«A Scarpino arriverà solo il secco indifferenziato e sarà stabilizzato prima di essere depositato in discarica e a fine estate sarà pronto l’impianto secco umido, mentre il biodigestore sarà pronto nel 2019 e si aggiungerà all’impianto di recupero della materia che entrerà in funzione nel 2017».
Lo annunciava poco meno di un anno fa il presidente dell’Amiu – la municipalizzata che si occupa di raccolta e smaltimento dei rifiuti a Genova – Marco Castagna, pochi giorni prima che il Consiglio regionale della Liguria, in quello che di fatto è stato l’ultimo atto amministrativo della giunta Burlando, approvasse il nuovo Piano di gestione dei rifiuti urbani e speciali. Sul fronte dell’impiantistica il testo prevedeva una progressiva sostituzione delle discariche con sistemi di trattamento e recupero di materia ed energia, destinando allo sversamento finale soltanto la frazione inerte residua (estremamente ridotta dal previsto ricorso alla produzione di CSS combustibile). Nel corso di un anno non solo si è chiusa la finestra all’epoca lasciata aperta sulla realizzazione di un termovalorizzatore sul territorio regionale (ritenuto con ogni probabilità sconveniente sotto il profilo logistico), ma l’unico vero nuovo impianto è il biodigestore di Savona. A Scarpino, invece, l’attesa svolta ancora non si è vista: ora l’orizzonte entro il quale vedere realizzati gli interventi necessari a riaprire il sito è di nuovo l’estate prossima (ma nel frattempo è passato un anno). La portata simbolica del sito però non è da sottovalutare, considerato che per la sua storia è anche la storia di un ciclo dei rifiuti che a partire dall’area del capoluogo non ha fatto che accumulare ritardi e disagi ambientali.
A rilanciare l’annuncio è stata proprio la Città Metropolitana di Genova, che attraverso il proprio ufficio di comunicazione ha dato notizia dell’avanzamento dei lavori per Scarpino 3 annunciando la “nuova vita” dell’area con questo video.
Il sito, si ricorda nel video, ha conosciuto già due “vite”. La prima, quella di Scarpino 1, precedente a qualsiasi regolamentazione o approccio scientifico alla materia ambientale e risalente al 1968, quando nella conca di Sestri Ponente sono stati sversati 10 milioni di metri cubi di spazzatura senza alcun tipo di selezione e trattamento, ma soprattutto senza alcuna protezione del terreno stesso. È da qui che sono state originate le più gravi conseguenze ambientali per il territorio. Contiguamente è stata poi aperta nel 1995 Scarpino 2, questa volta impermeabilizzata, che negli anni ha visto una più corretta gestione industriale del percolato, della depurazione e dello sfruttamento energetico del biogas generato dall’invaso. L’impianto tuttavia è stato chiuso nel 2014, a fronte dell’esaurimento volumetrico del sito e dopo aperture emergenziali a più riprese (l’ultima quella dovuta all’emergenza alluvione). L’apertura di Scarpino 3 nella prospettiva delle amministrazioni di ogni livello (Comune, Città Metropolitana, Regione) dovrebbe rappresentare il cambio di pagina, sia pur tardivo, per il Genovese e per l’intera Liguria nella gestione dei rifiuti. Il nuovo sito non dovrebbe più configurarsi come una discarica tout court, in quanto finalmente provvista di una linea di separazione secco-umido per l’indifferenziato, oltre che di un impianto di biodigestione di prossima realizzazione (impossibile stabilire se le proiezioni di un anno fa per il 2019 siano da ritenersi tuttora valide) per la gestione della frazione organica. «Non sarà un altro pezzo di discarica, sarà molto di più – spiega il consigliere delegato all’Ambiente della Città metropolitana, Enrico Pignone – qui nascerà il polo impiantistico per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti, tratterà oltre 230mila tonnellate di solo materiale indifferenziato. Ma la costituzione di quest’area – prosegue il consigliere – rappresenta una grande opportunità anche dal punto di vista occupazionale oltre che ambientale: si supererà una volta per tutte il pericolo dell’emergenza (che abbiamo vissuto con la chiusura di Scarpino 2)». Ma ci sarà anche un polo per la gestione della raccolta differenziata: una “Fabbrica della Materia” chiamata così dal Piano Metropolitano dei Rifiuti (che recepisce l’indirizzo della legge regionale) proprio perché il parco impiantistico deve dare valore ad una materia che smette definitivamente di essere considerata “rifiuto”.