Spedizioni di rifiuti, dal 21 novembre 2026 stop all’export di plastica verso paesi non OCSE

di Redazione Ricicla.tv 30/04/2024

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la riforma del regolamento Ue sulle spedizioni di rifiuti: via al periodo transitorio di due anni, al termine del quale scatterà la messa al bando delle esportazioni di scarti in plastica verso i paesi non OCSE


Tra due anni gli Stati membri dell’Ue non potranno più esportare i propri scarti in plastica verso paesi non OCSE, mentre per spedire rifiuti a recupero fuori dai confini dell’Unione le imprese dovranno dimostrare che gli impianti di destino operino in maniera compatibile con l’ambiente e la salute umana. Al via il periodo transitorio verso la piena operatività della nuova disciplina europea sulle movimentazioni transfrontaliere di rifiuti, con un giro di vite alle esportazioni fuori dall’Ue ma anche con lo snellimento e la digitalizzazione degli adempimenti legati agli scambi tra Stati membri. Entrerà in vigore tra venti giorni ma sarà applicabile solo dal 21 maggio 2026 la riforma del regolamento europeo sulle spedizioni di rifiuti, pubblicata oggi in Gazzetta Ufficiale dell’Ue al termine di un lungo iter legislativo, partito a novembre del 2021.

La riforma, fortemente voluta dalla Commissione uscente nel quadro del nuovo piano d’azione sull’economia circolare, riscriverà le regole e le procedure che dal 2006 a oggi, in linea con la Convenzione di Basilea, hanno disciplinato le spedizioni di rifiuti sia tra Stati membri che fuori dai confini dell’Unione. Anche in un’ottica di contrasto ai traffici illeciti. Finalità rafforzate dall’intesa raggiunta da Consiglio e Parlamento lo scorso marzo al termine dei negoziati sul testo. Su iniziativa degli eurodeputati la proposta della Commissione è stata potenziata con la previsione di un drastico giro di vite per i rifiuti non pericolosi in plastica, che trascorsi due anni dall’entrata in vigore della riforma non potranno essere più esportati verso paesi non OCSE. Una messa al bando che scatterà il 21 novembre 2026 durerà per almeno due anni e mezzo dopodiché i paesi di destinazione potranno fare richiesta di riprendere le importazioni, a patto di dimostrare di poter gestire i rifiuti in ingresso nel rispetto dei migliori standard di sostenibilità ambientale e sociale. La stretta sulle esportazioni di plastiche non pericolose riguarderà, sebbene in misura meno radicale, anche quelle dirette verso i paesi EFTA e OCSE (incluse le principali mete per i rifiuti in uscita dall’Ue, ovvero Turchia e India), che dovranno essere sempre soggette alla procedura di notifica e approvazione.

Oltre allo stop alle esportazioni per i rifiuti non pericolosi in plastica il nuovo regolamento limiterà anche l’avvio a smaltimento tra paesi Ue, che sarà consentito solo in circostanze ben motivate e in ogni caso nel rispetto della procedura di notifica e approvazione. Un giro di vite che andrà a integrare il divieto già vigente di esportare rifiuti destinati allo smaltimento in paesi terzi (con deroga per quelli EFTA). Per tutti i rifiuti diretti a recupero contenuti nella cosiddetta ‘lista verde’, invece, continuerà a valere un regime autorizzativo meno stringente, anche se per i carichi diretti verso destinazioni fuori dall’Ue (sia OCSE che non OCSE) il via libera sarà rilasciato solo a patto che l’impresa esportatrice riesca a dimostrare che l’impianto di destinazione abbia superato audit ambientali indipendenti. Nel caso dei paesi non OCSE, a partire dal 21 maggio 2027 dovranno essere le singole autorità nazionali a comunicare alla Commissione europea la volontà di importare rifiuti, dimostrando di poterli trattare in maniera ecocompatibile. Un irrigidimento delle procedure pensato per porre un freno non solo al recupero in strutture precarie sotto il profilo ambientale e sanitario, ma anche a operazioni quasi esclusivamente cartolari. Contratti ‘facili’ con operatori borderline che spesso nascondono veri e propri traffici internazionali.

Proprio sul fronte del contrasto al traffico illecito, il nuovo regolamento prevede l’istituzione di un gruppo di controllo per migliorare la cooperazione tra i paesi dell’Ue, con l’obiettivo di prevenire e individuare le spedizioni illegali. In collaborazione con le autorità nazionali la Commissione potrà effettuare ispezioni negli Stati membri, laddove sussistano sufficienti sospetti che si stiano verificando spedizioni illegali di rifiuti, magari mascherati da prodotti di seconda mano o riciclati. Il nuovo regolamento, infatti, non si applicherà alle esportazioni di end of waste e di beni usati, a patto però che in entrambi i casi gli Stati membri si assicurino, si legge, “che i rifiuti non siano spediti sotto forma di merci usate, beni di seconda mano, sottoprodotti oppure sostanze o oggetti che hanno raggiunto la cessazione della qualifica di rifiuto” in maniera fraudolenta.

A fare da contraltare alla stretta sulle procedure per le esportazioni verso paesi terzi, la completa digitalizzazione di quelle relative alle movimentazioni dentro i confini dell’Ue. Entro il 2026 tutti gli adempimenti verranno fatti confluire in un sistema centralizzato in capo alla Commissione europea, con tempi scadenzati per la richiesta di informazioni e il rilascio delle autorizzazioni da parte degli enti competenti. Sempre in tema di semplificazioni la riforma rafforza anche l’istituto delle pre-autorizzazioni, fin qui poco utilizzato, che consente agli impianti di recupero localizzati in un determinato paese di ricevere rifiuti dall’estero con procedure più snelle. L’obiettivo, in questo caso, è quello di facilitare lo scambio tra Stati membri rafforzando il mercato interno dei rifiuti recuperabili.

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