Il recupero di materia ed energia dai rifiuti può contribuire alla definizione di un nuovo paradigma energetico nazionale, ma la campagna elettorale non va oltre la polemica sui termovalorizzatori. Ecco cosa hanno scritto i partiti nei propri programmi
Con l’autunno di fuoco alle porte e nel pieno della peggiore crisi energetica della storia repubblicana, l’ultimo mese di campagna elettorale sembra ormai destinato a essere catalizzato dall’allarme per i rincari di gas ed elettricità che stanno dissanguando famiglie e imprese. Se le soluzioni proposte dai partiti per far fronte all’emergenza puntano a porre un freno all’impennata delle bollette agendo sulle leve dei prezzi e della fiscalità, a medio-lungo termine l’orizzonte condiviso più o meno da tutte le forze politiche in campo resta quello di diversificare le strategie per l’approvvigionamento e la produzione di energia e di ridurne i consumi. Fronti strategici, sui quali i rifiuti possono giocare un ruolo fondamentale. Il biometano prodotto dalla digestione anaerobica delle biomasse di scarto, siano esse urbane o agroindustriali, può ad esempio sostituire una fetta del gas naturale d’importazione in un ordine stimato tra gli 8 e i 10 miliardi di metri cubi al 2030, pari a un settimo di quanto acquistiamo ogni anno dall’estero. A loro volta l’elettricità e il calore generati dal recupero energetico delle frazioni non riciclabili possono rimpiazzare quelli prodotti in impianti alimentati da combustibili fossili come gas e carbone. Un contributo non determinante, sia chiaro, ma nemmeno trascurabile per un Paese povero di materie prime energetiche come il nostro.
Se i rifiuti possono contribuire alla produzione di energia, i materiali da riciclo invece aiutano l’industria a consumarne di meno. Usare rottame ‘pronto forno’ al posto della sabbia da silicio vergine consente ad esempio alle vetrerie, industrie tipicamente energivore, di abbassare le temperature di fusione riducendo i consumi (e le emissioni) anche fino al 15%. Per l’alluminio, calcolando consumi diretti (in fonderia) e indiretti (lungo tutta la filiera) si arriva fino al 90%. E anche produrre plastica utilizzando polimeri da riciclo fa girare meno il contatore: per farne una tonnellata partendo dal petrolio si consumano 14mila kWh di energia. Utilizzando scarti post consumo ne servono poco meno di mille. Eppure, in una campagna elettorale dai toni sempre più polarizzati e manichei su rinnovabili, rigassificatori e nucleare, ben poco spazio è dedicato ai rifiuti e ai benefici energetici della loro corretta gestione. A eccezione delle immancabili polemiche sui termovalorizzatori, il tema risulta di fatto assente dal dibattito tv e social. E poco cambia se si guarda ai programmi ufficiali consultabili sulle piattaforme web di partiti e coalizioni.
La ‘maglia nera’ va al programma del Partito Democratico, che pur dedicando ampi passaggi al tema della transizione ecologica nelle sue 37 pagine non fa mai riferimento a rifiuti e riciclo. Bisogna arrivare fino a pagina 35 per incontrare il termine “economia circolare”, che compare solo una volta e solo come riferimento generico alle politiche necessarie a “combattere il cambiamento climatico” e a definire “un paradigma di sviluppo più moderno, equo e competitivo”. Qualcosina in più compare nel programma della coalizione di centrodestra, che titola il capitolo sulle politiche verdi con un lapidario “l’ambiente, una priorità”, salvo poi collocarlo al punto 12 di 15, preceduto da quello sull’energia e seguito solo da agricoltura, scuola e sport. Qui il passaggio sulle strategie di gestione dei rifiuti, pur restando piuttosto generico, si fa un po’ più articolato richiamando la “definizione di un piano strategico nazionale di economia circolare” per “ridurre il consumo delle risorse naturali, aumentare il livello qualitativo e quantitativo del riciclo dei rifiuti, ridurre i conferimenti in discarica, trasformare il rifiuto in energia rinnovabile attraverso la realizzazione di impianti innovativi e sostenibili”. Una definizione vaga, che tiene insieme impianti di biometano e nuovi termovalorizzatori, senza però citarli esplicitamente. Anche perché su questi ultimi, che piacciono a Lega e Forza Italia, Fratelli d’Italia sembra invece pronta a far valere il proprio veto. Ai toni sfumati del centrodestra fanno da contraltare quelli perentori del Movimento 5 Stelle, che nel programma rinnova l’identitario “stop a nuove trivellazioni e nuovi inceneritori”, estendendolo a tutte le “tecnologie obsolete per i rifiuti” e promuovendo una non meglio precisata “economia rigenerativa”, mentre l’unica proposta più o meno concreta “per l’economia circolare” è l’introduzione del “vuoto a rendere”.
Decisamente più corposo e circostanziato il programma di Azione e Italia Viva, con un paragrafo in quattro punti dedicato al tema “economia circolare” (sebbene preveda quasi esclusivamente interventi in materia di rifiuti). “In contrasto con la logica dell’economia circolare che vede il rifiuto come una risorsa – si legge – l’Italia ha un trend in aumento di rifiuti esportati all’estero”. E ancora: “il sistema impiantistico italiano per la gestione dei rifiuti è rimasto indietro e deve essere rafforzato” applicando “le disposizioni del programma nazionale per la gestione dei rifiuti approvato dal Governo Draghi”, tra le quali si cita “a titolo esemplificativo” anche “il superamento del pretrattamento privilegiando il recupero energetico diretto dei rifiuti indifferenziati”. Del resto, si legge nel programma, “se da una parte è importante dare priorità alla Strategia UE per l’economia circolare, che privilegia il recupero materico dei rifiuti, non si può pensare di volere un sistema a ‘rifiuti zero’ senza avere un termovalorizzatore”. Insomma, gira e rigira si finisce sempre lì. A onor del vero, c’è da dire che tra le misure proposte da Azione e Italia Viva figurano anche il supporto all’applicazione della tariffa puntuale e la creazione di un sistema di premialità per le amministrazioni che riducano la quota di rifiuti non avviati a riciclo. Per quanto dettagliato, però, anche il programma del duo Calenda-Renzi sembra non cogliere appieno la connessione sempre più profonda che corre tra il mondo dell’industria e della manifattura e le attività industriali di recupero dei rifiuti, né tanto meno il contributo che queste ultime possono recare alla ridefinizione del paradigma energetico nazionale. Tema che rischia di rimanere rumore di fondo, nell’eterna grancassa dei sì, no e nì ai nuovi termovalorizzatori.
Purtroppo in Italia i politici, specie in prossimità delle elezioni, non dicono quello che pensano o che razionalmente andrebbe detto ma si limitano a dire quel che il popolo vuole sentirsi dire. Non conosco qual’e’ il livello di conoscenza dei politici in ambito di recupero energetico etc. Quello che posso dire è che, nell’ambito del centro destra, Taiani quelle volte che mi è capitato di sentirlo mi è parso preparato sull’argomento.