spagna. Al secondo posto nella classifica dell’export transfrontaliero (con un ampio margine) il Lazio con 153mila tonnellate, di cui 132mila generate dai tmb regionali e destinate, tra l’altro, anche a Cipro e in Portogallo.
Oltre che all’estero i residui del trattamento dell’indifferenziato campano sono finiti però anche in impianti nel resto d’Italia: negli inceneritori in Lombardia (95mila tonnellate) e in Emilia-Romagna (11mila), ma anche in discarica (36mila tonnellate). Tuttavia l’elenco delle regioni che nel 2022 hanno utilizzato inceneritori e discariche degli altri – in deroga al principio dell’autosufficienza – è decisamente fitto. Il Lazio, che paga soprattutto l’inefficienza del ciclo di gestione dei rifiuti romani (solo pochi giorni fa è stata bandita una gara europea da 400 milioni di euro per affidare la gestione di circa 2 milioni di tonnellate di scarti) ha spedito ad esempio rifiuti negli inceneritori in Lombardia (92mila), Molise (23mila) ed Emilia-Romagna (17mila), e in discariche altrui per 82mila tonnellate, l’Abruzzo ha invece inviato 25mila tonnellate a incenerimento in Molise, mentre la Lombardia ha smaltito in discarica fuori regione oltre 102mila tonnellate di rifiuti, di cui circa 39mila in Toscana. I residui non riciclabili, che ogni regione dovrebbe gestire sul proprio territorio, continuano insomma a finire in impianti di recupero e smaltimento anche molto lontani dal luogo di produzione.
I più ampi deficit territoriali di trattamento, tuttavia, continuano a registrarsi sul fronte dei rifiuti organici da raccolta differenziata. Rifiuti che al pari delle altre frazioni da riciclare possono viaggiare a libero mercato, ma che per qualità (sono putrescibili) e quantità (rappresentano in media la metà della differenziata) andrebbero comunque trattati in prossimità per massimizzare i benefici economici e ambientali del recupero. Anche perché più lontano vanno i camion che li trasportano, più la loro gestione diventa costosa e inquinante. Lo sanno bene la Campania, che per insufficiente dotazione di impianti sul territorio ha spedito in altre regioni oltre 480mila tonnellate di rifiuti organici (di cui 245mila in Veneto e 96mila in Lombardia), e il Lazio, che invece ne ha movimentate 289mila (103mila in Veneto e 112mila in Friuli-Venezia Giulia), ma quantità rilevanti sono anche quelle partire dalla Toscana (217mila tonnellate, di cui 72mila verso il Veneto e 67mila verso la Lombardia). Se non per le quantità movimentate, la Sicilia segna invece un record in negativo per la distanza percorsa: pur avendo fatto registrare un aumento del 36,6% nei quantitativi di rifiuti organici gestiti nel proprio territorio, l’isola ha infatti spedito al nord più della metà delle circa 45mila tonnellate avviate a trattamento fuori regione. Destinazione in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna.