L’Arera – Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente – è stata prevista dall’articolo 16 del decreto Madia sui servizi pubblici locali varato dalla presidenza del Consiglio a fine febbraio e da allora per questo come per gli altri articoli previsti dal testo si attendeva la fase attuativa.
Fase che proprio per il nuovo soggetto era particolarmente attesa, considerata la necessità di definire nello specifico le funzioni operative che il nuovo ente terzo avrebbe dovuto assumersi. Stando a quanto già definito nei mesi scorsi i poteri dell’Arera avrebbero dovuto permettere l’emanazione di direttive per la separazione contabile e amministrativa della gestione dei rifiuti, per definire i livelli di qualità degli stessi servizi, per porsi a tutela dei diritti degli utenti accogliendone e valutandone i reclami, per verificare la corretta redazione dei piani di gestione da parte degli enti di governo degli ambiti territoriali (i piani d’ambito) e infine per fissare i criteri di definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento, in modo di fungere da “calmiere”.
Un referente unico, insomma, capace di appianare tutte quelle differenze che rendono tanto disomogeneo il panorama nazionale tanto sul fronte dell’esazione quanto su quello dell’erogazione del servizio.
Lo spirito della legge è parso proprio quello di ottenere il recupero da parte dello Stato del proprio ruolo di regista tecnico volto a smussare e correggere tanto le piccole imperfezioni quanto i più gravi errori cronicizzati sui territori dagli enti locali in funzione delle proprie autonomie. Tuttavia il principio fondante dell’articolo che istituisce l’Authority stessa è che non debbano esserci “ulteriori oneri per la finanza pubblica”, tant’è che per applicare tali funzioni di vigilanza al settore dei rifiuti si è scelto di estendere i poteri della preesistente Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico.
Una “super-Authority” per il cui funzionamento «si raccomanda il reclutamento di nuovo personale». A scriverlo è il Consiglio di Stato nel parere sul dlgs Madia sui servizi pubblici locali sottoposto in sede consultiva secondo quanto divulgato dall’agenzia Public Policy. L’innovazione secondo la giustizia amministrativa, dunque, non sarebbe sostenibile dall’Autorità così com’è: a fronte delle nuove competenze «per assicurare una effettiva attuabilità della previsione e per evitare pregiudizi sulla qualità del servizio, il Consiglio di Stato raccomanda il reclutamento di nuovo personale dotato di specifiche competenze tecniche». I costi in ogni caso non graverebbero sulla finanza pubblica «in forza del previsto meccanismo di autofinanziamento» dice il Consiglio di Stato, quindi non si realizzerebbe di fatto alcuna condizione ostativa rispetto all’avanzamento verso la costituzione della nuova Authority.
Non è chiaro, tuttavia, chi sosterrà questi costi se non il pubblico. Gli erogatori di pubblico servizio saranno probabilmente tenuti ad una contribuzione in favore dell’ente regolatore, ma che questa sia in mano ad un’azienda privata o ad una partecipata si tratterà di un costo fisso dal quale rientreranno con ogni probabilità tramite la tariffa rifiuti, e quindi venendo a pesare sulle tasche dei cittadini piuttosto che sull’Erario.
Ne sapremo di più quando l’Arera vedrà effettivamente la luce, con la speranza che – nata per contribuire al rientro di spese incongruenti – non si configuri sin da subito essa stessa come uno spreco, l’ennesimo, nel sistema del waste management italiano.