Veicoli a fine vita: allarme per le nuove norme sull’esportazione

di Redazione Ricicla.tv 13/04/2017

Smontaggio illegale di pezzi di ricambio ed esportazione fuorilegge di veicoli usati, allontanamento dai target europei di recupero e gravi ricadute economiche ed occupazionali  per l’intera filiera delle autodemolizioni. Uno scenario catastrofico quello che, secondo gli operatori del comparto italiano del riciclo dei veicoli a fine vita, potrebbe prendere forma se la modifica all’articolo 103 del Codice della Strada, contenuta in uno schema di decreto legislativo in discussione in queste settimane in Parlamento, diventasse legge. Semplificando la disciplina normativa in materia di radiazione dai Pubblici registri dei veicoli destinati all’esportazione, infatti, il provvedimento avrebbe di fatto l’effetto di annullare una serie di misure introdotte nel 2015 per frenare il traffico illegale di veicoli a fine vita. Su tutte l’obbligo di certificare l’avvenuta reimmatricolazione all’estero. Le lancette dell’orologio, insomma, tornerebbero indietro e l’Italia rischierebbe di vedere collassare l’economia legata al ciclo legale delle auto da rottamare.

«Oggi siamo a un 35% circa di veicoli esportati, ma se il governo approva questo schema di decreto legislativo torniamo al 55-60%, che per noi della filiera del recupero significa il baratro, cioè non avere e linfa vitale per i nostri impianti e di conseguenza fermare anche gli investimenti per raggiungere l’obiettivo del 95% di riciclo e recupero imposto dall’Europa». Oltre al danno la beffa, visto che buona parte delle auto radiate dal Pra ed esportate, una volta giunta oltreconfine non torna a circolare ma viene smantellata. «Al momento – spiega Mauro Grotto, presidente di Aira, l’associazione dei riciclatori di auto – non c’è la prova che il veicolo esportato venga poi reimmatricolato all’estero, anzi. In realtà quasi tutti vengono smantellati e i pezzi di ricambio vengono venduti online, anche in Italia. Ma per la nostra filiera il vero danno economico è legato alla perdita del rottame ferroso, quello che noi impianti di frantumazione mandiamo in acciaieria. Un colpo pesantissimo per il nostro comparto, ma anche per quello siderurgico, che sarà costretto ahimé a comprare il rottame all’estero».

Ma a preoccupare i riciclatori di auto è anche il rischio che la diminuzione del volume di veicoli in ingresso negli impianti a seguito dell’aumento delle esportazioni possa compromettere il recupero degli investimenti messi in campo negli ultimi anni per migliorare la qualità del riciclo. «Con la direttiva 53 del 2000 l’Europa ha imposto che i veicoli fuori uso vengano recuperati per il 95%. Attualmente in Italia siamo tra l’83 e l’85%. È chiaro che se non abbiamo veicoli fuori uso da trattare, recuperare questo 10% di gap diventa difficile. Anche perchè negli impianti rischia di venire meno la sostenibilità economica per farlo. Negli ultimi anni, ad esempio, abbiamo messo in piedi un piano industriale per aumentare le percentuali di recupero della frazione metallica all’interno del fluff (il materiale eterogeneo prodotto dalla frantumazione dei veicoli, da avviare allo smaltimento, ndr). Si tratta però di investimenti che, per essere recuperati, hanno bisogno di un “minimo sindacale” in termini di quantità di veicoli trattati. Condizioni che, con l’entrata in vigore del decreto legislativo attualmente in discussione, rischiano di venire meno».

Eppure negli ultimi anni la situazione sembrava migliorata, grazie anche all’impegno di alcuni gruppi parlamentari che avevano acceso i riflettori sul fenomeno delle esportazioni più o meno legali dei veicoli a fine vita. «Con la legge di stabilità del 2015 – spiega il senatore Stefano Vaccari, membro della Commissione Ambiente di Palazzo Madama – avevamo introdotto una modifica al Codice della strada che poteva consentire, e sta consentendo, un maggiore controllo sul tema dell’esportazione dei veicoli limitandone il commercio illegale. Nel decreto legislativo che oggi è all’attenzione della Commissione semplificazione e delle commissioni di merito di Camera e Senato si rischia invece di mettere in discussione proprio i meccanismi di controllo che oggi invece consentono di tracciare un po’ meglio questi movimenti, col risultato che in Europa circolerebbero veicoli non più idonei sia dal punto di vista ambientale sia dal punto di vista tecnico».

L’Italia insomma rischia di veder ridurre drasticamente le sue percentuali di recupero e, volendo, anche la sua credibilità in Europa. Per scongiurare questo rischio, anche le commissioni parlamentari coinvolte hanno approntato pareri negativi, benchè non vincolanti, sullo schema di decreto. «Con la legge di bilancio 2015 – osserva l’on. Daniele Borioli, membro della Commissione lavori pubblici del Senato – il tema era stato affrontato e superato, credo in maniera molto utile, con il principio della reimmatricolazione. I nuovi meccanismi previsti nella proposta di decreto formulata dal governo rischiano invece di allentare di nuovo le maglie e di consentire un traffico di veicoli che confligge con i principi di trasparenza di certezza. I pareri negativi della Commissione sono tuttavia ancora in via di formazione e saranno oggetto nelle prossime settimane di una serie di audizioni. Cercheremo di lavorare affinché siano recepite le diverse esigenze, in modo che il governo possa a sua volta poi dare loro attuazione correggendo la parte del decreto in questione».

Proprio i senatori Vaccari e Borioli, assieme agli onorevoli Massimo Caleo, Marco Filippi e Rosaria Capacchione, il 12 aprile scorso hanno inviato una missiva ai ministri Graziano Delrio, Gianluca Galletti e Marianna Madia sottolineando le criticità presenti nello schema di decreto legislativo e chiedendo un intervento urgente da parte del Consiglio dei Ministri al fine di modificare il testo reintroducendo la previsione specifica che la radiazione per esportazione sia finalizzata esclusivamente alla reimmatricolazione.

Sul tema è intervenuto recentemente anche il presidente della Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, Alessandro Bratti, inviando una lettera al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio e ai due presidenti delle commissioni competenti di Camera e Senato Michele Meta e Altero Matteoli. «Lo schema di decreto – scrive Bratti – elimina le novità che erano state introdotte con la legge di stabilità del 2015 proprio per contrastare l’esportazione illecita di autovetture, poichè spesso inviati all’estero con il solo obiettivo di essere demolite, in situazioni ambientali non garantite dalle nostre norme. Traffico che la commissione d’inchiesta da me presieduta – ha concluso Bratti- ha più volte verificato come un rispondente a logiche criminose». Il presidente della Commissione ha dunque auspicato un intervento immediato per ripristinare le norme introdotte nel 2015, in grado di assicurare maggiori garanzie di legalità. Toccherà ora aspettare ancora qualche settimana prima di sapere se l’intervento dei parlamentari che sostengono la filiera italiana delle autodemolizioni permetterà all’Italia di preservare gli standard di recupero e puntare al loro miglioramento, a tutto vantaggio dell’ambiente e della legalità.

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