Pubblicato online sul sito dell’ISPRA il Rapporto Rifiuti Urbani edizione 2024. Nel 2023 sono cresciute le percentuali di raccolta differenziata e riciclo, mentre sono diminuiti i divari territoriali e lo smaltimento in discarica: la gestione dei rifiuti urbani in Italia è sempre più circolare, dice l’ultimo rapporto ISPRA, ma per centrare tutti gli obiettivi dell’Ue servirà fare di più
Meno discarica e più riciclo. La gestione dei rifiuti urbani in Italia viaggia verso gli obiettivi europei di circolarità, con consolidate punte d’avanguardia nelle filiere degli imballaggi ma anche ritardi infrastrutturali che il PNRR sta provando a colmare. È la fotografia scattata da ISPRA nell’ultimo rapporto sui rifiuti urbani, stando al quale nel 2023 gli italiani hanno generato quasi 29,3 milioni di tonnellate di rifiuti con un incremento dello 0,7% che è in linea con l’andamento del PIL e della spesa per consumi finali (cresciuti rispettivamente dello 0,7% e dell’1%) ma anche con “l’andamento tendenzialmente in calo riscontrato nel lungo periodo”: se nel confronto con l’anno precedente risulta praticamente stabile, rispetto al 2009, infatti, la produzione è calata di quasi 3 milioni di tonnellate. “Bisogna continuare a lavorare sulle abitudini di consumo e sui comportamenti dei cittadini per ridurre a monte la produzione di rifiuti”, spiega il direttore generale di ISPRA Maria Siclari.
Del totale prodotto, il 66,6% è stato intercettato in maniera differenziata, con una crescita di 1,4 punti rispetto al 2022 pari a 567 mila tonnellate (+3,0%), che porta la raccolta complessiva a 19,5 milioni di tonnellate. Nelle regioni del nord la crescita è di 1,6 punti, in quelle del sud di 1,4 punti e nelle regioni centrali di 0,9 punti, spiega ISPRA. Incrementi che contribuiscono a ridurre gli storici divari tra aree del Paese: tra 2019 e 2023 lo scostamento tra il nord e il sud si è abbassato di 4,5 punti (da 19 a 14,5), “a dimostrazione che le regioni del Mezzogiorno sono quelle che hanno mostrato negli ultimi anni le maggiori crescite della raccolta differenziata”, osserva ISPRA. “Stiamo chiudendo i gap tra le macroaree del paese come ci chiede di fare il PNRR”, commenta Laura D’Aprile, capo dipartimento per lo sviluppo sostenibile. Su scala regionale, la più alta percentuale di raccolta differenziata è conseguita, analogamente al 2022, dal Veneto, con il 77,7%, mentre in coda la Sicilia (55,2%) scavalca la Calabria (54,8%) avvicinandosi al Lazio (55,4%).
Tra i rifiuti differenziati, l’organico si conferma la frazione più raccolta in Italia (38,3% del totale): quasi 7,5 milioni di tonnellate, con un incremento di poco inferiore alle 230 mila tonnellate (+3,2%). “Dobbiamo fare in modo che quel 38,3% diventi di più, e che tutto il rifiuto organico venga separato a monte dai cittadini – commenta la presidente del Consorzio Italiano Compostatori Lella Miccolis – altro tema è quello della qualità: le nostre analisi merceologiche ci dicono che il materiale non compostabile in ingresso negli impianti è ancora tanto. Chiediamo ai Comuni e ai cittadini di fare di più”.
Al pari della raccolta differenziata crescono anche i rifiuti urbani avviati a riciclo, che toccano il 50,8% (+1,6%), superando l’obiettivo europeo del 50% al 2020. Resta tuttavia un gap di oltre 15 punti percentuali rispetto alla differenziata, a indicare che non tutte le raccolte sono qualitativamente compatibili con il riciclo e che servirà un cambio di passo importante per raggiungere gli obiettivi del 60% al 2030 e del 65% al 2035. “Dobbiamo puntare alla qualità, perché un flusso omogeneo di rifiuti apre la strada al riciclo”, chiarisce Siclari. Così come servirà accelerare anche sul fronte della riduzione dei conferimenti in discarica. Nel 2023, chiarisce ISPRA, lo smaltimento si è ridotto del 10,8% rispetto all’anno precedente, arrivando al 15,8%. “Per raggiungere l’obiettivo europeo del 10% al 2035 c’è ancora da lavorare – spiega Andrea Lanz, curatore del rapporto – soprattutto se consideriamo che l’Ue ci chiede di includere nel conto anche la quota di rifiuti inceneriti senza recupero di energia, cosa che fa salire la percentuale di smaltimento al 17,3%”. In crescita del 4% i rifiuti inceneriti, pari al 19% del totale.
Ad aver già raggiunto i target europei di riciclo, invece, sono quasi tutte le filiere del packaging, a eccezione della plastica che con il suo 48% è comunque a un passo dall’obiettivo del 50% al 2025. Complessivamente, il sistema nazionale ha raggiunto un tasso di riciclo del 75,3%, ben oltre l’obiettivo del 70% al 2030. Le quantità riciclate, spiega ISPRA, mostrano un aumento rispetto al 2022 (+1,3%) imputabile principalmente alla frazione carta che registra un incremento percentuale del 7,9%. Questa frazione mostra anche l’aumento più significativo in termini assoluti, pari a 341 mila tonnellate. “Le raccolte differenziate sono il motore del riciclo degli imballaggi – dice il direttore generale di CONAI Simona Fontana – continueremo a investire con progetti territoriali a supporto della progettazione e riorganizzazione dei sistemi di raccolta, per fornire agli amministratori gli strumenti necessari a garantire una differenziata di qualità per il riciclo”.
Se le differenze territoriali in termini di raccolta differenziata si assottigliano, restano invece divergenze sul piano della dotazione impiantistica. Per l’organico, ad esempio, analizzando i flussi di matrici selezionate avviati fuori regione, spiega ISPRA, i maggiori quantitativi derivano dalla Campania (oltre 476 mila tonnellate, pari al 24,4% del totale), dal Lazio (276 mila tonnellate, pari al 14,2% del totale) e dalla Toscana (oltre 254 mila tonnellate, pari al 13,1% del totale), “in parte dotate di infrastrutture obsolete e con una capacità di trattamento inadeguata”. Sempre alla Campania, seguita stavolta da Lombardia e Calabria, va anche il primato per le quantità di rifiuti urbani esportati oltre confine: 1,4 i milioni di tonnellate spediti in altre nazioni nel 2023, diretti soprattutto in Danimarca, Paesi Bassi, e Germania e costituiti per il 39,7% da rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti e per il 27,4% da Combustibile Solido Secondario (CSS). A conferma della inadeguata dotazione nazionale di impianti per la chiusura del ciclo.
Buchi di gestione che, spiega ISPRA, il PNRR sta provando a colmare. Soprattutto con riforme come il Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti, che ha dettato alle Regioni le linee guida da seguire per garantire sufficiente capacità impiantistica, soprattutto per le frazioni organiche e non differenziate. “Il nodo sta tutto nelle pianificazioni regionali”, chiarisce Laura D’Aprile. “Senza mai dimenticare – aggiunge Lella Miccolis – che il PNGR non parla di raggiungere l’autosufficienza regionale ma di garantire la prossimità del trattamento entro i confini delle macroaree territoriali”. Sul fronte delle risorse procede il piano di investimenti PNRR da 2,1 miliardi di euro destinato a Comuni, gestori della raccolta urbana e operatori privati per la realizzazione di nuovi impianti di selezione e riciclo e l’ammodernamento di quelli esistenti, che ha finanziato complessivamente 272 iniziative da nord a sud dello Stivale. Interventi che dovranno contribuire anche a ridurre i costi di gestione a carico delle amministrazioni meno servite da impianti di prossimità, tipicamente quelle del centro e del sud Italia, dove infatti si registra la spesa media pro capite più elevata: rispettivamente 233,6 e 211,4 euro, a fronte dei 173,3 euro/abitante del nord e di una media nazionale di 197 euro, peraltro in aumento di 4,8 euro sull’anno precedente.