Il TAR dell’Emilia-Romagna ha annullato la delibera con la quale la Regione aveva sottratto al mercato i propri impianti di recupero dei rifiuti organici. Nei giorni scorsi il provvedimento era stato definito dall’antitrust come lesivo della concorrenza
Gli impianti per il recupero dei rifiuti organici in Emilia-Romagna dovranno tornare sul mercato. Il TAR regionale ha disposto l’annullamento della delibera del maggio 2022 con la quale erano stati individuati gli impianti ‘minimi’ di compostaggio e digestione anaerobica da assoggettare al nuovo sistema di tariffazione definito dall’autorità di regolazione Arera. Il provvedimento è scaturito dal ricorso di un operatore privato del waste management contro la decisione di una società pubblica di gestione rifiuti del ferrarese di affidare il trattamento della frazione organica non al mercato tramite gare pubbliche ma a operatori specifici con procedura negoziata. Una scelta motivata, secondo il gestore pubblico, dal provvedimento col quale la Regione aveva individuato, ai sensi della disciplina Arera, gli impianti “minimi”, ovvero indispensabili alla chiusura del ciclo rifiuti, disponendo che i rifiuti organici prodotti nel territorio regionale dovessero essere destinati “esclusivamente ad operazioni di recupero da effettuarsi presso i suddetti impianti”, si legge nella sentenza del TAR. Accogliendo il ricorso dell’operatore privato, il TAR ha chiarito che il sistema definito da Arera “non prevede alcuna deroga al regime dell’evidenza pubblica per la selezione dell’affidatario dei servizi di trattamento/recupero della forsu”, disponendo quindi l’annullamento della delibera di giunta regionale, oltre che dei provvedimenti legati all’affidamento del servizio di trattamento della forsu, inclusi i contratti di appalto che nel frattempo erano stati stipulati.
Nelle scorse settimane la scelta della Regione Emilia-Romagna di qualificare come ‘minimi’ i propri impianti era stata censurata dall’antitrust in una segnalazione a governo e Parlamento, nella quale l’AGCM sottolineava come questa fosse stata adottata “con finalità intenzionalmente protezionistiche”, visto che il sistema di tariffe al cancello di Arera è nato per “evitare l’applicazione di prezzi eccessivi da parte dei pochi impianti esistenti” nelle regioni meno infrastrutturate, si leggeva nella segnalazione, e che l’Emilia dispone invece di un numero di impianti adeguato a garantire il trattamento dei rifiuti organici a condizioni di mercato eque. Pur non entrando nel merito del sistema di tariffe al cancello introdotto nel 2021 dall’autorità di regolazione, il TAR precisa tuttavia che l’intenzione di Arera non è quella di consentire alle regioni di sottrarre quegli stessi impianti al mercato e di assegnare i flussi in maniera “autoritativa”. Il regolatore, chiarisce infatti la sentenza, si limita molto più semplicemente ad introdurre un sistema di tariffe agevolate per il conferimento nei suddetti impianti ‘minimi’, con la conseguenza che la delibera Arera non istituisce alcuna formale ‘privativa’ ed al contempo non prevede alcuna deroga al regime dell’evidenza pubblica”.
Per il TAR, insomma, qualificare come ‘minimi’ gli impianti non può tradursi in un regime di “quote riservate di mercato”. Le stesse che, secondo l’antitrust, rischierebbero di “mantenere in vita impianti che potrebbero anche essere meno efficienti e non possono avvantaggiarsi delle migliori condizioni economiche e qualitative ottenibili in un regime concorrenziale”, con il rischio che i cittadini possano pagare prezzi più alti, “perché non derivanti da procedure competitive, ma da una regolamentazione al costo”. Tant’è che secondo l’impresa ricorrente, riportano i giudici nella sentenza, i rifiuti organici sarebbero stati aggiudicati agli impianti di trattamento a circa 100 euro la tonnellata, un prezzo “palesemente esorbitante e lontanissimo dal prezzo di mercato” che invece in media nel 2020 era di 72,45 euro e nel 2021 di 67 euro la tonnellata. La gestione dei rifiuti organici, come per tutte le frazioni da raccolta differenziata, resta quindi affidata al libero mercato, ricorda il TAR. “In alcuna parte della delibera, Arera stabilisce innovativamente un regime di ‘privativa’ per l’attività di riciclaggio e recupero della frazione di rifiuto umido” né tanto meno, chiariscono i giudici, l’applicazione del principio di prossimità può tradursi in una limitazione del trattamento al solo territorio regionale. Proprio come messo nero su bianco nei giorni scorsi dall’antitrust, secondo cui anche il Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti, pur spingendo le regioni al raggiungimento dell’autonomia impiantistica per l’organico, chiarisce che la gestione all’interno del territorio deve avvenire in via prioritaria, ma “senza tradurla in una regola assoluta”.