Rifiuti organici, la proposta: una cabina di regia nazionale per monitorare il settore

di Luigi Palumbo 24/03/2025

Il riciclo dei rifiuti organici è un settore d’eccellenza dell’economia circolare italiana, ma il peggioramento della qualità della raccolta sta mettendo in difficoltà il sistema industriale. “Serve una struttura che governi la filiera in tutte le sue fasi”, dicono gli operatori


Tra umido e verde, nel 2023 ogni cittadino italiano ha contribuito al recupero di 126,6 kg di rifiuto organico di origine urbana. Pari a 7,5 milioni di tonnellate di materiali, trasformati in compost, biogas e biometano da una filiera d’eccellenza dell’economia circolare. “Numeri che in Francia, Belgio, Grecia o Spagna si sognano – ha detto Massimo Centemero, direttore generale del Consorzio Italiano Compostatori, in occasione di un talk su Ricicla.tv – abbiamo costruito un sistema industriale che funziona, ma deve essere ottimizzato – spiega Centemero – dobbiamo iniziare un’altra fase”. Una fase di maggiore integrazione dei segmenti che dalla raccolta urbana portano al riciclo negli impianti autorizzati, ma anche e soprattutto di monitoraggio costante di “feedstock, processi produttivi e prodotti finali – ha aggiunto – ovvero le tre dimensioni che determinano l’efficienza di un sistema industriale”. Dimensioni che oggi, invece, faticano ancora a trovare il necessario allineamento.

Se la raccolta differenziata dell’umido ha raggiunto il 97% della copertura territoriale, a un passo dal pieno rispetto dell’obbligo scattato a gennaio del 2022, la qualità del feedstock in ingresso negli impianti invece preoccupa, e non poco. Fatto 100 il totale dei rifiuti organici di origine urbana avviati a recupero, “abbiamo un 20% circa di scarti in uscita dagli impianti”, ha spiegato Valeria Frittelloni, direttore del dipartimento valutazioni, controlli e sostenibilità ambientale di ISPRA. Questo perché “c’è una percentuale di materiale non conforme nella raccolta dell’organico che si aggira tra il 7 e l’8%” ha chiarito Centemero, e che tirata via dal materiale compostabile produce un volume di scarti superiore di 2,5 volte (per effetto del cosiddetto ‘trascinamento’).

“Dalla metà ai due terzi degli scarti è plastica“, spiega Centemero, soprattutto quella “dei sacchetti che vengono utilizzati per raccogliere l’umido, che per metà non sono compostabili”, nonostante i sacchetti monouso in plastica tradizionale siano fuorilegge dal 2018, “cosa che incide per un 2,5% sul materiale non conforme”. Visto che in media, secondo stime del CIC, ogni tonnellata di rifiuto in ingresso porta oggi ‘in dote’ un costo di smaltimento delle frazioni estranee di 40 euro, “ogni punto di materiale non conforme costa, su scala nazionale, tra i 25 e i 30 milioni di euro“, ha aggiunto. Costi che pesano sui bilanci degli impianti, minandone la sostenibilità economica.

Secondo il presidente di Biorepack Marco Versari, l’Italia paga il suo essere avanguardia. “L’Europa non pone obiettivi di qualità o quantità della raccolta – ha detto – e il messaggio che ne traggo è che il riciclo organico per l’Ue non sia una priorità, tant’è che nella maggior parte dei paesi europei la differenziata è ancora agli inizi e i tre quarti dei rifiuti organici finiscono in discarica o inceneritore”. Uno scenario destinato a cambiare da qui ai prossimi mesi, ha assicurato la capo dipartimento per lo sviluppo sostenibile del Ministero dell’Ambiente Laura D’Aprile, secondo cui “nelle prime interlocuzioni sul nuovo Circular Economy Act, la Commissione ci ha garantito massimo impulso alla bioeconomia circolare, anche con strumenti finanziari”.

Per orientare i prossimi interventi dell’Ue in direzione delle esigenze del sistema nazionale di riciclo organico servirà però prima metterlo in sicurezza, migliorando l’applicazione degli strumenti che l’Italia si è già data per garantire lo sviluppo delle quantità e qualità della raccolta. Dai CAM per i servizi di gestione dei rifiuti – “che sono in revisione e a breve verranno pubblicati”, ha detto D’Aprile – al Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti “nell’ambito del quale è stato dato mandato a ISPRA di effettuare verifiche sulla qualità della raccolta”, ha aggiunto. Senza dimenticare gli investimenti PNRR per migliorare i sistemi di differenziata e, non da ultimo, la tariffa rifiuti, che nel terzo periodo regolatorio ARERA renderà ancora di più una leva per migliorare efficienza e circolarità delle gestioni. “Abbiamo avviato le valutazioni per integrare nel nuovo metodo tariffario il lavoro già svolto sul fronte della qualità dei servizi – spiega Jacopo Manca di ARERA – e a questo si aggiungerà in maniera coerente il lavoro in corso sull’unbundling e sul riordino dei corrispettivi, un pacchetto di riforme che contiamo di portare a termine tra luglio e agosto di quest’anno”.

Servono poi controlli sui sacchetti fuorilegge in circolazione (sia in plastica che in finta bioplastica) e maggiore impegno in termini di comunicazione e pianificazione delle corrette modalità di raccolta differenziata, un obiettivo che potrà essere raggiunto “anche ottimizzando le risorse messe in campo dai consorzi per gli imballaggi”, ha spiegato D’Aprile. Fronti d’intervento che, avvertono però gli operatori del riciclo organico, non vanno affrontati singolarmente ma ricompresi in una strategia unica. “Il nostro settore non avrà mai un sistema di responsabilità estesa del produttore – ha detto Centemero – e per questo serve mettere in piedi una struttura che, al pari dei sistemi EPR, governi la filiera in tutte le sue fasi, dalla raccolta, al trattamento fino all’utilizzo del fertilizzante da riciclo”. Una cabina di regia nazionale, che metta a sistema i diversi tavoli di lavoro tematici già convocati dal Ministero dell’Ambiente, da quello sugli sfalci del verde al tavolo sui cosiddetti ‘impianti minimi’. “Il tavolo è aperto – ha garantito D’Aprile – aumenteremo le occasioni di confronto anche in prospettiva del nuovo Circular Economy Act”.

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