Avviata la consultazione sul regolamento che estenderà ai prodotti del tessile e della moda i principi della responsabilità estesa del produttore. L’obiettivo, chiarisce il Ministero dell’Ambiente, è spingere la circolarità del settore, dalla progettazione alla raccolta e riciclo dei rifiuti
Da fiore all’occhiello del ‘made in Italy’ a nuova frontiera dell’economia circolare. L’industria italiana dell’abbigliamento e del tessile si prepara alla rivoluzione sostenibile, con il via libera ufficiale ai lavori per l’estensione all’intero settore del regime di responsabilità estesa del produttore (o epr). È ufficialmente partita la consultazione sullo schema di decreto del Ministero dell’Ambiente che, una volta in vigore, detterà le nuove regole di sostenibilità per i produttori. Al pari di imballaggi, prodotti tecnologici e pneumatici, anche le filiere dei prodotti tessili di abbigliamento, calzature, accessori, pelletteria e tessili per la casa dovranno insomma allinearsi ai principi europei in virtù dei quali chi produce e immette un bene sul mercato deve occuparsi anche della gestione del suo fine vita, limitando sprechi e impatti ambientali e massimizzando il recupero di risorse.
“Nel tessile – spiega il Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin – l’Italia esprime da sempre una straordinaria eccellenza, fatta di piccole e medie imprese di altissima qualità: è il motivo per cui abbiamo il dovere di costruire, con il contributo irrinunciabile di chi opera in questo mondo, un sistema che valorizzi l’eco-innovazione e ci aiuti ad affermare la centralità di chi produce nel rispetto della legge e dell’ambiente, fermando quegli smaltimenti incontrollati di rifiuti tessili che nascondono una filiera dell’illegalità a danno dell’imprenditoria onesta”.
Ai sensi del regolamento, in consultazione fino al 3 marzo, i produttori dovranno farsi carico “del finanziamento e della organizzazione della raccolta, dell’avvio a preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti derivanti dai prodotti tessili” e potranno adempiere agli obblighi sia in forma individuale che costituendo sistemi collettivi di gestione. L’introduzione del regime epr non è certo un fulmine a ciel sereno, tanto che ad oggi già diverse imprese e associazioni si sono costituite in consorzi e sistemi collettivi: da Ecotessili (promosso da Federdistribuzione) a Cobat Tessile (al quale hanno aderito anche CNA, Confartigianato e Confindustria Toscana Nord). I soggetti obbligati dovranno assolvere agli obblighi di responsabilità attraverso il versamento di un contributo ambientale che però, chiarisce lo schema di decreto, “non dovrà superare i costi necessari per fornire il servizio di gestione dei rifiuti in modo efficiente e dovrà favorire l’innovazione orientata verso modelli di economia circolare”.
Tra gli obblighi dei produttori ci sarà anche quello di garantire una “capillare rete di raccolta de rifiuti tessili sul tutto il territorio nazionale”. Per quelli di origine urbana l’obbligo di differenziata è scattato già dal primo gennaio dello scorso anno, ma secondo Ispra ancora oggi il 3,5% dell’indifferenziato è costituito da rifiuti tessili, pari a circa 700mila tonnellate. Lo schema di regolamento dovrà convogliare questa quantità verso i canali del riuso e del riciclo, spingendo i produttori a siglare intese con gli enti territoriali di gestione del ciclo e le imprese del servizio pubblico rifiuti, e a promuovere “lo sviluppo di sistemi di raccolta selettivi per incrementare la qualità delle frazioni tessili”. Il regime epr potrà però contribuire anche a garantire una migliore gestione delle frazioni a minor valore aggiunto, che ancora troppo spesso vengono stipate in container diretti verso paesi terzi come Pakistan, India e Turchia, seguendo rotte non sempre trasparenti.
Non solo gestione dei rifiuti. L’introduzione del regime epr, chiarisce il Ministero, dovrà infatti servire anche a favorire la progettazione e il design sostenibili, aspetto cruciale per un settore tra quelli con la maggiore impronta ambientale in assoluto. Secondo i calcoli dell’Agenzia europea per l’ambiente l’industria della moda è responsabile ogni anno del 10% delle emissioni climalteranti in atmosfera, del 20% dell’inquinamento globale di acqua potabile e del 35% di microplastiche primarie disperse nei fiumi e nei mari. Per rendere sempre più durevoli e, una volta giunti a fine vita, facilmente riciclabili i prodotti tessili, andranno promosse misure di “eco-progettazione” come l’impiego di fibre tessili e materiali naturali biocompatibili, l’eliminazione di componenti e sostanze pericolose come le microplastiche, ma anche l’impiego di tecniche di mischia delle fibre e di tessuti che favoriscano adattabilità a usi multipli e riparabilità.